venerdì 10 Gennaio 2025
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I corti della formica XVI edizione

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La rassegna di corti teatrali ideata e diretta da Gianmarco Cesario è alla sua sedicesima edizione. Dal 2 al 4 dicembre sedici spettacoli inscena al Teatro Cortese.

I corti della formica tornano dopo appena sei mesi dalla quindicesima, con la sedicesima edizione di questa rassegna. L’anno pandemico come per molti, anche per questa rassegna, ha congelato lo scorrere normale del tempo così ci troviamo ad avere in un solo anno, a pochi mesi l’una dall’altra due edizioni quella del 2020 e quella del 2021. La XVI edizione de I corti della formica rappresenta, per Gianmarco Cesario ideatore e direttore artistico della rassegna, un momento di riflessione su quanto in questi anni si sia prodotto.

Tanti i nomi che sono emersi anche grazie al palco che la rassegna ha offerto alle centinaia di autori, autrici, registi, attori ed attrici, che ora appartengono alla realtà teatrale nazionale. Nomi che oggi sono vincitori di premi prestigiosi e partecipanti ai cartelloni dei principali teatri italiani, e che abbiamo avuto il privilegio di essere i primi a scoprire.

Gianmarco Cesario: ” Sono cinque anni che assumo sulle mie spalle il peso, a volte leggero, altre gravoso, di questo festival, che sono riuscito a far sopravvivere, almeno finora, anche allo tsunami pandemico”

Spiega Gianmarco Cesario – “Non è vanagloria, da parte mia che circa venti anni fa decise di lanciarsi in questa avventura e che ebbe la possibilità di realizzarla grazie innanzitutto alla collaborazione di Manuela Schiano Lomoriello ed il suo Teatro a Vapore, e dei suoi amici-collaboratori, Claudio Finelli, Luciano Correale e Roberta D’Agostino, approdati poi ognuno a progetti personali e relativi successi. Sono cinque anni che assumo sulle mie spalle il peso, a volte leggero, altre gravoso, di questo festival, che sono riuscito a far sopravvivere, almeno finora, anche allo tsunami pandemico.” – Continua sempre Gianmarco – “Non è vanagloria, dicevo, ma semplicemente una ricerca di motivazioni a non mollare, che in questo momento mi sono davvero difficili da trovare, per non dire impossibili, se ci si confronta con quella politica teatrale, che non riconosce nulla ad iniziative come la nostra. Resta comunque, anche per questa edizione, l’aver raccolto tante occasioni di collaborazione da chi ha dato fiducia alla manifestazione, a partire dalle 12 compagnie in concorso, ad Anna Sciotti e la gestione del Teatro Cortese che ci ospita per la seconda volta, a Beatrice Baino con Le Streghe del Palco ed I Mestieri del Palco, a Clelia Le Bouf per il progetto artistico, alle dieci scuole di teatro che hanno dato la possibilità ai loro allievi di partecipare alla giuria, e per finire, ai professionisti che hanno seguito e seguiranno l’aspetto tecnico.”

Appuntamento al 2, 3 e 4 dicembre al Teatro Cortese

Non ci resta che attendere l’appuntamento per il 2, 3 e 4 dicembre per vedere i corti teatrali di questa edizione e, chissà magari scorgere un futuro Mastroianni o magari un futuro Martone. In caso contrario non ci resta che sperare che la prossima edizione, la diciassettesima. Ricordiamo anche che dal prossimo mese d’aprile, riparte lo spin-off cinematografico dal titolo “LO SCHERMO DELLA FORMICA” che nasce grazie alla collaborazione con Salvatore Sannino e con il Cinema Teatro De Rosa di Frattamaggiore, che ospiterà la manifestazione di corti cinematografici.

Quest’anno la giuria della manifestazione è composta da 11 allievi provenienti da 8 scuole di teatro attive nel territorio di Napoli e provincia, tra cui Bellini Teatro Factory; Elaboratorio Teatro Elicantropo; Giuliart; Global Eventi; Mind the Gap; Scuola Beniamino Maggio; Talia; Theatre de Poche. Otto scuole ognuna con una sua specifica identità, così da offrire una pluralità di punti di vista, dai quali potrà risultare un giudizio quanto più obiettivo.

I corti della formica XVI edizione. Programma

Giovedì 2 dicembre ore 20.30

BAR di Roberta Frascati, con Roberta Frascati. Foto di scena Davide Visca, regia Francesco Antonio Nappi

Anni ’60, è sera, le luci basse di un locale ci dicono che un altro giorno sta finendo. Al bancone una donna, non più giovane, non ancora anziana, che sistema le ultime cose prima di tirare giù la serranda e tornare a casa. La sorprende, neppure troppo, l’arrivo di avventori ritardatari. Non dice loro che sta chiudendo, anzi, li accoglie come vecchi amici venuti a farle compagnia. E come si fa con gli amici di sempre, prende a raccontare. Un fiume di parole, ricordi, consigli velati, speranze, sapientemente unite alla musica che viene fuori da una vecchia radio e all’odore del mare.

Bar è uno spettacolo che si incentra sul racconto e sul viaggio. Innanzitutto un viaggio nel tempo: negli anni ‘50-‘60 che vengono raccontati da una scenografia scarna ma ben inquadrata dal punto di vista dell’identità cronologica. Ma il viaggio è soprattutto un viaggio da raccontare e raccontarsi, al momento della sua conclusione, in un luogo preciso, un Bar, che si fa punto di partenza e di arrivo, crocevia di destini differenti, ciascuno con una sua storia e un suo vissuto.

Quel piccolo punto di riferimento, lontano nel tempo e vicino nello spazio, non è che la nostra esigenza, acuita ed evidenziata dalla pandemia, di prenderci un attimo per raccontare e raccontarci, un istante per ascoltare, un momento per ricordare e apprezzare ciò che ci circonda, vivendo del dono incommensurabile e, così come abbiamo imparato, per niente scontato, d’avere un pubblico, una platea, un interlocutore da poter guardare negli occhi e nei cui occhi riconoscersi.

OCCHI SOSPESI di Francesca Esposito con Lucio De Cicco, Livia Berté, Carmela Ioime. Costumi Michaela Castaldi, regia Francesca Esposito

Iride, un vecchio cieco, ossessionato dalla propria identità perduta, viaggia in compagnia della Muta, Sospiria e dell’Altra, Ieratica. La ricerca tormentata dell’identità è rivolta costantemente all’esterno. Iride ha un’idea dell’identità distaccata da sé, come se fosse un accessorio. La sua ricerca è inautentica e vana. In un clima da circo da quattro soldi, i tre personaggi falliscono puntualmente e ripetono le loro azioni giorno dopo giorno, in un frustrante carillon di sterili tentativi.

