venerdì 29 Marzo 2024
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Un calcio in bocca fa miracoli con Giancarlo Cosentino nel ruolo del Vecchiaccio

Teatro Bolivar prosegue la stagione teatrale 2016/17 con lo spettacolo Un calcio in bocca fa miracoli

Dopo il successo al Teatro Pacini di Pescia e al Teatro Ambra alla Garbatella di Roma, finalmente lo spettacolo torna a Napoli. Un calcio in bocca fa miracoli spettacolo, tratto dall’omonimo romanzo di Marco Presta, con la regia di Massimo Maraviglia, va in scena da Venerdì 3 a Domenica 5 Marzo.

Un calcio in bocca fa miracoli è la storia di un ex falegname, un “vecchiaccio” maniaco ladro di penne

È la storia di un ex falegname, un “vecchiaccio” maniaco ladro di penne che, prima di
chiudere bottega, decide di lasciare la sua arte e i suoi attrezzi a un giovane
apprendista. Pur di imparare un mestiere, il ragazzo sopporta le piccole angherie di
Vecchiaccio e soprattutto i suoi incresciosi soliloqui, che quasi sempre hanno come
protagonista Armando il Pizzicagnolo, “l’oracolo dello stracchino”. Armando, “anziano
pazzo e disadattato” (così lo definisce Vecchiaccio), è di fatto il suo alter-ego ed unico
amico, e in quanto tale un po’ non lo regge e un po’ lo segue e lo asseconda nei suoi
bislacchi piani, come quello di cercare due giovani a suo avviso tra loro compatibili e
adatti a una storia d’amore quasi d’altri tempi.

Armando scaltro (e improbabile) agente segreto

Così, nel racconto di Vecchiaccio, vediamo Armando girovagare per negozi, strade, bar,
fino a quando intercetta i due soggetti adatti al piano: Giacomo e Chiara, due ragazzi
come milioni al mondo, lei commessa di profumeria, lui giovane disoccupato. Come uno
scaltro (e improbabile) agente segreto, Armando spende la gran parte del suo tempo e i
risparmi di una vita a organizzare, concertare, controllare tutti i passi necessari a che
i due giovani s’incontrino e proseguano insieme. Il tutto, nell’ombra e con la complicità
dello stesso Vecchiaccio recalcitrante.
Al racconto principale s’intrecciano altri due piani di narrazione, in qualche modo
correlati tra loro: i disperati tentativi (dai toni grotteschi e a un tempo poetici) di
Vecchiaccio intento a conquistare la procace portinaia dello stabile in cui abita, e le
pericolose incursioni salutiste della figlia Anna, sua spina nel fianco, suo “grillo” e,
forse, suo unico grande amore.

Un calcio in bocca fa miracoli diviene il pretesto per raccontare d’altro.

Vecchiaccio parla di una vecchiaia che non rinsecchisce e che a dispetto di tutti
i conti da fare con i malanni, coi desideri mancati, i matrimoni falliti, gli amori negati,
il fracasso insopportabile della vita stessa, conserva e accarezza le cose importanti e
con esse si accompagna, tra un rimbrotto, uno scherzo di cattivo gusto, un ricordo
ridicolo, un gesto affettuoso, fino alle soglie del gran finale.

Un calcio in bocca fa miracoli rientra nella programmazione “Nuove Vele” del Bolivar

Lo spettacolo rientra nel primo filone della nuova stagione “Nuove Vele” dedicato al teatro d’ innovazione.  Da Cantami, o Diva… una sceneggiata tragica-familiare scritta e diretta da  Carmine Borrino al racconto della Francia anni ’30-’50 attraverso il personaggio di Edith Piaf, che arriva a Napoli dopo essere stato presentato in Messico, India, Brasile, Giappone, in USA a Bethlehem (Pensylvania) e a San Antonio (Texas). Dalle opere originali ai rifacimenti di opere antiche e shakespeariane, il filone dedicato al teatro d’innovazione ha un programma molto denso e interessante.
Una stagione teatrale intensa ideata dai due direttore artistici Ettore Nigro e David Jentgens  per il teatro Bolivar che intende accontentare tutti proponendo teatro di innovazione, di tradizione e danza d’autore.

Informazioni

Il teatro Bolivar è in via Bartolomeo Caracciolo 30, Napoli. A pochi passi dalla metropolitana Linea 1 – fermata Materdei. Prezzo biglietto 15 euro. Per info 081 544 26 16

Redazione IDN
Redazione IDNhttps://napoli.itineraridellacampania.it
EDITOR E WEB DESIGNER. NATO A VENEZIA NEL 1973, VIVO E LAVORO FRA MILANO E NAPOLI. Sono nato nel 1973 a Venezia. Nascere e vivere a Venezia significa avere la fortuna di crescere respirando il profumo dell'arte in tutte le sue espressioni, dall'architettura alla pittura fino al cinema, così sin da subito mi sono lasciato trasportare da queste sensazioni. Da prima la fotografia, poi il teatro e la televisione, fino a scoprire, verso gli anni novanta, il piacere della sintesi e dell'impatto visivo del segno grafico. E' emozionante vedere stringere nelle mani di persone che non conosci e che non mi conoscono il frutto del mio lavoro.
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