venerdì 27 Dicembre 2024
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Museo Archeologico Nazionale Napoli

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Museo Archeologico Nazionale Napoli L'immagine mostra la statua del Toro Farnese, collocata all'interno
L'immagine mostra la statua del Toro Farnese, collocata all'interno del Museo Archeologico Nazionale Napoli

Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli vanta un ricco repertorio di opere d’arte che rivestono notevole interesse archeologico. Nel 1777, il re Ferdinando IV decide di utilizzare il Palazzo degli Studi come sede del Museo Borbonico e della Real Biblioteca. Il progetto dei Borbone era quello di riunire in un unico complesso la ricca collezione Farnese e i numerosi reperti venuti alla luce a Pompei ed Ercolano. I lavori di ampliamento per convertire il Palazzo degli Studi in un museo sono affidati a Ferdinando Fuga e, alla sua morte, a Pompeo Schiantarelli, il quale aggiunge un piano e un emiciclo sul retro. I lavori di ristrutturazione proseguono anche nell’Ottocento ed è Pietro Bianchi a completare l’edificio con l’ampliamento della parte nord orientale e la sistemazione della statua di Ferdinando I in una nicchia al centro dello scalone. Nel 1801, la Real Biblioteca di Napoli è aperta al pubblico mentre durante il decennio francese si inaugurano le prime collezioni del Museo Reale. Nel 1816 il museo è inaugurato con il nome di Real Museo Borbonico e nel 1860, con l’unità d’Italia, diventa proprietà dello Stato e muta la sua denominazione in Museo Nazionale. Nel XIX secolo, il museo si arricchisce di collezioni private e di reperti rinvenuti duranti gli scavi. I trasferimenti della Biblioteca nel Palazzo Reale di Napoli e della Pinacoteca nel Museo di Capodimonte conferiscono al museo l’attuale fisionomia di Museo Archeologico, che diventa sede delle collezioni di antichità. Il Museo Archeologico Nazionale è suddiviso in varie sezioni tematiche e conserva opere databili dall’età preistorica alla tarda antichità. Il percorso porta il visitatore a scoprire la galleria dei marmi arcaici, dei grandi maestri, la collezione epigrafica, egizia, numismatica, i mosaici e tanto altro. Una sosta merita la collezione Farnese che comprende la collezione di gemme e statue come l’Ercole Farnese e il gruppo scultoreo del Toro Farnese.

Location del film Viaggio in Italia di Rossellini è il Museo Archeologico Nazionale.

Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco

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La Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco è conosciuta per il culto delle anime pezzentelle
La Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco è conosciuta per il culto delle anime pezzentelle

Il complesso museale di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco si trova lungo il Decumano Maggiore, nel cuore del centro antico della città. La barocca chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco, chiamata la chiesa de “e’ cape e morte”, è dedicata al culto delle anime del Purgatorio. Infatti ogni parte del complesso monumentale (la chiesa, l’Ipogeo, il museo dell’Opera e l’archivio) è un rimando al culto dei defunti. Il culto delle “anime pezzentelle” è la cura dei resti dei defunti di identità sconosciuta, le anime “pezzentelle”, che vagano in Purgatorio in cerca dell’alleviamento delle pene: il “refrisco”. La chiesa, dedicata alle anime del Purgatorio, è detta “ad Arco” per la presenza di un arco all’incrocio tra via dei Tribunali, via Nilo e via Atri su cui si ergeva una torre medievale, oggi scomparsa, che accoglieva il Sedile Montagna, cioè il seggio delle istituzioni amministrative del quartiere. Nel 1604 è fondata una confraternita di nobili per raccogliere fondi da destinare alla celebrazione di messe in suffragio dei defunti, ma il successo dell’iniziativa è tale da avere i soldi per commissionare una chiesa, consacrata nel novembre del 1638. La chiesa si articola su due livelli: il primo rimanda alla dimensione terrena, mentre il secondo al Purgatorio. L’interno accoglie opere di Massimo Stanzione, Luca Giordano, Andrea Vaccaro, Dionisio Lazzari, Giacomo Farelli e Girolamo De Magistro. Il Museo dell’Opera, collocato negli ambienti della sagrestia e dell’Oratorio dell’Immacolata, accoglie oggetti legati alle pratiche devozionali, una serie di manoscritti provenienti dall’Archivio Storico dell’Opera Pia Purgatorio ad Arco, dipinti e manufatti, realizzati tra il XVII e il XIX secolo. Poi c’è l’Ipogeo, dove si svolge il culto delle anime del Purgatorio. Lungo le pareti laterali si trovano nicchie, scarabattoli e piccoli altarini. L’Archivio Storico dell’Opera Pia si trova al terzo piano dell’edificio posto alle spalle della chiesa. L’ archivio custodisce circa duemila pezzi tra documenti, fascicoli, registri contabili, miscellanee, cinquecentine e secentine.