IL DISCORSO DEL PORCO di Sal Cammisa, liberamente ispirato a “La fattoria degli animali” di George Orwell. Con Sal Cammisa. Scene e costumi Enzo-Tammurrièllo Esposito. Aiuto regia Antonella Esposito e di regia Sal Cammisa e Daniela De Falco

Il discorso del porco è un monologo liberamente ispirato a La fattoria degli animali di George Orwell. Napoleon il maiale – capo della fattoria di cui è divenuto con violenza l’assoluto padrone – si presenta alla “sua” gente, in una domenica solitamente dedicata all’assemblea generale, per comunicare loro che da quel momento in poi le sedute dedicate al confronto e al dibattito sarebbero state sospese. Ne approfitta per celebrare i successi della fattoria, per informarli sulle ultime novità con l’esterno, per ripetere i 7 comandamenti. Ma qualcosa turberà la sua rigida sicurezza da capo di governo: anche il potere, ha le sue, nascoste, debolezze.

JINNIE di e con Jenny Brascio. Con Orazio Picella, regia Jenny Brascio e Orazio Picella

Jinnie è una donna moderna. Una donna che desidera una carriera, un lavoro una soddisfazione personale. Tuttavia è debole e ancora non lo sa. Jinnie vuole un amore integro, totale che si dedichi solo a lei e viceversa.
E qui che comincia la fregatura. Perché nella ricerca di quell’amore “ideale” si tuffa a capofitto in un progetto matrimoniale dimenticando se stessa. Si sposa e, moglie entusiasta, si dedica completamente al coniuge come una geisha. E’ allegra, canta, gioca, si diverte. Il marito però, dal canto suo, la tiene segregata come in una bottiglia di vetro dalla quale Jinnie osserva il mondo.

E’ un uccellino in gabbia, una lucertola sotto ad un bicchiere. Jinnie si sente ingannata, non ha avuto ciò che gli era stato promesso: una vita piena, dei figli, la felicità. Da qui i primi screzi, litigi, verbalmente violenti, che fanno impazzire Jinnie. Oramai come un animale in cattività vaga nella sua casa-bottiglia cercando una via di uscita. Sbatte da un lato all’altro, perdendo il lume della ragione. Ce la farà a liberarsi? Ce la farà a “rompere” la sua bottiglia? Lo sketch vuole accendere un “lumino” su un tipo di violenza sulle donne di cui non si parla MAI. Non la violenza fisica, di cui visibilmente le donne portano evidenti segni corporei bensì quella psicologica, più subdola e meschina.

VENERDÌ 3 DICEMBRE ore 20,30

AUTOGRILL di Tiziana Beato. Adattamento teatrale di Pier Paolo Palma da “Lettera 3” dal libro “Tra tutti i miei bisogni ci sei tu” con Selene D’Alessandro. Aiuto regia, costumi e make up Georgia de’Conno. Regia Pier Paolo Palma

Una lettera, ma sarebbe più corretto dire una confessione. In una notte scelta per non dormire, in un luogo scelto per non restare, una voce rimbomba tra porte automatiche e mattonelle. È una voce profonda, è la voce di chi ha scelto di conoscere gli uomini indagandoli attraverso il sesso, accudendo tutte le loro paure. È una donna che sceglie di spogliarsi per raccogliere nudità che il corpo non vede. È una voce di fredda concretezza e riflessioni che aspirano al lirico, in un vorticoso bathos di sincerità. Se è vero che la poesia si incontra in determinate periferie e in date ore, tra pensieri malinconici e grandi, dobbiamo ascoltare il racconto di una voce, troppo reale per accedere ad un bar sotto il mare.

L’AMORE PERFETTO di Valentina Varrella, con Livia Bertè e Ciro Scherma. Regia Roberta Misticone

Una donna sulla cinquantina, Iris, incontra il suo amante, Marcello, anche lui cinquantenne, nella nuova garçonniere di lui. Sono allegri, complici e appassionati. Lui è un ospite impeccabile: le ha inviato un vestito da sera a casa, quello stesso pomeriggio, affinché lo indossasse, le ha preparato dei regali e le ha ordinato la sua cena preferita, annaffiata da copioso champagne.

Lei si sente accolta e protetta e può confidare a Marcello il proposito di intentare presto la causa di divorzio verso il marito, a sua volta fedifrago, che nel frattempo ha sorpreso con la giovane amante, seguendolo in strada, qualche giorno prima. Marcello la ascolta e la coccola, paziente, soprattutto quando lei ha un passeggero momento di nevrosi e si lascia andare al pianto, pensando alla sua vita andata in pezzi ed alla giovinezza perduta.

Quando la serata volge al termine, con calma e pacatezza Marcello chiede ad Iris di saldare i suoi servigi, e da qui si comprende che la relazione tra i due è solo un accordo basato sul danaro e che lui non fa altro che “accompagnarla”, prezzolato, in questa delicata fase della vita, così come fa con altre donne, senza preoccuparsi di celarlo. Iris sembra quasi non dare peso alla cosa. Nel mondo perfetto che ha creato, Marcello è un amante appassionato ed i loro incontri sono reali parentesi amorose, in una vita deprimente.

COMANDAMENTO OTTAVO di Salvatore Vitale. Con Vincenzo Canoro, Francesco Raucci, Aniello Santonastaso, Alessandra Totaro, Tommaso Tuccillo, Filomena Zahora. Regia Salvatore Vitale

Passeggiando per i vicoli nel cuore di Forcella, capita di osservare delle targhe, che ai più possono apparire insignificanti, ma che in alcuni casi racchiudono una vera e propria storia di vita vissuta. E’ il caso di una targa che si può notare a via San Nicola dei Caserti, proprio nelle vicinanze di quella che indica il nome del vico, uno dei vicoli che incrociano la più nota via dei Tribunali.

La targa recita la seguente espressione “Dio m’arrassa da invidia canina, da mali vicini et da bugia di uomo dabene” (che più o meno si traduce in “Dio mi salvi dall’invidia cieca, dai mali vicini e dalle bugie di un uomo perbene”), una scritta che risale a secoli fa, e che racconta le sventure di un povero calzolaio che, calunniato da un vicino di casa, fu condannato per un omicidio che non aveva mai commesso. La storia, risalente all’incirca alla metà del cinquecento, fu ricostruita da Giovanni Garruccio, un architetto e storico napoletano di inizio ottocento, e fu ripresa poi da Benedetto Croce, nel suo famoso libro “Storie e leggende napoletane”.

