venerdì 3 Maggio 2024
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Orario dei musei aperti per Pasqua 2017 e le mostre da visitare

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musei aperti per Pasqua 2017

Tutti gli orari dei musei e delle mostre aperti per Pasqua

Le mostre in programma:

Museo Pignatelli
L’arte del femminile. Julia Margaret Cameron – Florence Henri – Francesca Woodman (ore 10-17)

Palazzo Reale  – 2 mostre
The Young Pope – la mostra  Storia in immagini di un set. Foto di  Gianni Fiorito
Totò genio (dal 13 aprile)

Museo archeologico di Sarno – 2 mostre     (dal 13 aprile)
Solo natura umana.  Rituali funerari nella Valle del Sarno
I Paputi. Foto di Raffaele Tedesco

Museo Archeologico dell’Antica Capua, Santa Maria Capua Vetere
L’APPIA RITROVATA. IN CAMMINO DA ROMA A BRINDISI

Museo Archeologico di Pontecagnano
Hoc opus fecit… Pietro Lista

Gli orari dei musei aperti per Pasqua 2017

Tutti gli orari di domenica 16 e lunedì 17 aprile per organizzare la vostra visita al museo

Orari-dei-Musei-Pasqua 2017

Totò ed Io con Carlo Croccolo al Nuovo Teatro Sancarluccio

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Toto ed io con Carlo Croccolo

Sabato 15 e domenica 16 aprile, presso il Nuovo Teatro Sancarluccio di Napoli, si terrà lo spettacolo Totò ed Io con Carlo Croccolo.

Sul palco, unitamente a questo straordinario artista partenopeo, anche Daniela Cenciotti, Martina Liberti e Fortuna Liguori con l’accompagnamento musicale di Anna De Gregorio (voce) e Silvestro Russo (chitarra).
In occasione del 50° anniversario della morte di Totò, l’attore Carlo Croccolo intratterrà il pubblico del Sancarluccio con due serate interamente dedicate al più grande comico italiano di tutti i tempi.
Carlo Croccolo dal 57’, in seguito alla malattia che portò il Principe De Curtis alla cecità, doppiò il principe della risata in numerose pellicole in cui talvolta partecipò anche come attore.
Totò ed Io sarà dunque un viaggio nei ricordi di vita vissuta e condivisa da questi due straordinari artisti partenopei.

Capua, città delle Madri con oltre 160 Matres Mutatae

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Le madri, così lontane dall’iconografia classica, destarono notevole impressione e disagio negli scopritori e nei primi studiosi.

Le definirono «tozze e mostruose sì che sembran rospi». L’eccezionalità della scoperta risiedeva altresì nel rilevante numero di statue e nella peculiarità della raffigurazione, altrove attestata raramente e in modo sporadico. Negli stessi anni alcune sculture furono acquistate da musei stranieri: otto sono conservate ai Musei Statali di Berlino e una a Copenhagen alla Ny Carlsberg Glyptotek. Due statue furono in seguito donate al Museo Nazionale di Villa Giulia a Roma per completare l’esposizione sull’antica arte italica. Una statua priva di testa, acquisita da una collezione privata, entrò a fare parte nel 1901 del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Due statue sono al presente nel Museo Archeologico Statale dell’antica Capua di Santa Maria Capua Vetere. Ad esse se ne è aggiunta più recentemente una terza rinvenuta, assieme ad un altare in tufo, nel corso di una esplorazione condotta nel 1995.

Disposte in modo da essere visibili solo frontalmente e collocate una accanto all’altra, erano le oltre 160 madri rinvenute.

Scolpite nel tufo grigio del monte Tifata, le matres (madri) riproducono una figura femminile seduta su un sedile più o meno elaborato, recante in grembo uno o più bambini in fasce. In queste statue è stata riconosciuta la figura della donna offerente che dona alla dea la propria immagine accompagnata dai figli sino ad allora generati, per propiziarne il favore ed ottenere la salute propria e quella della prole. Tradizionalmente la dea venerata nell’area sacra viene identificata con Matuta. Fin dalla scoperta, la personificazione della divinità è stata identificata in una figura, seduta in trono, che reca nelle mani simboli di incerto riconoscimento, letti come una colomba e un melograno o un frutto, o anche un pane. Per le dimensioni maggiori delle altre statue, la scultura è stata tradizionalmente ritenuta come la statua di culto del santuario.

