martedì 29 Aprile 2025
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Chiesa di Santa Maria Maggiore

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Il Campanile della Pietrasanta è ubicato sul sagrato della chiesa di Santa Maria Maggiore in via dei Tribunali. Il campanile è in stile romanico ed è il più antico della città
Il Campanile della Pietrasanta è ubicato sul sagrato della chiesa di Santa Maria Maggiore in via dei Tribunali. Il campanile è in stile romanico ed è il più antico della città

La chiesa di Santa Maria Maggiore sorge sui resti di una basilica paleocristiana, fondata dal vescovo Pomponio. La leggenda narra che il luogo fosse infestato dal demonio e che gli abitanti chiesero aiuto al vescovo Pomponio, il quale decise di costruire la basilica da dedicare alla Vergine. La chiesa di Santa Maria Maggiore è chiamata anche la Pietrasanta per la presenza di una pietra con incisa una croce capace, secondo la tradizione popolare, di concedere indulgenza a chi la bacia. Dal 1653, la chiesa è ristrutturata e ampliata da Cosimo Fanzago, Pietro Barberiis, Giuseppe Massa e Matteo Bottigliero. Durante la seconda guerra mondiale, la chiesa subisce molti danni, ma negli anni settanta del Novecento iniziano i lavori di restauro, che portano alla luce un mosaico di età tardo repubblicana e alcune strutture in tufo e reticolato. La facciata della chiesa di Santa Maria Maggiore presenta due ordini: la parte inferiore è dominata dal portale, con stemma ed epigrafe di Andrea d’Aponte, sormontato dal timpano spezzato, opera di Pietro Barberiis; la parte superiore presenta due volute sulla parte più esterna e coppie di lesene lisce con al centro una finestra, inserita in un timpano triangolare. L’interno della chiesa di Santa Maria Maggiore, pianta a croce greca con cappelle laterali, colpisce per la decorazione in stucco, per la cupola con lanternino e per il pavimento maiolicato, opera di Giuseppe Massa. La Pietrasanta custodisce due sculture in stucco di David e San Simone, eseguite da Matteo Bottigliero. Usciti dalla chiesa, è possibile ammirare il campanile romanico, risalente al  X-XI secolo. E’ il più antico della città. Il campanile presenta una base quadrata coronata da cuspide. E’ possibile vedere, nella parte inferiore, l’inserimento di colonne angolari e di marmi di spoglio su una superficie in mattone.

Stoccafisso con patate

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stoccafisso con patate
stoccafisso con patate

Stoccafisso con patate, o stocco e patane per dirla alla napoletana, è un piatto unico dal sapore davvero particolare che porta con se tutta la tradizione napoletana, gustoso, semplice da preparare in occasione di pranzi tra amici o per la cena durante il periodo festivo. Lo stoccafisso con patate si basa su tre ingredienti facilmente reperibili al mercato: stoccafisso, patate e pomodoro.

INGREDIENTI (per 4 persone)

600 gr. di stoccafisso,
1 kg. di patate,
100 gr. di cipolle,
150 gr. di pomodori,
4 coste di sedano,
1 dl di olio extravergine d’oliva,
origano e sale q. b.

PROCEDIMENTO

Far rosolare in olio, per 5 minuti, le patate pelate e tagliate a spicchi, quindi aggiungere lo stoccafisso a piccoli pezzi, le cipolle affettate, i pomodori a pezzi e il sedano. Allungare con un bicchiere d’acqua e far cuocere per 30 o 40 minuti a fiamma bassa, aggiustando di sale e, a fine cottura, aromatizzando con l’origano.

CURIOSITA’

Lo stoccafisso, merluzzo artico conservato tramite essiccazione, è un pesce facilmente digeribile e ottimo da utilizzare per chi segue una dieta ipocalorica. La tradizione di piatti con stoccafissso e baccalà nasce nella zona vesuviana, dalla presenza, fin dall’800, di importatori e venditori di pesce salato. Questo piatto in particolare veniva preparato per sfamare i braccianti che lavoravano nei campi.