La basilica di San Lorenzo Maggiore

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L'area archeologica del complesso monumentale di San Lorenzo Maggiore conserva i resti della città greco-romana e altomedievale
L'area archeologica del complesso monumentale di San Lorenzo Maggiore conserva i resti della città greco-romana e altomedievale

La basilica di San Lorenzo Maggiore fa da set a due pellicole che hanno come protagonista Marcello Mastroianni. In una sequenza di Maccheroni, Antonio Jasiello va a prendere il nipote al catechismo, nei pressi della basilica di San Lorenzo Maggiore. In Stanno tutti bene, Matteo Scuro assiste divertito alle invettive di un pazzo (Leo Gullotta), che minaccia la folla dalla sommità di un palazzo.

Il Complesso monumentale San Lorenzo Maggiore si trova nel cuore del centro antico della città partenopea. La chiesa, costruita su un’area della città greco-romana e paleocristiana, è stata innalzata a partire dal 1270 seguendo uno stile gotico. La basilica di San Lorenzo Maggiore colpisce per il deambulatorio a cappelle radiali, l’abside poligonale, il presbiterio a pilastri polistili, costoloni e volte a crociere.  Vi hanno lavorato artisti come Massimo Stanzione, Tino da Camaino, Cosimo da Fanzago, Francesco De Mura, Colantonio e Simone Martini. Il complesso monumentale di San Lorenzo comprende anche il convento.  Accanto si trova il campanile con i suoi quattro piani e la statua di San Lorenzo. A sinistra dell’androne si accede al settecentesco Chiostro, che emerge tra i resti dell’antico “macellum” e ha al centro un pozzo realizzato da Cosimo Fanzago. Dal chiostro si accede ad altre sale del convento e agli scavi archeologici, che sono i resti della città greco-romana e altomedievale. Importante è anche il Museo dell’Opera di San Lorenzo Maggiore poiché racconta la storia di Napoli dall’età classica sino all’Ottocento. Il complesso monumentale di San Lorenzo Maggiore riveste importanza religiosa, artistica e culturale ma anche storica.

Complesso Monumentale San Lorenzo Maggiore

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Complesso Monumentale San Lorenzo Maggiore

Il Complesso monumentale San Lorenzo Maggiore si trova nel cuore del centro antico della città partenopea.

La chiesa, costruita su un’area della città greco-romana e paleocristiana, è stata innalzata a partire dal 1270 seguendo uno stile gotico. La basilica di San Lorenzo Maggiore colpisce per il deambulatorio a cappelle radiali, l’abside poligonale, il presbiterio a pilastri polistili, costoloni e volte a crociere. Il passaggio dalla zona absidale, più antica, a quella della navata mostra un passaggio da maestranze francesi a quelle locali. Vi hanno lavorato artisti come Massimo Stanzione, Tino da Camaino, Cosimo da Fanzago, Francesco De Mura, Colantonio e Simone Martini. Le pale di questi ultimi due artisti ora sono al Museo di Capodimonte. La facciata è stata ricostruita da Ferdinando Sanfelice.

Il Complesso monumentale San Lorenzo Maggiore comprende anche il convento.

La facciata presenta un portale della seconda metà del Quattrocento, sormontato da un balconcino, disegnato da Lorenzo Vaccaro, e al di sopra sono collocati lo stemma della città e quelli dei sedili, istituzioni amministrative della città.  Accanto si trova il campanile con i suoi quattro piani e la statua di San Lorenzo. A sinistra dell’androne si accede al settecentesco Chiostro, che emerge tra i resti dell’antico “macellum” e ha al centro un pozzo realizzato da Cosimo Fanzago. Dal chiostro si accede ad altre sale del convento e agli scavi archeologici, che sono i resti della città greco-romana e altomedievale.

Importante è anche il Museo dell’Opera di San Lorenzo Maggiore poiché racconta la storia di Napoli dall’età classica sino all’Ottocento.

