mercoledì 30 Aprile 2025
Murzillo Chic
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Diciamo NO alla violenza sulle donne, diciamo NO alla violenza di genere

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A volte basta poco per cambiare le cose, a volte basta semplicemente parlare. L’importante è però che a parlare siano le persone giuste.

A volte la cassa di risonanza mediatica fa troppo rumore per capire esattamente il contenuto del messaggio. Spesso teniamo la televisione o la radio accese per compagnia, ma senza prestare troppa attenzione ai programmi stessi che stiamo seguendo. Devo anche dire che purtroppo molti programmi quotidianamente mostrano normale quello che normale non è. Nei talk show non si parla più bensì si urla, nei programmi di intrattenimento siamo soventi spettatori di attacchi verbali tra gli stessi protagonisti. Nei luoghi dove si pratica la politica, la cosa non cambia di molto: urla, insulti, qualche minaccia a volte più velata altre volte meno.

Insomma il tanto decantato fairplay, il bon ton, il politically correct, semplicemente il vivere civile è sempre più lontano dalle scene e sempre meno in voga. E anche quando si pensa di promuovere una legge che almeno ci induca a riflettere prima di parlare, questa prontamente viene bocciata.

Allora mi domando perché in tutto questo marasma di violenza, se mio marito mi urla contro io devo dire di no! E’ normale ho sbagliato, deve urlami contro perché così fan tutti. E invece non è normale, nulla di tutto questo è normale. Ma siccome oggi chi urla di più ha ragione tutti urlano, anche chi forse la ragione c’è l’ha per davvero, con il risultato che non sentiamo più nulla.

Noi di IDN – Itinerari di Napoli da sempre raccontiamo e promuoviamo il territorio di Napoli e della Campania. Un territorio bellissimo con un’infinità di cose da offrire ma che nel suo interno racchiude, talvolta anche mettendole bene in evidenza, delle storie che non devono più essere raccontate, che devono smettere di esistere.

Sono le storie delle donne maltrattate all’interno delle loro stesse famiglie. Sono le storie delle bimbe abusate. Ma sono anche le storie di quegli esseri umani uomini o donne che per i motivi più biechi e stupidi vengono vessati e maltrattati e, violentati quotidianamente nel loro essere persone.

Noi di IDN con gli amici di sempre tra i quali Danilo Rovani e Cosimo Alberti con cui abbiamo avuto il piacere di realizzare il cortometraggio tratto dalla storia di cronaca di Ciro e Mariapaola. Con Lello Giulivo, Titti Nuzzolese, Margherita Romeo e ancora con chi quotidianamente lavora per migliorare i luoghi in cui viviamo come la consigliera e già assessore di Napoli Alessandra Clemente e l’assessore al turismo e alla cultura di Pozzuoli Stefania De Fraia, tutti insieme abbiamo voluto dire no alla violenza sulle donne, no alla violenza di genere.

Abbiamo voluto dire un no forte ma a bassa voce con educazione come si dovrebbe parlare nelle famiglie, guardandoci negli occhi. Un no che vuole avere il valore di un abbraccio dato da un amico che ti vuole dare la forza di reagire, di dire no, di chiedere aiuto per liberarti dalla violenza che ti opprime. Per dire a tuo padre, tuo figlio, tuo marito, non ci si comporta così ci vuole rispetto. Bisogna parlare e parlarci.

Per questo abbiamo voluto girare questo spot con gli amici di sempre, perché non sono solo i nostri amici, ma sono gli amici di chi ci guarda da casa, sono i milioni di telespettatori che la sera guardano Cosimo ad un posto al sole o Lello o Titti nelle loro soap e film. Per questo abbiamo voluto girare uno spot con primi piani strettissimi, perché immaginiamo che tra queste persone magari ci starà guardando qualch’uno dal suo cellulare tenuto stretto in mano, in un angolo della sua casa, una persona che magari sta cercando la forza di reagire, il modo per salvarsi.