Una donna, seduta su una sedia, spesso configurata come trono, con gambe e braccioli lavorati e alta spalliera; con in grembo uno o più bambini

Le  numerose madri ripropongono lo stesso soggetto: una donna, seduta su una sedia, spesso configurata come trono, con gambe e braccioli lavorati e alta spalliera. La donna ha in grembo uno o più bambini, per lo più avvolti in fasce. Talvolta la donna stringe il bambino al seno nudo nell’atto dell’allattamento. La donna veste un abito di foggia greca, il chitone, che lascia scoperte le braccia, ed è annodato in vita da una sottile cintura. L’abbigliamento è completato da un ampio mantello che copre per metà il capo o è trattenuto da un fermaglio. In numerose statue delle madri  sono raffigurati monili, bracciali ai polsi o alle braccia e orecchini di foggia ellenistica. Le sculture delle madri conservano a volte traccia dell’originaria stuccatura in biacca biancastra sulla quale dovevano essere dipinti in diversa colorazione (rosso, nello specifico) ulteriori elementi ornamentali e particolari dell’acconciatura e dell’abbigliamento.

Le madri hanno tutte forme opulente e robuste, tratti del volto marcati e pesanti, con una resa rigida del panneggio della veste e del mantello.

Si devono citare madri ascrivibili chiaramente ad età romana. Si tratta di tre esemplari che tramandano la solita iconografia con l’aggiunta di bambini in piedi nei pressi del trono. Il bambino in piedi non rientra nell’iconografia originaria, divenuta poi tradizionale. L’abbigliamento dei personaggi aggiunti, proprio perché nuovi, è di tipo romano. L’assegnazione al periodo romano è ribadita dal frammento di epigrafe, in latino, che accompagna uno degli esemplari presenti nella collezione. Le madri di età romana sono tra le ultime prodotte dalle botteghe capuane e la loro produzione segna, con tutta probabilità, la fase finale del culto indigeno. Sono caratterizzate dalla presenza di bambini in piedi presso il trono, vestiti alla foggia romana, e dalla presenza di iscrizioni sulla spalliera del trono, che riportano il prenome femminile dell’offerente, secondo un’usanza vigente fino alla fine del II e inizi del I secolo a.C.

Il legame tra le madri e i numerosi reperti con il mondo dell’oltretomba

Al momento delle prime scoperte fu notata la presenza nello stesso sito di un’ampia necropoli e si sottolineò il legame tra le statue delle madri e i numerosi reperti con il mondo dell’oltretomba. Il santuario del Fondo Patturelli è stato inquadrato tra i cosiddetti santuari nelle necropoli. Luoghi in cui il tema della vita che si perpetua attraverso la fertilità sembra collegarsi alla continuità dei rapporti tra la comunità dei vivi e il mondo dei morti. Il ritrovamento di un’iscrizione, una preghiera di giustizia incisa su una lamina di piombo, rivolta a Ceres avvalora l’ipotesi che nel santuario si venerasse proprio quella dea che, nei suoi aspetti di Demetra/Kore/Ceres rigenera e perpetua la vita attraverso la riproduzione, da bambina trasformandosi in donna, che ogni anno con la primavera ritorna in vita. In tale senso la divinità onorata nel Fondo Patturelli a Capua rappresenta e protegge la maternità e i neonati, che sono il segno del ciclo biologico che include la morte e il culto funerario degli antenati.

A Materdei, nel quartiere Stella la centenaria pizzeria Starita

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La pizzeria Starita nata nel 1901 come cantina, è la pizzeria di riferimento di Sofia Loren nel film di De Sica “L’oro di Napoli”.

Starita a Materdei, quartiere Stella, è un pezzo di storia della città e un orgoglio nazionale. Quest’anno ne compie 110 e definirla una pizzeria è davvero molto, forse troppo riduttivo. A due passi dalla pizzeria Starita a Materdei e con le attrezzature della medesima pizzeria hanno girato nel 1954 una famosa scena di L’Oro di Napoli, con una splendida Sofia Loren nei panni di una pizzaiola bella e adultera (episodio “Pizza a credito”). La pizzeria Starita ha ottenuto nel 2000 un riconoscimento da Papa Wojtyla. La Camera di Commercio di Napoli ha annoverato la Pizzeria Starita tra i locali storici e inserita in un prestigioso volume che appunto racconta i locali più suggestivi del capoluogo campano.