Il Complesso monumentale San Lorenzo Maggiore riveste importanza religiosa, artistica e culturale ma anche storica. E’, infatti, un contenitore di memorie storiche: luogo di incontro tra Boccaccio e Fiammetta, Petrarca abita nel convento e sempre qui si sono svolte le riunioni del Parlamento del regno mentre il generale Championet proclama nel 1799 la Repubblica Partenopea.

Accademia di Belle Arti a Napoli

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L'immagine mostra l'interno dell'Accademia delle Belle Arti
L'immagine mostra l'interno dell'Accademia delle Belle Arti

L’ Accademia di Belle Arti di Napoli è una delle più antiche d’Italia. L’ Accademia di Belle Arti è ubicata nell’ex convento di San Giovanni, riadattato da Enrico Alvino, il quale riutilizza in parte le strutture preesistenti. I lavori, iniziati nel 1864 da Enrico Alvino, saranno terminati da Giuseppe Pisanti, autore dell’imponente scalone alla cui sommità si apre la biblioteca e la galleria che custodisce opere di molti artisti meridionali dell’Ottocento e dei primi del Novecento. L’idea di trasformare una raccolta in un nucleo permanente di una galleria d’arte moderna, all’interno dell’Istituto, è di Filippo Palizzi. Il fondo esistente è ordinato da Domenico Morelli, il quale viene aiutato da Saverio Altamura. La galleria è stata aperta e chiusa più volte a causa di problemi legati all’umidità, ai lucernari, agli eventi bellici. Il 2005 segna la riapertura al pubblico della Galleria dell’Accademia e la sistemazione definitiva delle opere al suo interno.
La Galleria dell’Accademia di Belle Arti ospita dipinti, sculture e disegni dal XVI al XX secolo, attraverso cui è possibile ricostruire la storia dell’istituzione. La Sala Palizzi riveste particolare importanza per le opere di Filippo Palizzi e dei suoi fratelli.
E’ possibile vedere le opere di artisti della scuola di Posillipo, di pittori francesi e della scuola napoletana come Domenico Morelli, Francesco Saverio Altamura e Gioacchino Toma solo per citarne alcuni. Come esponenti della scultura napoletana si citano, invece, Achille D’Orsi e Vincenzo Gemito.

L’Accademia di Belle Arti è la location di due celebri film di Nanni Loy: Le quattro giornate di Napoli, e Scugnizzi.

Accademia di Belle Arti location di Nanni Loy

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leone all'entrata dell'Accademia di Belle Arti location di Nanni Loy
leone all'entrata dell'Accademia Di Belle Arti a Napoli

Accademia di Belle Arti location di Nanni Loy di due celebri film. Ne Le quattro giornate di Napoli, Nanni Loy filma, sulle scale d’ingresso dell’Accademia di Belle Arti, un marinaio (Jean Sorel) che viene fucilato dai soldati tedeschi, mentre i napoletani sono costretti a inginocchiarsi e ad applaudire durante l’esecuzione. In Scugnizzi un giovanissimo spacciatore di droga finisce per uno scherzo del destino nelle mani della polizia. La scena de Le quattro giornate di Napoli racconta un episodio realmente avvenuto, la fucilazione di un marinaio sulle scale dell’Università  Federico II, sul corso Umberto I. Considerata la difficoltà  di bloccare il traffico in una importante arteria stradale, la produzione del film scelse di girare sulla scalinata dell’Accademia di Belle Arti, architettonicamente molto simile a quella dell’Università .

La Galleria dell’Accademia di Belle Arti ospita dipinti, sculture e disegni dal XVI al XX secolo, attraverso cui è possibile ricostruire la storia dell’istituzione. La Sala Palizzi riveste particolare importanza per le opere di Filippo Palizzi e dei suoi fratelli.
E’ possibile vedere le opere di artisti della scuola di Posillipo, di pittori francesi e della scuola napoletana come Domenico Morelli, Francesco Saverio Altamura e Gioacchino Toma solo per citarne alcuni; invece, come esponenti della scultura napoletana si citano Achille D’Orsi e Vincenzo Gemito.

Piazza Bellini fa da sfondo a Filumena Marturano

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matrimonio all'italiana Sophia Loren interpreta Filumena Marturano
matrimonio all'italiana Sophia Loren interpreta Filumena Marturano

Una scena del film Matrimonio all’Italiana è girata sullo sfondo di Piazza Bellini e di via Costantinopoli.