Cari lettori e cari colleghi, lo spot è libero potete scaricarlo e condividerlo. Non abbiamo messo marchi o segni distintivi proprio perché lo possiate condividere e far vedere al maggior numero di persone, perché il messaggio possa arrivare a chi ne effettivamente bisogno

Il tradimento è nel silenzio

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locandina io ed emma

In occasione della “Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, la regista Valentina Cognatti ci presenta lo spettacolo “Io ed Emma”, in scena al teatro Bolivar il 25 novembre

intervista a cura di Maria Rosaria Marcelli –

“Il tradimento è nel silenzio. Soprattutto in quello di chi, standoci accanto, vede e decide di non parlare”. Quando ascolto le parole di Valentina Cognatti devo ancora assistere allo spettacolo “Io ed Emma”, scritto e diretto da lei, in scena giovedì 25 novembre al teatro Bolivar, ma si materializza nella mia gola un nodo e capisco subito che sarà una telefonata emozionante.

Manca ancora qualche giorno al debutto napoletano della Compagnia di Cerveteri nel teatro del quartiere Materdei che sta facendo parlare di sé per la qualità e l’estrema varietà dei contenuti proposti oltre che per l’affluenza di pubblico, e la direttrice artistica della Margot Theatre, accetta di raccontarsi.

In occasione della “Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, ognuno sente a modo proprio di poter fare qualcosa, esprimendosi come può. E, forse, la curiosità e l’attesa nate intorno al testo della Cognatti derivano da un carattere forte che riesce a farsi notare tra le infinite proposte ed iniziative che si affollano su questo delicato tema.

La storia della Compagnia Margot Theatre nasce a Cerveteri nel 2015…

Inizialmente era una scuola di teatro, poi siamo diventati una Compagnia ed in seguito anche un’associazione. Con il tempo è aumentato il numero delle classi e abbiamo realizzato produzioni con il sostegno del Comune. Sono sempre stati due gli obiettivi principali della Margot Theater: l’alta formazione teatrale e una funzione sociale imprescindibile.

Portiamo in scena i classici ma soprattutto le problematiche legate al rapporto tra “l’io e l’altro”. Personalmente, credo molto nel valore della pedagogia e dell’educazione per arrivare ad un’umanità e l’arte è l’unico terreno veramente neutrale nel quale tutti possono sentirsi uguali e sviluppare un’empatia.

Da dove arriva l’ispirazione per la scrittura di “Io ed Emma”? E quanto sono stati lunghi i tempi di metabolizzazione?

“Io ed Emma” nasce da una mia esigenza profonda. Questa ribellione alla violenza parte da lontano e per questo mi sono occupata in passato anche di bullismo e delle sue cause, non solo dal punto di vista delle vittime del fenomeno ma ricercando l’origine del comportamento dei bulli. La violenza sulle donne, che troppe volte sfocia nella platealità e nell’atrocità del femminicidio, più che viverla in modo diretto mi è passata accanto, non solo con i fatti di cronaca, ma con le esperienze di persone a me vicine.

La scrittura mi ha presa tre mesi che è relativamente poco. Avevo già tutto in testa e le testimonianze che ho raccolto nella vita le ho inserite in modo naturale all’interno del mio racconto teatrale.

Lo spettacolo s’incentra sul dialogo tra una madre e una figlia che si reincontrano. Cosa sarebbe cambiato se sulla scena ci fosse stato un figlio maschio?

Sinceramente non ne ho idea. Non riesco ad immaginarlo perché per scrivere questo testo è stato fondamentale essere donna! Sono partita da me, quindi forse non avrei saputo fare diversamente. Nella nostra storia, inoltre, la figlia è incinta e dunque il confronto diventa fra due madri, per necessità un dialogo al femminile.

Qual è la cifra specifica di “Io ed Emma”?

L’autenticità del testo e dell’interpretazione. Tutti, da me agli attori, sentiamo molto forte la responsabilità di trattare questa tematica. Non lo viviamo “solo” come uno spettacolo. E in più, il copione non resterà sempre uguale a se stesso. Evolverà un pochino nel tempo proprio perché io possa riconoscerlo sempre come parte di me, come avviene con ogni testo che scrivo.

Il cast di sole donne è solo una coincidenza (anche nel resto dello staff si nota una quota rosa predominante)?

È solo un caso, ovviamente. Io lavoro molto bene con gli uomini di cui apprezzo tantissimo un certo senso pratico e alcune dinamiche meno contorte. La quota maschile della nostra Compagnia è particolarmente ben voluta. Certo, per i contenuti di cui ci occupiamo la sensibilità e l’intesa femminile fanno la loro parte.