La vicenda narra di uomo onesto di umili origini, che conduceva una vita tranquilla, dedicata principalmente alla sua attività artigianale. Egli era infatti un calzolaio, ed aveva una bottega in via San Nicolò dei Caserti, poi ribattezzata via San Nicola dei Caserti. L’artigiano aveva una gran passione per la musica, tant’è che si dilettava nel suonare il violino durante il tempo libero, ma tanto bastò per fornire ai vicini di casa il pretesto per alimentare lamentale nei suoi confronti.

Le persone che vivevano nei pressi della sua abitazione erano per lo più benestanti, persone dedite maggiormente alla ricerca del benessere sempre maggiore, perdendo di vista proprio la semplicità delle piccole cose, e quindi della soddisfazione di godere la vita, al punto da provare addirittura invidia per la serenità con la quale l’uomo conduceva la sua umile vita. Tutto ciò comportava continui chiacchiericci avverso il calzolaio, il quale ne restava fortemente dispiaciuto, e maggiormente cercava riparo da tutto ciò nella musica.

Un giorno però accadde qualcosa di veramente clamoroso, era ormai tanta l’invidia del vicinato avverso il calzolaio, che trovarono il modo di sbarazzarsi definitivamente di lui. L’occasione fu data dall’omicidio di un uomo che avvenne proprio nel vicoletto di San Nicola dei Caserti, e durante le indagini, un uomo distinto, testimoniò contro il povero calzolaio, indicandolo quale colpevole dell’assassinio. I magistrati, fortemente influenzati dal testimone, che era una delle personalità di spicco del quartiere, diedero credito alla testimonianza, confermando l’accusa al povero calzolaio, condannando poi l’accusato alla pena capitale.

La notizia suscitò grande sconcerto nel vicinato, ma nulla ormai si poteva fare per scongiurare l’esecuzione stabilita. Prima di morire il calzolaio espresse un suo ultimo desiderio, ovvero quello di donare tutti i suoi averi all’ospedale della Pace, nosocomio attivo fino al 1975, a condizione che fosse stata incisa una targa che raccontasse la verità sulla falsa accusa.

LEUKÓS ZÓPOHS di Luigi Parlato con Rossella Castellano e Luigi Parlato. Regia Rossella Castellano

Leukós Zóphos, sono flebili scie luminose nella più impenetrabile oscurità, fuochi fatui, corpusanti nel mare in tempesta, moscerini neri che ronzano intorno alla fiamma della candela. Leukós Zóphos è una storia che si ripete all’infinito. Leukós Zóphos sono due anime, quella di Mammà e Tummasino, marchiate e maledette, condannate a reincarnarsi un innumerevole numero di volte e a subire sempre lo stesso ineluttabile destino. Mammà è una donna che ha perso l’uso delle gambe ed ha visto più di quanto gli occhi umani possano sopportare, Tummasino ha perso la vista e gran parte dei ricordi. Nelle loro parole risuonano voci ed echi lontani di popoli del passato, mentre viaggiano, nei secoli dei secoli, alla continua ricerca di una spiegazione alla malvagità dell’animo umano, una risposta che forse non troveranno mai…

SABATO 4 DICEMBRE ore 18,00

ENRICU ‘U CURTU di Cristina Gennaro e Davide Migliorisi liberamente ispirato all’”Enrico V” di William Shakespeare. Con Cristina Gennaro e Davide Migliorisi. Canzoni composte da Cristina Gennaro e Davide Migliorisi

Due cuntisti cuntano e arricuntano le gesta del Re Inglese che conquistò la corona di Francia. Divenuto re di Inghilterra, il giovane e acerbo Enrico si imbarca sullo Stretto della Manica, alla testa di un esercito di pochi soldati. Alla vigilia della campagna di Azincourt le parole eroiche pronunciate dal re Enrico incoraggiano l’esercito tanto da procurare la vittoria. Tema del dramma è l’orgoglio di essere pochi, felicemente pochi, per vincere. E pochi, felicemente pochi, sono Davide e Cristina sul palco, moltiplicati dalla fantasia del pubblico che vedrà interi eserciti.

LA PAURA COMINCIA DAI PIEDI di Angela Villa. Con Milena Pugliese, scene Peppe Ronga, aiuto regia Marco Fandelli e regia di Milena Pugliese

“Sei stato tu, adesso lo dici, perché?” Il brano si apre con una domanda, è una domanda che ogni donna vorrebbe rivolgere ai carnefici, a chi vive nell’ombra a chi considera ogni vita come un semplice oggetto da calpestare, distruggere, bruciare… Una donna racconta gli ultimi giorni della propria vita. È una testimone di giustizia e attraverso di lei parlano tutte le donne che si ribellano all’obbedienza nei confronti dei clan per amore dei figli. In alcune parti del brano si possono ritrovare alcuni eventi riferiti alla vita di Lea Garofalo. Simbolo, suo malgrado, della lotta di ogni donna nei confronti di tutte le mafie.le donne che si ribellano all’obbedienza nei confronti dei clan per amore dei figli. Ispirato alle vicende di Lea Garofalo. Simbolo, suo malgrado, della lotta di ogni donna nei confronti di tutte le mafie.

OMBRE di e con Antonio Torino. Regia Angela Rosa D’Auria

Un uomo è come una città, ma se la città parlasse come un uomo? Se raccontasse delle sue strade, dei suoi monumenti, dei suoi parchi, delle finestre, delle case, dei luoghi più interni, poco frequentati, delle sue periferie buie e solitarie di cui essa stessa può aver timore? Ognuno di questi luoghi significano un ricordo, un sentimento, un’ora potente della vita, della nostra vita. Il pubblico/visitatore incontrerà l’unico abitante di questa città, sotto la luce della luna creatrice di ombre misteriose.
La drammaturgia inedita è stata scritta pensando a un racconto di Dino Buzzati, intitolato “La città personale”.

SPECCHIO di Patrizia Di Martino, con Vincenzo Coppola. Regia, scene e costumi Vittorio Passaro

Nell’Italia fascista, un giovane ragazzo benestante è in conflitto con la sua sessualità e con tutta la famiglia di appartenenza mussoliniana. Si confronta con il suo corpo che sente estraneo, si osserva ogni giorno nudo allo specchio, si guarda si tocca, si nasconde il membro, non si piace. Ogni giorno si affaccerà allo specchio, si truccherà, si struccherà, la sensazione è che non si piacerà mai. Uno scontro con sé stesso e contro le idee social politiche educative impostagli da piccolo, che lo farà crescere, ribellare e conquistare la propria libertà vivendo eccessi, estremizzando tutta la propria vita e le proprie scelte fino alla fine.

La zuppa ‘e suffritto, o zuppa forte.