Alla pizzeria Starita si contano quattro generazioni di pizzaioli

Nata nel 1901 come cantina, si è trasformata prima in luogo di degustazione, poi in trattoria e pizzeria-friggitoria. Quello che è certo è che la pizzeria Starita Starita è un locale molto, speciale. Con tanta storia e passione dentro di sé.
“Cominciò nonno Alfonso – racconta il cavaliere Antonio Starita, oggi titolare della pizzeria – eppoi l’attività è passata prima a mio padre Giuseppe e in seguito al sottoscritto… oggi siamo alla quarta generazione con mio figlio Giuseppe”. Vice presidente dell’Associazione Pizzaiuoli Napoletani, docente di arte bianca in varie strutture professionali napoletane, il cavaliere Antonio si avvale della collaborazione di uno staff molto efficiente e selezionato. Il locale ampliato nel negli anni ha capienza di 130 posti.

Direttamente della pizzeria Starita la ricetta per la pizza montanara

Gli ingredienti per la pizza montanara

L’impasto:
½ litro di acqua
800 gr di farina tipo 00
6 gr di lievito
1 cucchiaino di sale

Il condimento:
500 ml di salsa di pomodoro
500 gr di provola o fiordilatte
Basilico

Per la frittura:
Olio di semi di arachidi

Preparazionedella pizza montanara secondo il Cavaliere Antonio Starita

Aggiungere poco alla volta il lievito, il sale e la farina, all’acqua e impastare. Dopo aver ottenuto un impasto abbastanza morbido, lasciare riposare per circa 5 ore.

Tagliare l’impasto a piccoli pezzi, tali da ottenere, dopo altre 5 ore di riposo, dei panetti. Stenderli con le mani ed eseguire delle piccole pressioni con le dita, in modo da forarlo. In questo modo la pasta non si gonfierà durante la frittura.

Friggere in olio di semi di arachide bollente per circa 1 minuto. Lasciare sgocciolare in una teglia in modo da eliminare l’olio in eccesso e guarnire con abbondante salsa, provola e basilico. Lasciare dorare nel forno per circa 10 secondi.

In anteprima a Napoli, The Young Pope : la mostra

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The Young Pope – la mostra, trentotto grandi foto che raccontano la prima regia televisiva del  Premio Oscar Paolo Sorrentino

La Regione Campania, in collaborazione con il Polo museale della Campania, presenta in anteprima a Napoli, The Young Pope – la mostra. Trentotto grandi foto che raccontano la prima regia televisiva del  Premio Oscar Paolo Sorrentino.  Un percorso di immagini tra personaggi, scene, ricostruzioni di quello che è stato il più importante evento televisivo dell’anno. Le immagini realizzate sul set durante le riprese da Gianni Fiorito, fotografo di scena. The Young Pope, una produzione internazionale (Wildside, Shy, HBO, Canal+) con un vasto pubblico diffuso in 110 paesi.

The Young Pope – la mostra è allestita nel suggestivo spazio dell’Ambulacro di Palazzo Reale

La mostra, a cura di Maria Savarese, è coordinata e organizzata dalla Scabec Spa, società campana beni culturali.  E’ allestita nel suggestivo spazio dell’Ambulacro di Palazzo Reale che propone nuovamente forme diverse di espressioni artistiche.
Un omaggio che la Campania fa al premiatissimo regista napoletano e a Gianni Fiorito, fotografo e da sempre suo collaboratore.

The Young Pope – la mostra  è il frutto di un incredibile lavoro di fusione di talenti.  Un cast internazionale e un cast tecnico di grandissimo livello con il quale il regista napoletano Paolo Sorrentino ha instaurato una grande complicità e sintonia e che Gianni Fiorito ha saputo cogliere nei suoi scatti.

The Young Pope - la mostra aPalazzo Reale a Napoli

Attraverso la sua sintesi fotografica, Gianni Fiorito ripercorre la creazione del Papa sorrentiniano

Attraverso la sua sintesi fotografica, Fiorito ripercorre la creazione del Papa sorrentiniano e degli altri personaggi della saga televisiva. Durante il percorso dell’esposizione immagini di scena si alternano con la caratterizzazione dei principali soggetti e i passaggi chiave della sceneggiatura. Immagini di back-stage, in cui si evidenzia lo stretto rapporto fra regista e attori. L’uso scenografico del notevole patrimonio architettonico e paesaggistico italiano o la creazione in studio di ambienti non utilizzabili dal vero (la Cappella Sistina e altri ambienti vaticani), il notevole sforzo di uomini e mezzi che sta dietro alla costruzione di un evento cinematografico.