Una scena del film Matrimonio all’Italiana è girata sullo sfondo di Piazza Bellini e di via Costantinopoli. La sconsolata Filumena Marturano (Sofia Loren) esce dallo studio dell’avvocato, che ha appena sancito l’annullamento del suo matrimonio con don Domenico. Filumena vede la sua immagine riflessa in una vetrina, sorride nel vedersi con il cappello da signora indossato per l’occasione e se lo toglie, per poi gettarlo in un cestino dei rifiuti. Il regista del film Vittorio De Sica, racconta che durante le riprese di questa scena, passava per caso un fattorino con una grande corona di fiori bianchi e rossi.

Colpito dall’impressione che provocava il passaggio di una corona da morto mentre Filumena era intenta a guardarsi nella vetrina, il regista chiese ai suoi segretari di fermare quell’uomo e di fargli ripetere lo stesso movimento con i fiori, in modo da poterlo filmare.

Nonostante avesse fretta di consegnare la corona per una veglia funebre, il fattorino acconsentì, ripetendo più volte il suo passaggio alle spalle di Filumena. Terminate le riprese, De Sica fu avvicinato da un avvocato, il quale dichiarò che quella corona funebre, su cui c’era il suo nome, era destinata a una famiglia di suoi conoscenti. L’avvocato non avrebbe gradito che sullo schermo si fosse letto il suo nome, per paura che un gesto disinteressato e spontaneo fosse interpretato come una ostentazione. “Non dubiti, il suo nome non si leggerà. – lo rassicurò De Sica – E’ soltanto il colore dei fiori che c’interessa”.

Le mani sulla città di Francesco Rosi

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Le mani sulla città è un film diretto dal regista Francesco Rosi
Le mani sulla città è un film diretto dal regista Francesco Rosi

Le mani sulla città, girato nel 1963, è un film del regista Francesco Rosi. Il consigliere ed imprenditore edile Eduardo Nottola ambisce a diventare assessore, per gestire i propri interessi, relativi alla costruzione di un nuovo quartiere. A un mese dalle elezioni crolla uno stabile adiacente al palazzo che la sua impresa, diretta dal figlio, sta costruendo in un vecchio vicolo di Napoli, provocando morti e feriti. L’opposizione di sinistra chiede un’inchiesta sulla speculazione edilizia, che con adeguate manovre viene ridimensionata, risultando così inefficace. Intanto la maggioranza di destra, indebolita dallo scandalo, chiede a Nottola di ritirarsi dalle elezioni. L’imprenditore passa al centro, che vince le elezioni, e viene eletto assessore col sostegno del nuovo sindaco, che avalla il suo piano edilizio, destando l’inutile protesta dell’opposizione e dell’ala progressista del centro.
Set del film Le mani sulla città è l’Hotel Ambassador, il grattacielo di Napoli, in cui è ambientato l’ufficio del costruttore Nottola (Rod Steiger), che in questo film di denuncia diretto da Francesco Rosi diventa il simbolo della speculazione edilizia locale. Il grattacielo, costruito negli anni Cinquanta e la cui mole è visibile da diversi angoli di Napoli, è ricordato anche nel romanzo Ferito a morte dello scrittore Raffaele La Capria, che con Rosi è anche autore della sceneggiatura de Le mani sulla città.

Castel Nuovo detto Maschio Angioino

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Foto del Castel Nuovo comunemente conosciuto come Maschio Angioino a Napoli
Foto del Castel Nuovo comunemente conosciuto come Maschio Angioino a Napoli

maschioCastel Nuovo comunemente conosciuto come Maschio Angioino, è uno dei quattro Castelli napoletani.

Per realizzare Castel Nuovo il re Carlo d’Angiò fece spianare l’area e quanto vi si trovava, compreso un convento francescano, che fu trasferito e che oggi si chiama Santa Maria La Nova. L’imponente Arco di Trionfo fu fatto aggiungere da Alfonso d’Aragona per celebrare il suo ingresso a Napoli. Il castello, col Museo Civico e la Cappella Palatina con affreschi medievali dai quali traspare la scuola di Giotto, è stato il luogo dove si è formata gran parte della storia di Napoli. Al termine del grande scalone nel cortile si trova la Sala dei Baroni, l’immenso salone così chiamato perché furono ospitati, con la scusa di un pranzo, i baroni che avevano cospirato e vi furono uccisi dagli arcieri appostati in alto. Castel Nuovo è un monumento da visitare e “vivere”, prescindendo dalla sua materialità per cogliere i risvolti intimi di un popolo che ha pochi uguali al mondo.