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Ricetta tipica della tradizione napoletana, che diventa più piccante man mano che il clima diventa più rigido.

La zuppa forte, meglio conosciuta come la zuppa di soffritto, o in dialetto napoletano la zuppa ‘e suffritto, è una ricetta tipica della cucina napoletana. Il soffritto è una ricetta della tradizione che si può gustare da sola come piatto principale. Molto spesso la zuppa forte viene utilizzata come condimento per la pasta come i bucatini o gnocchi. Molto buona mangiata anche sul pane.

Il soffritto viene venduto in macellerie tipiche a Napoli, ma è una ricetta tipica della cucina di tutta la regione Campania.
Giovanni Iorio, maccellaio di terza generaione ed insegnante della Federcarni ci spiega come va preparata. L’ingrediente principale sono le frattaglie sia di bovino che di maiale, come il polmone, reni, cuore, milza, scarti carnei, cotenne, lardo. Una volta che abbiamo terminato la preparazione della carne, la caliamo nella sugna bollente. E’ proprio dall’azione del soffriggere la carne che la zuppa prende il suo nome. La tradizione prevede che si soffrigga la carne nella sugna, ma come ci spiega Giovanni Iorio, le macellerie più attente alle tendenze alimentari, alleggeriscono la pietanza realizzando un soffritto più leggero, senza sugna.

Una ricetta della cucina del recupero

Seguendo sempre la ricetta tradizionale, sfumiamo con del vino rosso, e si aggiungerà un ramoscello di rosmarino. Peperoncino a pezzetti, foglie di alloro, salsa di pomodoro e sale. Il tempo di cottura della carne generalmente è di circa due ore, avendo cura di allungare con un po’ d’acqua se la zuppa si rapprende troppo.

La zuppa di soffritto, detta anche zuppa forte per via del piccante del peperoncino, è un piatto assolutamente invernale di antichissima tradizione. E’ una ricetta diffusa in un tutta la regione Campania, e come per il ragù anche di questa ricetta esistono moltissime varianti. Come molte ricette regionali anche questa fa parte della cucina del recupero, nata dall’esigenza di utilizzare tutte le parti degli animali macellati.

Lino Volpe in anteprima al Teatro Sannazzaro con Jazz Story

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Lino Volpe con Jazz Story “Le avventure di Tony Monten” in scena al Teatro Sannazaro di Napoli il 30 novembre 2021

Jazz Story, uno spettacolo intrigante che ripercorre la storia del jazz, attraverso le rocambolesche avventure del fantomatico Tony Monten. Jazz e teatro, in un allestimento che a tempo di swing, trascina il pubblico nel cuore della musica americana.

In anteprima assoluta lo spettacolo andrà in scena il 30 novembre 2021 al Teatro Sannazzaro. Lino Volpe è contemporaneamente ideatore, autore e interprete di Jazz Story “Le avventure di Tony Monten”. Ma Lino non sarà solo sul palco del Teatro Sannazaro di Napoli, con lui ci saranno il sassofonista Gianni D’Argenzio e il chitarrista Pietro Condorelli. Entrambi i musici eseguiranno rigorosamente dal vivo capolavori del jazz.

Per Jazz Story uno spettacolo divertente che racconta la storia del jazz

Tony, il personaggio di Jazz Story, è un impresario artistico, vulcanico e sentimentale. Di origine siciliana ma nato a New Orleans, noto per essere uno dei più grandi organizzatori della scena jazzistica americana. Tony però è noto anche per essere ricercato dalla Polizia, dai creditori, e dalle sue 3 mogli, in tutti gli Stati Uniti. Da Armstrong, ad Al Capone, dalla Chicago degli anni 20, alla New York di Duke Ellington, in un continuo susseguirsi di aneddoti divertenti e appassionanti Tony si racconta e racconta la storia del jazz.

“Questo spettacolo mette insieme le mie due grandi passioni, il teatro e il jazz” spiega Lino Volpe. “Da tempo riflettevo su un testo teatrale nel quale raccontare l’epopea del jazz, un genere musicale, ma anche un modo per incontrare personaggi ormai divenuti mitici, come Armstrong, Glenn Miller, Charlie Parker, frammenti di una storia apparentemente lontana, ma che invece appartiene di fatto, al nostro orizzonte storico e culturale”. 

Una particolarità dello spettacolo i disegni dell’illustratrice Silvana Orsi

I disegni animati e le proiezioni sono state affidati all’illustratrice Silvana Orsi, che ha curato, tra le altre cose, il documentario Bird Lives! Story, dedicato al sassofonista Charlie Parker.

Nel solco del genere di Volpe, anche questo è un monologo, intervallato e sostenuto dall’elemento musicale. In Jazz Story poi, la musica concorre con il suo paesaggio sonoro a definire le atmosfere storiche nelle quali si svolge la vicenda narrativa. Atmosfere che ci conducono nella New Orleans, del quartiere a luci rosse di Storyville, passando per la Chicago degli anni 20, popolata da gangster, e immersa in pieno periodo proibizionista, e arrivando sino alla New York decadente del be bop.

“Per delineare i tratti di Monten ho lavorato a lungo”, continua l’artista napoletano. “Alla fine ne è uscito un personaggio controverso, ironico, sentimentale, ma allo stesso tempo una canaglia in grado di truffare anche il suo migliore amico. Mi sono a lungo soffermato sulla costruzione sonora del suo linguaggio, finendo per approdare in uno slang, nel quale convivono, le sue radici siciliane, una parlata a metà tra Donnie Brasco e i Soprano”.

“La colonna sonora, contiene capolavori del jazz, brani di Duke Ellington, Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Thelonius Monk, ma anche pezzi famosissimi, come In The Mood, e Lover man”.

In Jazz Story gli appassionati di jazz troveranno spunti, annotazioni e citazioni, i neofiti, troveranno uno spettacolo brillante, una storia divertente, che attraverso la vita del favoloso Tony Monten, li accompagnerà in retroscena e aneddoti pieni di pathos e umanità. Lo spettacolo sarà il 15 e il 16 gennaio 2022 al Teatro Villoresi di Monza.

Diciamo NO alla violenza sulle donne, diciamo NO alla violenza di genere

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A volte basta poco per cambiare le cose, a volte basta semplicemente parlare. L’importante è però che a parlare siano le persone giuste.

A volte la cassa di risonanza mediatica fa troppo rumore per capire esattamente il contenuto del messaggio. Spesso teniamo la televisione o la radio accese per compagnia, ma senza prestare troppa attenzione ai programmi stessi che stiamo seguendo. Devo anche dire che purtroppo molti programmi quotidianamente mostrano normale quello che normale non è. Nei talk show non si parla più bensì si urla, nei programmi di intrattenimento siamo soventi spettatori di attacchi verbali tra gli stessi protagonisti. Nei luoghi dove si pratica la politica, la cosa non cambia di molto: urla, insulti, qualche minaccia a volte più velata altre volte meno.