In fotografia lo stesso luogo, lo stesso stato d’animo o dialogo deve essere racchiuso unicamente in uno scatto

La narrazione cinematografica e quella fotografica- racconta l’autore nel dialogo con Maria Savarese- anche se partono da strumenti tecnici simili, sono completamente differenti. Un luogo, un dialogo, lo stato d’animo di un personaggio possono essere raccontati in cinematografia con un movimento di macchina, un cambiamento di fuoco, un tempo di ripresa lungo o breve in ogni caso beneficia dell’uso della parola. In fotografia lo stesso luogo, lo stesso stato d’animo o dialogo deve essere racchiuso unicamente in uno scatto, e senza colonna sonora. Da qui nasce la necessità della sintesi.

The young Pope backstage

The Young Pope – la mostra Informazioni

dal 11 aprile al 18 giugno 2017
orario: 9.00 – 20.00 (ultimo ingresso ore 19);  mercoledì chiuso
Ingresso € 4,00
Tel. 081 -580.8255 – mail  pm-cam.palazzoreale-na@beniculturali.it;

Al Teatro bolivar Cella Zero Ispirato alla storia vera di Pietro Ioia

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Cella Zero morte e rinascita di un uomo in gabbia. Mercoledì 12 aprile 2017 ore 21 al teatro Bolivar di Napoli

Cella zero, opera ispirata alla storia vera di Pietro Ioia. Un dito puntato contro il fallimento dello Stato nella missione di rieducazione che un istituto di detenzione dovrebbe avere.

Nato da un’idea di Antonio Mocciola, Cella zero è uno spettacolo cui i racconti di Ioia hanno offerto lampi di verità. Un viaggio nell’incubo di un ragazzo napoletano, che invecchia in carcere e ne esce dopo 22 anni. Cella Zero racconta le vessazioni subite e le ingiustizie patite durante il periodo di detenzione. La regia di Vincenzo Borrelli non lascia scampo. Serrata e spietata disegna tutte le traiettorie di un sistema infame e vigliacco. Simile a quello che, all’esterno, produce la delinquenza quotidiana a cui assistiamo da decenni.

In Cella Zero Il microcosmo del carcere esplode in tutta la sua crudele verità.

In un confronto a due tra un detenuto e un suo aguzzino, “Sottozero” diventa presto, per lo spettatore, un claustrofobico inferno di parole e gesti. Soprusi e violenze ai limiti del sopportabile, fino allo spiraglio di luce finale. Attorno a loro, il doppio gioco di un compagno di cella, il dolore delle loro donne, il suicidio di un detenuto vessato da tutti. Il microcosmo del carcere esplode in tutta la sua crudele verità.

Oggi Pietro Ioia è il presidente dell’associazione Ex Detenuti di Poggioreale. Attivissimo nella difesa di chi è ancora tra le mura del carcere, e non ha la voce per gridare il proprio dolore.

cella zero, opera ispirata alla storia vera di Pietro Ioia, è un dito puntato contro il fallimento dello Stato nella missione di rieducazione che un istituto di detenzione dovrebbe avere
Cella zero al teatro Bolivar con Ivan Boraggine

Al teatro San Carluccio di Napoli: Nguè venire al mondo

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Nguè venire al mondo

Da giovedì 30 marzo a domenica 2 aprile presso il Nuovo Teatro Sancarluccio di Napoli, si terrà lo spettacolo teatrale Nguè venire al mondo

Nguè venire al mondo scritto, diretto e interpretato da Marco Mario De Notaris. Uno stand up comedy dal punto di vista di un neonato.
L’incomunicabilità drammatica che sperimentiamo venendo al mondo non è che l’inizio di una serie di difficoltà a dire e a dirsi cosa si prova. Forse nessuno ci capisce. Lo sforzo di comprensione che ognuno di noi cerca di fare nei confronti del prossimo non è che il riflesso della propria esperienza .