Totano imbottito detto imbuttunat in napoletano

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totano imbottito
totano imbottito

Totano imbottito detto imbuttunat in napoletano, è una ricetta tipica di un territorio isolano  affacciato sul mare. Esistono molte varianti di questa ricetta, ma qui vi presenteremo quella ischetana. La pesca del totano è una pratica antica e molto diffusa tra i pescatori di Ischia, tramandata di generazione in generazione, si effettua di notte con la lenza a mano con attaccata una totaniera.

INGREDIENTI (per 4 persone)

2 totani di 300 gr. l’uno (o 4 di 150 gr. circa),
1 spicchio d’aglio,
olio extravergine d’oliva,
peperoncino piccante,
2 bicchieri di vino bianco,
mollica di pane raffermo,
pinoli,
uva passa,
1 tuorlo d’uovo, prezzemolo tritato,
1 litro di passata di pomodoro,
sale q. b.

PROCEDIMENTO

Per preparare il totano imbottito (o imbuttunat) pulire i totani evitando di rompere la sacca, asportare i tentacoli e le alette. Soffriggere in olio l’aglio e un peperoncino, togliendoli appena hanno assunto un bel colore dorato, aggiungere tentacoli e alette tagliuzzati e far cuocere per 5 minuti. Versare un bicchiere di vino bianco e farlo sfumare, quindi aggiungere pinoli, uva passa, il tuorlo d’uovo sbattuto e il prezzemolo, amalgamando il tutto. Salare internamente le sacche dei totani e riempirle col composto, cucendo la chiusura con filo. Soffriggere e far rosolare i totani, aggiungere l’altro bicchiere di vino bianco e il passato di pomodoro e far cuocere per un’ora. Servire a fette quando i totani si sono raffreddati con, a parte, il sugo riscaldato.

Spaghetti alla Puverielle

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Spaghetti alla Puverielle
Spaghetti alla Puverielle

Gli spaghetti alla Puverielle sono un tipico piatto della tradizione napoletana. La ricetta è estremamente semplice e di facile esecuzione, ma il risultato è davvero ottimo. Se avete poco tempo per cucinare, potrebbe diventare il vostro piatto veloce preferito.
Il piatto non ha un’origine temporale certa ma è sicuro che il piatto veniva usato nel periodo del dopo guerra, quando dilagava il contrabbando e la gente era disposta a tutto per poter comprare na tozzola ‘e pane, figuriamoci burro, uova e zucchero.
Gli spaghetti alla Puverielle è un piatto incredibilmente povero e rispecchia quel periodo, ma è nella povertà degli stessi ingredienti che risiede la grande genuinità, trasformando un primo piatto in un possibile piatto unico. La presenza dello strutto e della pancetta tesa, non serve solo ad insaporire, ma anche a rendere più opulento il piatto, perché doveva saziare il più possibile.
In questi piatti c’è l’amarezza, la tristezza, ma anche la forza di volontà di non desistere, della preghiera e del culto della Madonna. Il ricordo di tempi in cui «Ha da passa’ ‘a nuttata», pronunciata da Eduardo De Filippo, in Napoli Milionaria, divenne un urlo di speranza.

INGREDIENTI (per 4 persone)

400 gr. di spaghetti di farina di grano duro,
8 uova,
olio extravergine d’oliva,
una pallina di strutto,
pepe,
sale q. b.

PROCEDIMENTO

Lessare gli spaghetti in abbondante acqua salata e intanto, a parte, portare in una padella l’olio a temperatura, aggiungendo la pallina di strutto. Quando questa si sarà sciolta aprirvi le uova e cuocerle (ma non troppo) a occhio di bue. Colare al dente gli spaghetti, versarli in una zuppiera e condirli con le uova e l’olio di cottura. Spolverare con pepe e servire subito, ben caldo.

Pasta e fagioli con la cotica

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pasta e fagioli con la cotica
pasta e fagioli con la cotica

La pasta e fagioli con la cotica, che nella versione più antica è insaporita col “mascariello”, la mandibola del maiale; è sicuramente un piatto che fa parte della cucina italiana, ma a Napoli assume un sapore particolare. Della pasta e fagioli Eduardo De Filippo in “Natale in casa Cupiello” diceva: quando si fanno i fagioli in casa mia si fanno che possono bastare per tre giorni, perché ci piace di mangiarli freddi al giorno appresso, e pure riscaldati la sera..’a matina pe’ merenda..