Insomma il tanto decantato fairplay, il bon ton, il politically correct, semplicemente il vivere civile è sempre più lontano dalle scene e sempre meno in voga. E anche quando si pensa di promuovere una legge che almeno ci induca a riflettere prima di parlare, questa prontamente viene bocciata.

Allora mi domando perché in tutto questo marasma di violenza, se mio marito mi urla contro io devo dire di no! E’ normale ho sbagliato, deve urlami contro perché così fan tutti. E invece non è normale, nulla di tutto questo è normale. Ma siccome oggi chi urla di più ha ragione tutti urlano, anche chi forse la ragione c’è l’ha per davvero, con il risultato che non sentiamo più nulla.

Noi di IDN – Itinerari di Napoli da sempre raccontiamo e promuoviamo il territorio di Napoli e della Campania. Un territorio bellissimo con un’infinità di cose da offrire ma che nel suo interno racchiude, talvolta anche mettendole bene in evidenza, delle storie che non devono più essere raccontate, che devono smettere di esistere.

Sono le storie delle donne maltrattate all’interno delle loro stesse famiglie. Sono le storie delle bimbe abusate. Ma sono anche le storie di quegli esseri umani uomini o donne che per i motivi più biechi e stupidi vengono vessati e maltrattati e, violentati quotidianamente nel loro essere persone.

Noi di IDN con gli amici di sempre tra i quali Danilo Rovani e Cosimo Alberti con cui abbiamo avuto il piacere di realizzare il cortometraggio tratto dalla storia di cronaca di Ciro e Mariapaola. Con Lello Giulivo, Titti Nuzzolese, Margherita Romeo e ancora con chi quotidianamente lavora per migliorare i luoghi in cui viviamo come la consigliera e già assessore di Napoli Alessandra Clemente e l’assessore al turismo e alla cultura di Pozzuoli Stefania De Fraia, tutti insieme abbiamo voluto dire no alla violenza sulle donne, no alla violenza di genere.

Abbiamo voluto dire un no forte ma a bassa voce con educazione come si dovrebbe parlare nelle famiglie, guardandoci negli occhi. Un no che vuole avere il valore di un abbraccio dato da un amico che ti vuole dare la forza di reagire, di dire no, di chiedere aiuto per liberarti dalla violenza che ti opprime. Per dire a tuo padre, tuo figlio, tuo marito, non ci si comporta così ci vuole rispetto. Bisogna parlare e parlarci.

Per questo abbiamo voluto girare questo spot con gli amici di sempre, perché non sono solo i nostri amici, ma sono gli amici di chi ci guarda da casa, sono i milioni di telespettatori che la sera guardano Cosimo ad un posto al sole o Lello o Titti nelle loro soap e film. Per questo abbiamo voluto girare uno spot con primi piani strettissimi, perché immaginiamo che tra queste persone magari ci starà guardando qualch’uno dal suo cellulare tenuto stretto in mano, in un angolo della sua casa, una persona che magari sta cercando la forza di reagire, il modo per salvarsi.

Cari lettori e cari colleghi, lo spot è libero potete scaricarlo e condividerlo. Non abbiamo messo marchi o segni distintivi proprio perché lo possiate condividere e far vedere al maggior numero di persone, perché il messaggio possa arrivare a chi ne effettivamente bisogno

Il tradimento è nel silenzio

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locandina io ed emma

In occasione della “Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, la regista Valentina Cognatti ci presenta lo spettacolo “Io ed Emma”, in scena al teatro Bolivar il 25 novembre

intervista a cura di Maria Rosaria Marcelli –

“Il tradimento è nel silenzio. Soprattutto in quello di chi, standoci accanto, vede e decide di non parlare”. Quando ascolto le parole di Valentina Cognatti devo ancora assistere allo spettacolo “Io ed Emma”, scritto e diretto da lei, in scena giovedì 25 novembre al teatro Bolivar, ma si materializza nella mia gola un nodo e capisco subito che sarà una telefonata emozionante.

Manca ancora qualche giorno al debutto napoletano della Compagnia di Cerveteri nel teatro del quartiere Materdei che sta facendo parlare di sé per la qualità e l’estrema varietà dei contenuti proposti oltre che per l’affluenza di pubblico, e la direttrice artistica della Margot Theatre, accetta di raccontarsi.

In occasione della “Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, ognuno sente a modo proprio di poter fare qualcosa, esprimendosi come può. E, forse, la curiosità e l’attesa nate intorno al testo della Cognatti derivano da un carattere forte che riesce a farsi notare tra le infinite proposte ed iniziative che si affollano su questo delicato tema.

La storia della Compagnia Margot Theatre nasce a Cerveteri nel 2015…

Inizialmente era una scuola di teatro, poi siamo diventati una Compagnia ed in seguito anche un’associazione. Con il tempo è aumentato il numero delle classi e abbiamo realizzato produzioni con il sostegno del Comune. Sono sempre stati due gli obiettivi principali della Margot Theater: l’alta formazione teatrale e una funzione sociale imprescindibile.

Portiamo in scena i classici ma soprattutto le problematiche legate al rapporto tra “l’io e l’altro”. Personalmente, credo molto nel valore della pedagogia e dell’educazione per arrivare ad un’umanità e l’arte è l’unico terreno veramente neutrale nel quale tutti possono sentirsi uguali e sviluppare un’empatia.

Da dove arriva l’ispirazione per la scrittura di “Io ed Emma”? E quanto sono stati lunghi i tempi di metabolizzazione?

“Io ed Emma” nasce da una mia esigenza profonda. Questa ribellione alla violenza parte da lontano e per questo mi sono occupata in passato anche di bullismo e delle sue cause, non solo dal punto di vista delle vittime del fenomeno ma ricercando l’origine del comportamento dei bulli. La violenza sulle donne, che troppe volte sfocia nella platealità e nell’atrocità del femminicidio, più che viverla in modo diretto mi è passata accanto, non solo con i fatti di cronaca, ma con le esperienze di persone a me vicine.

La scrittura mi ha presa tre mesi che è relativamente poco. Avevo già tutto in testa e le testimonianze che ho raccolto nella vita le ho inserite in modo naturale all’interno del mio racconto teatrale.

Lo spettacolo s’incentra sul dialogo tra una madre e una figlia che si reincontrano. Cosa sarebbe cambiato se sulla scena ci fosse stato un figlio maschio?