Comprendere è difficile, ma è l’unico atto realmente d’amore che possiamo compiere verso il prossimo. Sullo sfondo, ovviamente, la morte. Ci aspetta. E aleggia su ogni nato, anche se questo ci addolora.

Nguè venire al mondo si affronta la nascita dal neonato al genitore.

In Nguè si affronta dunque la nascita, dal neonato al genitore. Stati d’animo contrastanti. Risate e un po’ di commozione accompagneranno lo spettatore nel racconto del mistero della vita, condito dalla paura della morte. Nel corso dello spettacolo saranno inoltre prese in causa poesie di Neruda, Peter Handke, Montale e versi di Lucrezio, per una serata intima, lontana dal caos.

Il museo Pignatelli inaugura la rassegna Pignatelli in Jazz

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Pignatelli in Jazz

La prima edizione di Pignatelli in Jazz,vede la direzione artistica di Emilia Zamuner  e la collaborazione di Eduardo Scarfoglio

La prima edizione di Pignatelli in Jazz,  dedicata ad alcuni tra i più importanti musicisti del panorama italiano.  Realizzata dall’associazione Emilia Gubitosi con  il Polo museale della Campania, Pignatelli in Jazz vede la direzione artistica di Emilia Zamuner  e la collaborazione di Eduardo Scarfoglio.
Nella raffinata veranda neoclassica di  Villa Pignatelli, si esibiranno: Giuliana Soscia & Pino Jodice Duet, Andrea Rea e Mino Lanzieri, Luca Signorini, Bruno Persico, Massimo Mercogliano e Enrico Del Gaudio, Giulio Martino, Rocco Zaccagnino, Alexandre Cerba e Leonardo De Lorenzo, Mario Nappi & Emilia Zamuner con Corrado Cirillo e Luca Mignano.

Pignatelli in Jazz è una fusione inedita tra jazz e classicità, sperimentazione e tradizione

Emilia Zamuner, cantante jazz e vincitrice del premio “Massimo Urbani 2016” ha voluto dar seguito alla sua passione per questo campo artistico organizzando un festival dal carattere moderno e di grande spessore in una cornice e in un orario non consueti per eventi di questo tipo. Una fusione inedita tra jazz e classicità, sperimentazione e tradizione.
Pignatelli in Jazz intende descrivere al pubblico la bellezza e la molteplicità del jazz in tutte le sue forme. Verranno proposti al pubblico concerti estremamente diversi: dal suggestivo tango-jazz, alle intramontabili sonorità del jazz più classico. Le sperimentazioni senza confini sono affidate al duo Rea-Lanzieri.

A Napoli il jazz si suona e si ascolta troppo poco

“Ho voluto organizzare il festival per portare il jazz fuori dai contesti ai quali solitamente appartiene: club e locali notturni. A Napoli il jazz si suona e si ascolta troppo poco. Mi sono innamorata di quest’arte qualche anno fa e da allora è diventata la mia vita e la mia professione. Ho deciso di portarla alla luce del sole nella mia città attraverso le altissime competenze dei musicisti che abbiamo coinvolto, la splendida location di Villa Pignatelli ed il generoso e fondamentale supporto di Banca Credem che ha investito e creduto in questo progetto fin da subito sponsorizzando a pieno l’intera rassegna” Emilia Zamuner.

Informazioni

La stagione jazzistica proseguirà nelle domeniche 12, 19 e 26 marzo alle ore 11.30.
Ai concerti si potrà assistere acquistando il biglietto del museo (€ 5,00) con la possibilità di visitare la Villa.

Domenica 5 marzo,  l’ingresso sarà gratuito in occasione della manifestazione  ‘Domenica al Museo’. Accesso consentito in sala fino ad esaurimento posti.

Madame Pink scritto e diretto dal regista franco-argentino Alfredo Arias

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Nuova produzione del Teatro Stabile di Napoli-Teatro Nazionale, Madame Pink è lo spettacolo diretto dal regista franco-argentino Alfredo Arias.