Non conosciamo ancora quali saranno le rivelazioni e le emozioni che scaturiranno da quest’incontro madre/figlia. Il peso della violenza non sarà tanto nella verità svelata quanto nel non detto…

Madre e figlia dialogheranno con un’alternanza di parole e di silenzi, non meno eloquenti, e arriverà il momento della confessione. In realtà, si tratta di fatti più che altro “dimenticati” per sopravvivenza. Tutti noi tendiamo a fuggire dal dolore perché ci spaventa e anche quando cogliamo dei segnali chiari proviamo a respingerli.

Affrontare ciò che ci fa male implica il superamento di noi stessi e il raggiungimento dell’altro: una strada difficile. Ecco, il “mio” teatro si basa “sull’altro” e non “sull’io”. Diversamente, per me, non avrebbe senso. Esattamente come nella vita.

Paese Mio Bello #Suite Napoletana 2

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Nella Chiesa di Sant’Agostino degli Scalzi, a Materdei, sabato 20 novembre il nuovo concerto di Paese Mio Bello.

Paese Mio bello torna dopo il lungo periodo di assenza dalle scene causa pandemia con un concerto nella chiesa di Sant’Agostino degli Scalzi a Materdei. Con Gianni Lamagna cantano Lello Giulivo, Patrizia Spinosi e Anna Spagnuolo, mentre Michele Bonè e Paolo Propoli sono alle chitarre.

La scelta di ripartire dal quartiere Materdei, spiega Gianni Lamagna, vuole sottolineare l’entusiasmo della ripresa. Proprio a Sant’Agostino degli Scalzi infatti si è tenuto nel 2019 il primo concerto di Paese Mio Bello e, per chi non lo sapesse, Materdei è il quartiere nativo sia Lello Giulivo che Gianni Lamagna.

Suite Napoletana 2. Prosegue la ricerca dei canti di tradizione

Paese Mio Bello nasce come omaggio alla famosa raccolta dei canti registrati dalla Washington University degli immigrati italiani trasferiti in America. Nel primo disco tratto dal concerto del 2019 il sottotitolo era “L’Italia che cantava e canta” perchè abbracciava la tradizione dei canti popolari da nord a sud. Nella tracklist di diciannove brani troviamo “Suite Napoletana” come omaggio alla tradizione campana.

Il nuovo concerto vuole approfondire la tradizione dei canti popolari della Campania, per questo il titolo di questo concerto è “#Suite Napoletana 2”. Gianni Lamagna, con Lello Giulivo, Patrizia Spinosi e Anna Spagnuolo hanno voluto porre maggiormente l’attenzione sulle tradizioni della loro terra natia, prendendo i brani più significativi dei nostri luoghi, ed in particolare della zona vesuviana. Il brano di apertura del concerto sarà infatti l’intermezzo della Cavalleria Rusticana. Intermezzo a cui sono state aggiunte le parole tratte dalla più autentica trazione popolare campana ed in particolare della zona vesuviana.

I vini della Campania fra storia e dati ISTAT

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Aumenta la produzione dei vini DOC, ma i dati sull’esportazione sono disarmanti. Per Nicoletta Gargiulo, presidente AIS Campania, il problema è una mancata comunicazione.

La tradizione vitivinicola in Campania è antichissima e si è sempre distinta per la qualità. All’epoca di Cesare Augusto i romani erano soliti parlare dei vini della Campania come “il vino degli imperatori”. Assieme al Falerno, nella Roma antica, erano molto apprezzati il Greco, il Faustiano ed il Caleno, che venivano prodotti principalmente nelle zone di Pompei, Nola e Capua.

Nei primi anni del 900 la Campania, con i suoi vini era la prima regione d’Italia sia per quantità di produzione che di qualità. Erano molti infatti gli stabilimenti in Europa che utilizzavano il vino campano come vino da taglio.

Napoli, dopo Vienna, la città più vinificata in Europa

Ancora oggi la produzione di vino in Campania è una produzione di eccellenza. La sola città di Napoli risulta essere, dopo Vienna, la città maggiormente vinificata in Europa, riuscendo a coltivare viti a piede franco. E’ da sottolineare che la coltivazione della vite a piede franco è una rarità nel mondo della viticultura. Questo modo particolare di coltivare la vite avviene a Napoli grazie alla particolarità del terreno vulcanico.