Sinceramente non ne ho idea. Non riesco ad immaginarlo perché per scrivere questo testo è stato fondamentale essere donna! Sono partita da me, quindi forse non avrei saputo fare diversamente. Nella nostra storia, inoltre, la figlia è incinta e dunque il confronto diventa fra due madri, per necessità un dialogo al femminile.

Qual è la cifra specifica di “Io ed Emma”?

L’autenticità del testo e dell’interpretazione. Tutti, da me agli attori, sentiamo molto forte la responsabilità di trattare questa tematica. Non lo viviamo “solo” come uno spettacolo. E in più, il copione non resterà sempre uguale a se stesso. Evolverà un pochino nel tempo proprio perché io possa riconoscerlo sempre come parte di me, come avviene con ogni testo che scrivo.

Il cast di sole donne è solo una coincidenza (anche nel resto dello staff si nota una quota rosa predominante)?

È solo un caso, ovviamente. Io lavoro molto bene con gli uomini di cui apprezzo tantissimo un certo senso pratico e alcune dinamiche meno contorte. La quota maschile della nostra Compagnia è particolarmente ben voluta. Certo, per i contenuti di cui ci occupiamo la sensibilità e l’intesa femminile fanno la loro parte.

Non conosciamo ancora quali saranno le rivelazioni e le emozioni che scaturiranno da quest’incontro madre/figlia. Il peso della violenza non sarà tanto nella verità svelata quanto nel non detto…

Madre e figlia dialogheranno con un’alternanza di parole e di silenzi, non meno eloquenti, e arriverà il momento della confessione. In realtà, si tratta di fatti più che altro “dimenticati” per sopravvivenza. Tutti noi tendiamo a fuggire dal dolore perché ci spaventa e anche quando cogliamo dei segnali chiari proviamo a respingerli.

Affrontare ciò che ci fa male implica il superamento di noi stessi e il raggiungimento dell’altro: una strada difficile. Ecco, il “mio” teatro si basa “sull’altro” e non “sull’io”. Diversamente, per me, non avrebbe senso. Esattamente come nella vita.

Paese Mio Bello #Suite Napoletana 2

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Nella Chiesa di Sant’Agostino degli Scalzi, a Materdei, sabato 20 novembre il nuovo concerto di Paese Mio Bello.

Paese Mio bello torna dopo il lungo periodo di assenza dalle scene causa pandemia con un concerto nella chiesa di Sant’Agostino degli Scalzi a Materdei. Con Gianni Lamagna cantano Lello Giulivo, Patrizia Spinosi e Anna Spagnuolo, mentre Michele Bonè e Paolo Propoli sono alle chitarre.

La scelta di ripartire dal quartiere Materdei, spiega Gianni Lamagna, vuole sottolineare l’entusiasmo della ripresa. Proprio a Sant’Agostino degli Scalzi infatti si è tenuto nel 2019 il primo concerto di Paese Mio Bello e, per chi non lo sapesse, Materdei è il quartiere nativo sia Lello Giulivo che Gianni Lamagna.

Suite Napoletana 2. Prosegue la ricerca dei canti di tradizione

Paese Mio Bello nasce come omaggio alla famosa raccolta dei canti registrati dalla Washington University degli immigrati italiani trasferiti in America. Nel primo disco tratto dal concerto del 2019 il sottotitolo era “L’Italia che cantava e canta” perchè abbracciava la tradizione dei canti popolari da nord a sud. Nella tracklist di diciannove brani troviamo “Suite Napoletana” come omaggio alla tradizione campana.

Il nuovo concerto vuole approfondire la tradizione dei canti popolari della Campania, per questo il titolo di questo concerto è “#Suite Napoletana 2”. Gianni Lamagna, con Lello Giulivo, Patrizia Spinosi e Anna Spagnuolo hanno voluto porre maggiormente l’attenzione sulle tradizioni della loro terra natia, prendendo i brani più significativi dei nostri luoghi, ed in particolare della zona vesuviana. Il brano di apertura del concerto sarà infatti l’intermezzo della Cavalleria Rusticana. Intermezzo a cui sono state aggiunte le parole tratte dalla più autentica trazione popolare campana ed in particolare della zona vesuviana.

I vini della Campania fra storia e dati ISTAT

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Aumenta la produzione dei vini DOC, ma i dati sull’esportazione sono disarmanti. Per Nicoletta Gargiulo, presidente AIS Campania, il problema è una mancata comunicazione.

La tradizione vitivinicola in Campania è antichissima e si è sempre distinta per la qualità. All’epoca di Cesare Augusto i romani erano soliti parlare dei vini della Campania come “il vino degli imperatori”. Assieme al Falerno, nella Roma antica, erano molto apprezzati il Greco, il Faustiano ed il Caleno, che venivano prodotti principalmente nelle zone di Pompei, Nola e Capua.

Nei primi anni del 900 la Campania, con i suoi vini era la prima regione d’Italia sia per quantità di produzione che di qualità. Erano molti infatti gli stabilimenti in Europa che utilizzavano il vino campano come vino da taglio.

Napoli, dopo Vienna, la città più vinificata in Europa

Ancora oggi la produzione di vino in Campania è una produzione di eccellenza. La sola città di Napoli risulta essere, dopo Vienna, la città maggiormente vinificata in Europa, riuscendo a coltivare viti a piede franco. E’ da sottolineare che la coltivazione della vite a piede franco è una rarità nel mondo della viticultura. Questo modo particolare di coltivare la vite avviene a Napoli grazie alla particolarità del terreno vulcanico.

Tutto questo stride con la fredda lettura dei dati ISTAT relativi all’esportazione del vino Campano. I vini della Campania sono nelle ultime posizioni per volumi di esportazione in ambiente internazionale, rispetto ai vini delle altre regioni d’Italia. Se poi paragoniamo i dati di esportazione sullo stesso territorio nazionale scopriamo che i vini della Campania non entrano neanche in classifica, perdendosi nella voce “altre produzioni”

Nicoletta Gargiulo: “Le nostre aziende troppo piccole per soddisfare le esigenze della grande distribuzione. Bisogna comunicare l’alta qualità del nostro prodotto vinicolo”

Abbiamo chiesto una riflessione su questo contrasto alla sommelier Nicoletta Gargiulo, Presidente AIS Campania, che evidenzia in due fattori il motivo la poca capacità di esportare il nostro vino. Il primo fattore che penalizza l’esportazione dei vini della Campania risiede nelle dimensioni delle aziende vitivinicole. Oggi le aziende vitivinicole campane sono perlopiù piccole aziende a conduzione famigliare, che realizzano piccole produzioni che poco si addicono alle esigenze di grandi volumi richieste dai segmenti della GD e GDO. Se però il problema delle piccole produzioni può diventare un valore di forza vista l’alta qualità delle stesse, il problema serio è l’incapacità delle cantine della Campania di comunicare il prodotto.