Madame Pink scritto da Alfredo Arias in collaborazione con René de Ceccatty, sarà in scena al Teatro Mercadante di Napoli sino a domenica 12 marzo. Dal 14 al 19 marzo lo spettacolo andrà si sposterà al Teatro Argentina a Roma.
Lo spettacolo è interpretato da Gaia Aprea nel ruolo della Madame del titolo, Flo (Roxie), Mauro Gioia (Goodman), Gianluca Musiu (Badman), Paolo Serra (Regularman; Dr. Tore; Inspector Shake). Accompagnati in scena dai musicisti Giuseppe Burgarella (alle tastiere), Ben Croze (alle chitarre), Marco Di Palo (al basso) e Salvatore Minale (alla batteria).

Con Madame Pink si consolida la collaborazione tra Alfredo Arias e lo Stabile.

Con questo suo nuovo allestimento Alfredo Arias consolida la collaborazione con lo Stabile partenopeo dopo il felice allestimento di Circo Equestre Sgueglia di Raffaele Viviani nel 2013.
Per questa creazione il regista ha coinvolto un gruppo di artisti di peso del panorama italiano, e non solo.

Iacurci protagonista dello street at mondiale firma le scene di Madame Pink

Oltre la collaudata “intesa” con il cantante e attore Mauro Gioia e la direzione del cast di attori in forza allo Stabile, Madame Pink si avvale del prezioso contributo di Agostino Iacurci. Agostino Iacurci il 31enne pittore, scultore e scenografo foggiano tra i più considerati protagonisti della street art mondiale. Iacurci per Madame Pink firma le scene dello spettacolo e l’immagine di locandina. Marco De Vincenzo, il 38enne stilista di Messina, nuovo astro della moda italiana osannato dalla stampa americana e inglese, indossato da Beyoncé, è autore dei costumi di scena. Agostino Iacurci e Marco De Vincenzo sono entrambi alla loro prima “incursione” nel mondo del teatro.

Per Madame Pink musiche inedite ispirate agli anni ’70 ed ’80

Le musiche dello spettacolo sono state composte dallo statunitense Mark Plati (collaboratore storico di David Bowie e di Prince, The Cure, Natalie Imbruglia) insieme a Mauro Gioia, su liriche dello stesso Arias e di Mauro Gioia.
La maschera di scena è firmata da Erhard Stiefel. Stiefel scultore e scenografo franco-svizzero, storico collaboratore di Ariane Mnouchkine e Théâtre du Soleil, di Antoine Vitez. Già collaboratore dello stesso Arias, per il quale aveva realizzato le maschere di scena degli spettacoli Peines de coeur d’une chatte française nel 1999 e La Belle et les Bêtes nel 2005.
Il disegno luci è di Cesare Accetta, tra i più autorevoli light design della scena partenopea contemporanea.

 

In Madame Pink la complessità del melodramma nel cinema noir americano si sposa con lo spirito diretto ed innocente degli spettacoli di Broadway

«In Madame Pink – dichiara Alfredo Arias – la complessità del melodramma nel cinema noir americano si sposa con lo spirito diretto ed innocente degli spettacoli di Broadway. In un mondo di animali che parlano – come nei film di Walt Disney – accadono situazioni al limite dell’umano. Madame Pink può essere considerato un lavoro ispirato alla cultura americana anche se totalmente espressione della mia visione del mondo. E’ una commedia con canzoni, non un musical o una commedia musicale. Ci siamo ispirati alla musica americana degli anni ’70 e ’80 rivista da Mark Plati e Mauro Gioia.
Madame Pink, come tutte le eroine del melodramma, è una donna esposta alla crudeltà del mondo ma condannata a finire la sua vita con un “Happy End”. La povera Madame non immaginava che una cagnolina trasformasse la sua esistenza in una vita da cani».

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Informazioni

Teatro Stabile di Napoli: tel. 081.5524214 | www.teatrostabilenapoli.it
Biglietteria: tel. 081.5513396 | e.mail: biglietteria @teatrostabilenapoli.it

Calendario rappresentazioni

Teatro Mercadante | Napoli
1, 3, 7 e 10 marzo ore 21.00; 2, 8 e 9 marzo ore 17.00;
4 e 11 marzo ore 19.00; 5 e 12 marzo ore 18.00

Teatro Argentina|Roma
14 e 17 marzo ore 21.00; 15 e 18 marzo ore 19.00: 16 e 19 marzo ore 17.00

 

Un calcio in bocca fa miracoli con Giancarlo Cosentino nel ruolo del Vecchiaccio

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Dopo il successo al Teatro Pacini di Pescia e al Teatro Ambra alla Garbatella di Roma, finalmenteUn calcio in bocca fa miracoli

Teatro Bolivar prosegue la stagione teatrale 2016/17 con lo spettacolo Un calcio in bocca fa miracoli

Dopo il successo al Teatro Pacini di Pescia e al Teatro Ambra alla Garbatella di Roma, finalmente lo spettacolo torna a Napoli. Un calcio in bocca fa miracoli spettacolo, tratto dall’omonimo romanzo di Marco Presta, con la regia di Massimo Maraviglia, va in scena da Venerdì 3 a Domenica 5 Marzo.