INGREDIENTI (per 4 persone)

100 gr. di lardo,
mezzo bicchiere di olio extravergine d’oliva,
1 “mazzetto misto” di sedano, prezzemolo e basilico,
300 gr. di fagioli di Villaricca,
400 gr. di pasta mista,
3 o 4 pomodorini,
100 gr. di cotiche,
aglio,
sale q. b.

PROCEDIMENTO

Mettere in una pentola acqua, fagioli e cotiche e far cuocere a fuoco lento. Intanto versare in un tegame l’olio, il battuto di lardo, aglio ed erbe aromatiche tritati, lasciando soffriggere per un poco. Poi aggiungere i pomodorini a pezzetti, facendo cuocere per circa 10 minuti e versarvi i fagioli e le cotiche, Per ultimo unire la pasta ultimando la cottura. Servire ben caldo.

LA PARTICOLARITA’ DEI FAGIOLI DI VILLARICCA

Il fagiolo “Tondino di Villaricca” è il nome di una cultivar di fagioli un tempo diffusi nella piana del giuglianese, alle porte di Napoli. È un fagiolo che sta scomparendo, soppiantato da un altro tipo che pure prende lo stesso nome ma che in realtà è un ibrido proveniente dall’Argentina
Il fagiolo “Tondino di Villaricca” coltivato nel territorio di Villaricca, Parete, Giugliano, Qualiano, Marano il terreno vulcanico delle nostre zone è ricco di sali minerali come potassio, azoto, fosforo che ne arricchiscono il sapore; e anche in cottura il tegumento è tenero per cui diventano cremosi e si legano meglio con la pasta mista nei diversi formati, che con i differenti tempi di cottura mantengono il croccante alla masticazione».
Villaricca è anche teatro di un altro tipo di produzione, il pane lievitato con lievito madre o criscito, impastato a mano nella mattera, la madia, e cotto in forno a fascine.

 

Paccheri al sugo di coccio all’acqua pazza

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paccheri al sugo di coccio all'acqua pazza
paccheri al sugo di coccio all'acqua pazza

I paccheri al coccio sono un primo piatto della cucina napoletana da cucinare in due modi diversi. Infatti c’è la ricetta dei paccheri al coccio preparata in modo tradizionale e la ricetta dei paccheri al sugo di coccio all’acqua pazza.

INGREDIENTI (per 4 persone)

400 gr. di paccheri,
200 gr, di pomodorini del pendolo,
1kg. di coccio (o gallinella),
1 dl di olio extravergine d’oliva,
1 spicchio d’aglio,
peperoncino piccante (a piacere),
prezzemolo tritato,
sale q. b.

PROCEDIMENTO

Far dorare l’aglio e il peperoncino nell’olio, quindi unirvi il coccio (eviscerato e ben pulito), i pomodorini tagliati a metà e due mestoli d’acqua. Coprire e far cuocere per circa 20 minuti. A parte, lessare in acqua salata i paccheri, colandoli molto al dente e versarli nel sugo del coccio completando la cottura. Servire con una manciata di prezzemolo tritato.

CHE COSA E’ IL COCCIO

Il Coccio (o Gallinella di Mare, o Cappone, o Mazzola) è un pesce di mare, tipico del Mar Mediterraneo Esistono numerose specie di Coccio, solo nel Mar Mediterraneo se ne contano otto tipi diversi. Il Coccio è un pesce osseo dalla forma allungata, con una testa abbastanza grande, con numerose spine e creste ossee.

CHE COSA SONO I PACCHERI

Il termine deriva del greco antico dei primi fondatori di Parthenope e ancora usato nella lingua italiana come “pacca”, ovvero uno schiaffo dato a mano aperta, senza intenzioni ostili. Da qui il nome del tipo di pasta, dalla taglia molto superiore alla norma, in genere accompagnato da sughi succulenti. I paccheri possono essere anche farciti, con ricotta o altri ingredienti, e serviti con il ragù.