Le cantine della Campania, sono perlopiù sono piccole realtà che non fanno rete tra loro e fanno fatica ad approcciare il mercato in maniera critica. Infatti un piano comunicativo capace di presentare in maniera soddisfacente sia dentro che fuori i confini nazionali il prodotto è generalmente appannaggio di grandi aziende o gruppi organizzati.

Itinerari di Napoli racconta i vini della Campania ed i loro produttori

IDN – Itinerari di Napoli, che da sempre racconta il territorio, inizia oggi un viaggio che racconterà le cantine campane ed i vini della Campania. Stiamo raccogliendo le storie dei produttori e dei loro vitigni, scoprendo come nascono i vini della Campania che sono comunque un prodotto di prima eccellenza. Tra le prime cantine che saranno raccontate ci sarà la Cantina dell’Averno della famiglia Mirabella che affaccia proprio sul lago d’Averno e le Cantine Carputo entrambe della zona dei Campi Flegrei. Sarà poi la volta della famiglia vesuviana Sorrentino, viticoltori sul Vesuvio da tre generazioni e unici produttori dello spumante Lacryma Christi del Vesuvio.

La mossa del Gatto di Sonia Sacrato

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Alla libreria del Vomero “IoCiSto” Roberta D’Agostino e Martin Rua hanno presentato il nuovo libro dell’autrice Sonia Sacrato

Sabato 6 novembre alla libreria del Vomero “IoCiSto” Roberta D’Agostino con Martin Rua hanno presentato al pubblico di Napoli la scrittrice padovana Sonia Sacrato, e noi l’abbiamo intervistata per voi.

Sonia Sacrato è nata e vive a Padova. Innamorata di Torino da sempre, è venuta a Napoli per la prima volta proprio in occasione della presentazione del suo libro. Sonia, appassionata di storia e di musica, ama spesso intrecciarle alle trame in cui talvolta riporta in vita storie dimenticate.

Ha pubblicato diversi racconti in antologie e riviste online. “Governante” full-time dei Kiss, tre gattoni nati per delinquere, ma anche fonte costante di ispirazione, nel tempo libero viaggia spesso in compagnia di una coccinella di peluche che le fa da travelblogger.

Oggi è in edicola il suo nuovo libro “La mossa del gatto” edito da Newton Compton Editori, che ha già avuto il sostegno della critica e l’approvazione del pubblico. La mossa del gatto, una vecchia casa da svuotare. Una soffitta che nasconde dei segreti. Un passato che torna a galla.

sololibri.net recensisce il libro di Sonia con queste parole “Un libro avvincente, un giallo classico scritto con una prosa fresca e pulita”. Noi dopo avere letto il libro di Sonia Sacrato tutto di un fiato possiamo solo che confermare che un grande giallo!

La mossa del gatto. Le vecchie case raccontano storie, e a volte segreti inconfessabili

22 novembre 1956: le acque del Piave restituiscono il corpo della giovane Virginia. Nonostante dei lividi sospetti sul suo corpo, il medico legale certifica la morte per annegamento. L’ipotesi di omicidio è messa da parte dopo avere ascoltato la sorella della vittima e il caso viene archiviato come suicidio.

Sessant’anni dopo. Cloe – una giovane insegnante di storia dell’arte – non riesce a dire di no alla richiesta della madre che vuole il suo aiuto per svuotare la vecchia casa della nonna, Clotilde, morta da poco. Lascia quindi Alba in compagnia di Pablo, il suo gatto, alla volta di Vas, in Veneto. Cloe non ha bei ricordi legati a Vas, né alla nonna: è decisa a tornare ad Alba prima possibile. Ma il paesino ha delle sorprese in serbo per lei. Una triste storia che riguarda la sorella della nonna, che Cloe ignorava.

Un incontro con qualcuno che, da piccola, le ha fatto battere il cuore. Ma soprattutto soffitte che celano misteri e che accendono in lei un irrefrenabile desiderio di sapere. Aiutata da un carabiniere in pensione e dall’inconsapevole ma decisivo gatto, Cloe si lascerà travolgere da un’indagine che la porterà a scoperte davvero inaspettate.

“Le Signore”, le donne e i cliché dell’emancipazione

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Margherita Romeo e Sarah Paone al Teatro TRAM con “Le Signore” per la drammaturgia di Roberto Del Gaudio

Da giovedì 4 a domenica 7 novembre 2021, nella sala di via Port’Alba andrà in scena “Le signore”, per la drammaturgia di Roberto Del Gaudio e interpretate da Margherita Romeo e Sarah Paone.

La comicità surreale di Del Gaudio sarà l’occasione per offrire uno sguardo sul mondo femminile. Un mondo che, nonostante uno sfacciato sfoggio di emancipazione, sembra ancora dipende dalla controparte maschile. La regia è una ripresa di Ludovica Rambelli e Victoria De Campora, e il testo è una fotografia impietosa dei cliché legati all’emancipazione femminile.

Il testo più che mai attuale parla di uomini, certamente, ma parla anche di carriera, raccomandazioni, contraddizioni della società contemporanea e anche di temi attualissimi come, ad esempio, le nuove regole del post-pandemia.

In un bar, tra numerosi clienti ma nessun barista, due donne si riconoscono, fingono di non vedersi, si scrutano poi si salutano, si avvicinano. Sono Ester Mattone e Dorella De Sebo. La prima è giornalista e critica del cinema e della tv. La seconda è una assistente universitaria alla cattedra di filosofia morale. Iniziano la loro conversazione, fitta, impegnata o con la presunzione di essere tale, piena di quegli argomenti necessari ad una valida discussione intellettuale.

Le signore con i suoi toni esilaranti mette in evidenza l’incoerenza dei luoghi comuni sul mondo femminile

I toni sono assurdi ed esilaranti, proprio per quell’assurdità che in un primo momento si percepisce come semplice discorso quotidiano e che distorce poi la parola e il senso comune. Aspettano entrambe Giovanni, barista giovane e prestante che non si presenterà mai. Lo attendono come le amanti abbandonate aspettano il ritorno di Don Giovanni ma anche forse come Vladimiro ed Estragone attendono Godot.

E in questa attesa si apre uno squarcio agghiacciante su un mondo femminile dipendente dalla controparte maschile. Un mondo in perenne attesa, quasi che un arrivo possa rappresentare la salvezza (nonostante uno sfacciato sfoggio d’indipendenza ed emancipazione).