Un calcio in bocca fa miracoli è la storia di un ex falegname, un “vecchiaccio” maniaco ladro di penne

È la storia di un ex falegname, un “vecchiaccio” maniaco ladro di penne che, prima di
chiudere bottega, decide di lasciare la sua arte e i suoi attrezzi a un giovane
apprendista. Pur di imparare un mestiere, il ragazzo sopporta le piccole angherie di
Vecchiaccio e soprattutto i suoi incresciosi soliloqui, che quasi sempre hanno come
protagonista Armando il Pizzicagnolo, “l’oracolo dello stracchino”. Armando, “anziano
pazzo e disadattato” (così lo definisce Vecchiaccio), è di fatto il suo alter-ego ed unico
amico, e in quanto tale un po’ non lo regge e un po’ lo segue e lo asseconda nei suoi
bislacchi piani, come quello di cercare due giovani a suo avviso tra loro compatibili e
adatti a una storia d’amore quasi d’altri tempi.

Armando scaltro (e improbabile) agente segreto

Così, nel racconto di Vecchiaccio, vediamo Armando girovagare per negozi, strade, bar,
fino a quando intercetta i due soggetti adatti al piano: Giacomo e Chiara, due ragazzi
come milioni al mondo, lei commessa di profumeria, lui giovane disoccupato. Come uno
scaltro (e improbabile) agente segreto, Armando spende la gran parte del suo tempo e i
risparmi di una vita a organizzare, concertare, controllare tutti i passi necessari a che
i due giovani s’incontrino e proseguano insieme. Il tutto, nell’ombra e con la complicità
dello stesso Vecchiaccio recalcitrante.
Al racconto principale s’intrecciano altri due piani di narrazione, in qualche modo
correlati tra loro: i disperati tentativi (dai toni grotteschi e a un tempo poetici) di
Vecchiaccio intento a conquistare la procace portinaia dello stabile in cui abita, e le
pericolose incursioni salutiste della figlia Anna, sua spina nel fianco, suo “grillo” e,
forse, suo unico grande amore.

Un calcio in bocca fa miracoli diviene il pretesto per raccontare d’altro.

Vecchiaccio parla di una vecchiaia che non rinsecchisce e che a dispetto di tutti
i conti da fare con i malanni, coi desideri mancati, i matrimoni falliti, gli amori negati,
il fracasso insopportabile della vita stessa, conserva e accarezza le cose importanti e
con esse si accompagna, tra un rimbrotto, uno scherzo di cattivo gusto, un ricordo
ridicolo, un gesto affettuoso, fino alle soglie del gran finale.

Un calcio in bocca fa miracoli rientra nella programmazione “Nuove Vele” del Bolivar

Lo spettacolo rientra nel primo filone della nuova stagione “Nuove Vele” dedicato al teatro d’ innovazione.  Da Cantami, o Diva… una sceneggiata tragica-familiare scritta e diretta da  Carmine Borrino al racconto della Francia anni ’30-’50 attraverso il personaggio di Edith Piaf, che arriva a Napoli dopo essere stato presentato in Messico, India, Brasile, Giappone, in USA a Bethlehem (Pensylvania) e a San Antonio (Texas). Dalle opere originali ai rifacimenti di opere antiche e shakespeariane, il filone dedicato al teatro d’innovazione ha un programma molto denso e interessante.
Una stagione teatrale intensa ideata dai due direttore artistici Ettore Nigro e David Jentgens  per il teatro Bolivar che intende accontentare tutti proponendo teatro di innovazione, di tradizione e danza d’autore.

Informazioni

Il teatro Bolivar è in via Bartolomeo Caracciolo 30, Napoli. A pochi passi dalla metropolitana Linea 1 – fermata Materdei. Prezzo biglietto 15 euro. Per info 081 544 26 16