 

Villa Floridiana al Vomero

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Villa Floridiana, collocata sulle colline del Vomero, ospita il Museo Nazionale della Ceramica Duca di Martina, sede di una delle più prestigiose raccolte di arte decorativa
Villa Floridiana, collocata sulle colline del Vomero, ospita il Museo Nazionale della Ceramica Duca di Martina, sede di una delle più prestigiose raccolte di arte decorativa

Villa Floridiana, sita al Vomero, appartenente agli eredi di Cristoforo Saliceti, è acquistata dal re Ferdinando di Borbone come regalo alla moglie Lucia Migliaccio, duchessa di Floridia. La Villa diventerà la residenza estiva della duchessa. I lavori di ristrutturazione della palazzina, che comprende un piccolo casinò (l’attuale Museo) e una coffee house (oggi Villa Lucia), sono diretti dall’architetto Antonio Niccolini che opta per uno stile neoclassico e progetta un parco. Crea un teatrino all’aperto, un piccolo tempio ionico, le serre e alcune grotte, unici elementi architettonici che sono ancora visibili all’interno del parco. Qui, passeggiando tra i sentieri, è possibile sia apprezzare il suo aspetto scenografico sia rimanere affascinati dagli scorci panoramici sul golfo di Napoli. La pianta del Niccolini, conservata al Museo di San Martino, mostra una struttura a pianta rettangolare e due bracci perpendicolari e simmetrici, oltre all’aggiunta di una piccola area porticata all’ingresso centrale dell’edificio, soluzione adottata per la sosta delle carrozze. La facciata di Villa Floridiana rivolta a settentrione si articola su due piani mentre, quella meridionale, a causa del terreno scosceso, si sviluppa su tre piani. L’architetto crea un basamento in pietra lavica con una scalinata in marmo a doppia rampa, elemento che unisce l’edificio al parco circostante. Dal 1826, anno della morte della duchessa, fino al 1919 gli edifici e il parco subiscono molte modifiche. Nel 1919, Villa Floridiana è acquistata dallo Stato e destinata a sede museale. Il Museo della Ceramica Duca di Martina ospita una delle più prestigiose raccolte di arte decorativa oltre ad accogliere gli appartamenti privati della duchessa e delle dame, una sala da pranzo, una piccola cappella e altre sale. Resta ben poco della decorazione e dell’arredo originario mentre è possibile ammirare la decorazione della galleria.

Via Posillipo una cornice scenografica

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Una location del film Totò, Peppino e la malafemmina è via Posillipo
Una location del film Totò, Peppino e la malafemmina è via Posillipo

Via Posillipo e Palazzo Donn’Anna sono il set cinematografico di molte pellicole. In via Posillipo si trova la villa che Gianni, interpretato da Teddy Reno, si fa prestare da Raffaele, interpretato da Nino Manfredi, in Totò, Peppino e la malafemmina. Dal terrazzo di quella villa si può scorgere il Palazzo Donn’Anna, la cui splendida facciata che dà direttamente sul mare appare anche in Un complicato intrigo di donne, vicoli e delitti e ne I guappi.
Proseguendo per via Posillipo si arriva a Piazza San Luigi dove Nanni Loy, in Le quattro giornate di Napoli, gira uno dei feroci scontri tra i ribelli partenopei e i soldati nazisti.
Via Posillipo è una delle zone più incantevoli della città partenopea per le ville, le discese a mare, i palazzi e il panorama. Palazzo Donn’Anna si trova all’inizio della collina di Posillipo. La sua costruzione risale alla metà del XVII secolo, per volere del viceré spagnolo don Filippo Gùzman de las Torres, il quale affida l’incarico a Cosimo Fanzago. Il progetto di Cosimo Fanzago, realizzato dal 1640 al 1644, è definito dal Celano “una delle più belle, più vaghe e bizzarre abitazioni non dico di Napoli, ma d’Europa tutta”. Inizialmente, l’accesso al palazzo avviene solo dal mare. Il palazzo rimane incompiuto poiché i lavori sono sospesi al rientro del viceré in Spagna. Inoltre, dopo la morte di Donn’Anna, il palazzo è saccheggiato e devastato durante i moti di Masaniello, dal terremoto del 1688 e dall’allargamento della strada, quando si demolì parte delle ali settentrionali.
Palazzo Donn’Anna, espressione dello stile barocco, riveste un fascino particolare sia per la suggestiva collocazione sul mare sia, forse, per l’incompiutezza dell’edificio .