“L’occasione, non si sa se abituale o casuale, vale a raccontarsi reciprocamente, a interrogarsi, a disporsi per una pioggia reciproca di luoghi comuni, di delusioni, di entusiasmi, di confessioni, tutti al sapore del consumo del pomeriggio o della sera che si è scelto o costretto di trascorrere insieme, seppure in perfetta solitudine – ha spiegato Del Gaudio -.

Due attrici che ci mostrano quanto la dualità non possa ormai più contrapporsi al destino dell’isolamento assoluto, che ci lasciano scrutare quanto la presenza di un altro, la sua compagnia, non sia che un altro iPhone spento col quale sia impossibile comunicare, un altro ripetitore televisivo con il quale non si possa che reiterare le istanze propugnate dalle reti pubbliche e private. Una piccola umanità di ripetitori virtuali, di amplificatori seriali, rappresentata da due donne radical poco chic di oggi, in un lancio epistemologico senza paracadute. Però le Signore son contente, e tanto basta, del loro stesso consapevole e inconsapevole declino comico e tragico”.

Le Signore al Teatro TRAM

Andrea Sannino è Carosone al Teatro Augusteo

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Al Teatro Augusteo di Napoli Andrea Sannino interpreta “Carosone, l’americano di Napoli”. Testo e direzione artistica di Federico Vacalebre e regia di Luigi Russo. Al Teatatro Augusteo di Napoli da venerdì 5 a domenica 14 novembre.

Al Teatro Augusteo di Napoli, da venerdì 5 a domenica 14 novembre 2021, Andrea Sannino, nel ruolo di Carosone, sarà protagonista con lo spettacolo “Carosone, l’americano di Napoli”. Il musical, in scena nel centenario della nascita del grande Maestro, ma sospeso causa restrizioni, torna finalmente a teatro. Testo e direzione artistica di Federico Vacalebre, biografo ufficiale del cantapianista, e con la regia di Luigi Russo.

In scena con Andrea Sannino anche Raffaele Giglio, Giovanni Imparato, Claudia Letizia, Geremia Longobardo e Forlenzo Massarone.

C’era una volta l’americano di Napoli, c’era una volta un Maestro armato di sorriso, c’era una volta una canzone travestita da commedia all’italiana, o forse era il contrario. “Carosone, l’americano di Napoli” è un musical verace, ma internazionale. Uno spettacolo retrò, ma moderno, costruito intorno all’attualità della lezione del Maestro di “Torero”, di cui nel 2020 è caduto il centenario della nascita.

Federico Vacalebre ha ripreso il suo musical di successo e l’ha rivisto senza tradirne gli assunti di partenza, che rendono lo show un viaggio al termine di uno stile, di un suono, di un’arte nazionalpopolare, eppure veracissima.

Andrea Sannino interpreta Carosone

Una compagnia teatrale con band e DJ in scena e con un corpo di ballo electroswing. Gli arrangiamenti musicali sono di Lorenzo Hengeller.

Una compagnia teatrale giovanissima, con band e DJ in scena, con un corpo di ballo electroswing, interpreta la storia del più moderno dei musicisti italiani, dei suoi complici Gegè Di Giacomo e Peter Van Wood, del suo amico Fred Buscaglione, di maggiorate di altri tempi pronte a ballare come novelle ‘Maruzzelle’.

Gli arrangiamenti musicali sono di Lorenzo Hengeller. Remix di Gransta MSV. Coreografie di Ferdinando Arenella. Scenografie di Massimiliano Pinto. Costumi di Antonietta Rendina. Disegno luci di Gianluca Sacco. Suono di Daniele Chessa.

Il Complesso Carosone è formato da Vincenzo Anastasio (Sax e clarino), Gaetano Diodato (Contrabasso), Luigi Patierno (Sax), Pino Tafuto (Pianoforte), Roberto Funaro (DJ).

Il corpo di ballo delle ‘Maruzzelle’ e dei ‘Sarracini’ è composto da Paolo Anzaloni, Gianluigi Cacciapuoti, Chiara Campochiaro, Federica Mosca, Francesco Sabella, Raffaele Siciliano, Marialucrezia Sorgente, Luca Squadritti, Lorena Zinno.

E’ una produzione Gestione Attività Teatrali di Roberta Starace e Giuseppe Caccavale, con la partecipazione del teatro Trianon Viviani.

band con dj e corpo di ballo

Andrea Sannino dalla musica alla televisione, dal teatro al cinema, si consacra come giovane talento partenopeo.

Andrea Sannino interprete di Renato Carosone sia come attore sia come cantante. Ad aprile 2021, infatti Andrea diventa Renato Carosone, nel musical e anche cantante nel cd dedicato al grande artista. Un cd per ricordare musicalmente Renato Carosone. L’album raccoglie le canzoni più significative di Carosone, l’americano di Napoli, l’edizione speciale del fortunato musical – scritto dal giornalista Federico Vacalebre, per la regia di Luigi Russo – che racconta la storia del grande musicista napoletano. Riparte dal 5 novembre 2021 dal Teatro Agusteo di Napoli

Sannino così si consacra come un artista versatile. Negli ultimi anni Andrea vive un’escalation il suo percorso artistico. La canzone simbolo del lockdown, Abbracciame, con oltre 50mila views e un Disco D’Oro. Ma anche attore nella serie storica “Un posto al sole”, e interprete di tre brani in altrettanti film nazionali e molto altro.

Andrea sta dimostrando di mantenere fede alla sua vera natura di cantante napoletano, nel valorizzare la storia e la cultura partenopea, oltre ad essere un artista versatile, molto stimato nel mondo della musica, del cinema e del teatro.
In ultimo è stato anche ospite della cena di gala a sostegno dei progetti della Andrea Bocelli Fondation, dove c’erano molte eccellenze campane come Salvatore Esposito, Peppino di Capri e Cannavaro e dove Andrea si è esibito davanti al grande tenore.

Il 23 settembre invece è uscito nelle sale cinematografiche il film di Alessandro Siani “Benevenuti in casa Esposito “ dove la colonna sonora è di Andrea Sannino, dal titolo Ciento Rose, scritta insieme ad Alessandro Siani, Mauro Spenillo e Pippo Seno.
Anche nei film di Natale ci saranno altri due brani realizzati e cantati da Andrea, Il primo, dal titolo “Chi ha incastrato Babbo Natale” sarà il film di Alessandro Siani e Christian De Sica e l’altro, dal titolo “Belli ciao” di Pio e Amedeo. Sempre nel 2021 Andra Sannino chiude il fortunatissimo programma, su Canale 5, di Pio e Amedeo.

andrea sannino