Per la sua posizione strategica, Castel Nuovo, rivestì non solo le caratteristiche di una residenza reale, ma anche quelle di una fortezza chiamato “Castrum Novum”per distinguerlo da quelli più antichi dell’Ovo e Capuano. Durante il regno di Roberto d’Angiò il Castello divenne un centro di cultura dove soggiornarono artisti, medici e letterati fra cui Giotto, Petrarca e Boccaccio. Agli Angioini successero gli Aragonesi con Alfonso I, che seguendo la scelta dei predecessori, fissò la sua dimora reale in Castel Nuovo iniziandone i lavori di ricostruzione e facendo innalzare all’esterno, fra la Torre di Mezzo e quella di Guardia, il grandioso Arco di Trionfo per celebrare il suo vittorioso ingresso nella città di Napoli.

Con gli Aragonesi si assiste al passaggio dal medioevale castello-palazzo alla fortezza di età moderna, adeguata alle nuove esigenze belliche e la zona intorno al Castello perde il carattere residenziale che aveva con gli Angioini. La struttura della costruzione aragonese risulta senz’altro più massiccia rispetto a quella angioina e rispecchia abbastanza fedelmente quella attuale, scaturita dai lavori di risanamento dei primi anni di questo secolo.

Il monumento presenta una pianta trapezoidale formata da una cortina di tufo in cui si inseriscono cinque torri cilindriche (di cui quattro di piperno ed una di tufo) poggianti su un basamento in cui si aprono dei cammini di ronda. L’area del cortile, che ricalca quella angioina, è formata da elementi catalani come il porticato ad arcate ribassate e la scala esterna in piperno, opera dell’architetto maiorchino Guglielmo Sagrera, che conduce alla Sala dei Baroni e conferisce a questo angolo della corte il caratteristico aspetto dei patii spagnoli.

Alla fine del XV secolo i Francesi subentrarono agli Aragonesi; tale presenza non durò per molto tempo, in quanto i Francesi furono sostituiti a loro volta dai viceré spagnoli ed austriaci. Durante il periodo vicereale (1503-1734), le strutture difensive del castello, adibito ad un uso prettamente militare, vennero ulteriormente modificate. Con l’avvento di Carlo III di Borbone che sconfisse l’imperatore Carlo VI nel 1734, il castello venne circondato in varie riprese da fabbriche di ogni genere, depositi ed abitazioni.

Chiesa di Sant’Angelo a Nilo

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La Chiesa di Sant'Angelo a Nilo si trova in Piazzetta Nilo, nel cuore del centro storico e della Napoli greco-romana. La chiesa è fondata nel 1384 per volere , ubicata nel cuore del centro storico della città, è nota per il sepolcro del cardinale Rinaldo Brancaccio, opera di Donatello e Michelozzo
La Chiesa di Sant'Angelo a Nilo si trova in Piazzetta Nilo, nel cuore del centro storico e della Napoli greco-romana. La chiesa è fondata nel 1384 per volere , ubicata nel cuore del centro storico della città, è nota per il sepolcro del cardinale Rinaldo Brancaccio, opera di Donatello e Michelozzo

La Chiesa di Sant’Angelo a Nilo si trova in Piazzetta Nilo, nel cuore del centro storico e della Napoli greco-romana. La chiesa è fondata nel 1384 per volere del cardinale Rinaldo Brancaccio, per cui è nota anche con il nome di Cappella Brancaccio. La chiesa è ampliata nel 1535, ma assume l’aspetto attuale con i lavori eseguiti nel 1709, ad opera dell’architetto Arcangelo Guglielmelli. L’interno della chiesa presenta un arredo marmoreo sei-settecentesco, l’organo tardo-barocco e tele di Giovanni Battista Lama inseriti in stucchi disegnati dal Guglielmelli. La Chiesa di Sant’Angelo a Nilo conserva il sepolcro del cardinale Rinaldo Brancaccio, opera di Donatello e Michelozzo. Molto bello è il rilievo, inserito nel sepolcro del cardinale, raffigurante l’Assunzione della Vergine, opera di Donatello. Il pannello è apprezzato per la tecnica dello stiacciato. Un’altra bella opera è il San Michele Arcangelo di Marco Pino, collocato sull’altare maggiore. Vi hanno lavorato artisti come Jacopo della Pila, Michele Guerrisi, Carlo Sellitto e Bartolomeo e Pietro Ghetti solo per citarne alcuni. Dalla chiesa è possibile accedere al cortile di Palazzo Brancaccio, dove nel 1690 è inaugurata la prima biblioteca napoletana aperta al pubblico.