Via Caracciolo location del cinema napoletano

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Le scalette della Rotonda Diaz è il set di Maccheroni. La location è in via Caracciolo, la zona del lungomare
Le scalette della Rotonda Diaz è il set di Maccheroni. La location è in via Caracciolo, la zona del lungomare

Via Caracciolo è il set cinematografico di molte pellicole. Camminando sul lungomare possiamo ricordare l’inizio di Carosello napoletano e la grottesca interruzione di un corteo funebre da parte di Dudù, interpretato da Nino Manfredi, in Operazione San Gennaro. Le scalette della Rotonda Diaz sono diventate la location di Maccheroni e Denti. Se nel primo titolo Jack Lemmon e Marcello Mastroianni devono affrontare un gruppo di malviventi, nel film di Salvatores il protagonista Antonio, interpretato da Sergio Rubini, immagina di riconciliarsi con la madre che non c’è più, salutandola con un ultimo ballo vicino agli scogli.
Nel porticciolo di Mergellina si muove il commissario Rizzo, interpretato da Bud Spencer, in Piedone lo sbirro mentre Toni Pisapia, interpretato da Toni Servillo, vi trascorre le ultime ore prima di farsi arrestare ne L’uomo in più. La stazione di Mergellina, poco distante da via Caracciolo, è la location di Proibito rubare, dove Luigi Comencini ambienta l’inizio del suo film: appena arrivato a Napoli, un giovane prete missionario, interpretato da Adolfo Celi, deve fare i conti con degli astuti scugnizzi che gli faranno sparire la valigia.

Via Caracciolo insieme a via Nazario Sauro e a via Partenope costituisce il lungomare di Napoli, uno dei luoghi più suggestivi della città per il panorama che offre. Via Caracciolo come tutto il lungomare permette di ammirare il panorama con il golfo di Napoli, il Vesuvio, Castel dell’Ovo con Borgo Marinari, la collina di Posillipo e le isole.

Villa Comunale set del film Totò Peppino e la malafemmina

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La Villa Comunale è la location del film Totò, Peppino e la malafemmina con protagonisti Teddy Reno e Nino Manfredi
La Villa Comunale è la location del film Totò, Peppino e la malafemmina con protagonisti Teddy Reno e Nino Manfredi

La Villa Comunale è la location del film Totò, Peppino e la malafemmina, nel quale Gianni, interpretato da Teddy Reno, passeggia con l’amico Raffaele, interpretato da Nino Manfredi. Gianni racconta di voler rintracciare la bella sconosciuta incontrata la sera prima e della quale è follemente innamorato. Mentre azzardano ipotesi su chi possa essere questa ragazza, i due scoprono che si tratta di un’attrice poiché vedono la sua fotografia su un manifesto. Sempre nella Villa Comunale, in Neapolitan Mouse, Tom e Jerry si inseguono intorno alla cosiddetta Fontana della Tazza di Porfido.

La Villa Comunale è inserita tra Piazza Vittoria e Piazza della Repubblica mentre ai lati è fiancheggiata dalla Riviera di Chiaia e via Caracciolo. La prima idea di creare un passeggio alberato risale al 1697 con il viceré duca di Medinacoeli, ma è con Ferdinando IV che il progetto si realizza. Il re affida l’incarico a Carlo Vanvitelli, il quale si avvale della collaborazione e della consulenza del giardiniere Felice Abbate. Vanvitelli si ispira ai giardini francesi: lunghi viali paralleli e l’inserimento di statue e fontane. L’11 luglio 1781 è inaugurata la Villa Reale. La denominazione comunale risale al 1869. Nel corso dei secoli XIX e XX, la Villa Comunale viene ampliata e arricchita con sculture, gruppi in marmo, fontane e copie di opere antiche e rinascimentali, realizzate alla metà del Settecento. La Villa Comunale ospita la Cassa Armonica in ghisa e vetro, la Stazione Zoologica Anton Dohrn, che ha al suo interno l’Acquario, la Casina Pompeiana e il Tempietto circolare di Torquato Tasso.