Tutto questo stride con la fredda lettura dei dati ISTAT relativi all’esportazione del vino Campano. I vini della Campania sono nelle ultime posizioni per volumi di esportazione in ambiente internazionale, rispetto ai vini delle altre regioni d’Italia. Se poi paragoniamo i dati di esportazione sullo stesso territorio nazionale scopriamo che i vini della Campania non entrano neanche in classifica, perdendosi nella voce “altre produzioni”

Nicoletta Gargiulo: “Le nostre aziende troppo piccole per soddisfare le esigenze della grande distribuzione. Bisogna comunicare l’alta qualità del nostro prodotto vinicolo”

Abbiamo chiesto una riflessione su questo contrasto alla sommelier Nicoletta Gargiulo, Presidente AIS Campania, che evidenzia in due fattori il motivo la poca capacità di esportare il nostro vino. Il primo fattore che penalizza l’esportazione dei vini della Campania risiede nelle dimensioni delle aziende vitivinicole. Oggi le aziende vitivinicole campane sono perlopiù piccole aziende a conduzione famigliare, che realizzano piccole produzioni che poco si addicono alle esigenze di grandi volumi richieste dai segmenti della GD e GDO. Se però il problema delle piccole produzioni può diventare un valore di forza vista l’alta qualità delle stesse, il problema serio è l’incapacità delle cantine della Campania di comunicare il prodotto.

Le cantine della Campania, sono perlopiù sono piccole realtà che non fanno rete tra loro e fanno fatica ad approcciare il mercato in maniera critica. Infatti un piano comunicativo capace di presentare in maniera soddisfacente sia dentro che fuori i confini nazionali il prodotto è generalmente appannaggio di grandi aziende o gruppi organizzati.

Itinerari di Napoli racconta i vini della Campania ed i loro produttori

IDN – Itinerari di Napoli, che da sempre racconta il territorio, inizia oggi un viaggio che racconterà le cantine campane ed i vini della Campania. Stiamo raccogliendo le storie dei produttori e dei loro vitigni, scoprendo come nascono i vini della Campania che sono comunque un prodotto di prima eccellenza. Tra le prime cantine che saranno raccontate ci sarà la Cantina dell’Averno della famiglia Mirabella che affaccia proprio sul lago d’Averno e le Cantine Carputo entrambe della zona dei Campi Flegrei. Sarà poi la volta della famiglia vesuviana Sorrentino, viticoltori sul Vesuvio da tre generazioni e unici produttori dello spumante Lacryma Christi del Vesuvio.

La mossa del Gatto di Sonia Sacrato

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Alla libreria del Vomero “IoCiSto” Roberta D’Agostino e Martin Rua hanno presentato il nuovo libro dell’autrice Sonia Sacrato

Sabato 6 novembre alla libreria del Vomero “IoCiSto” Roberta D’Agostino con Martin Rua hanno presentato al pubblico di Napoli la scrittrice padovana Sonia Sacrato, e noi l’abbiamo intervistata per voi.

Sonia Sacrato è nata e vive a Padova. Innamorata di Torino da sempre, è venuta a Napoli per la prima volta proprio in occasione della presentazione del suo libro. Sonia, appassionata di storia e di musica, ama spesso intrecciarle alle trame in cui talvolta riporta in vita storie dimenticate.

Ha pubblicato diversi racconti in antologie e riviste online. “Governante” full-time dei Kiss, tre gattoni nati per delinquere, ma anche fonte costante di ispirazione, nel tempo libero viaggia spesso in compagnia di una coccinella di peluche che le fa da travelblogger.

Oggi è in edicola il suo nuovo libro “La mossa del gatto” edito da Newton Compton Editori, che ha già avuto il sostegno della critica e l’approvazione del pubblico. La mossa del gatto, una vecchia casa da svuotare. Una soffitta che nasconde dei segreti. Un passato che torna a galla.

sololibri.net recensisce il libro di Sonia con queste parole “Un libro avvincente, un giallo classico scritto con una prosa fresca e pulita”. Noi dopo avere letto il libro di Sonia Sacrato tutto di un fiato possiamo solo che confermare che un grande giallo!

La mossa del gatto. Le vecchie case raccontano storie, e a volte segreti inconfessabili

22 novembre 1956: le acque del Piave restituiscono il corpo della giovane Virginia. Nonostante dei lividi sospetti sul suo corpo, il medico legale certifica la morte per annegamento. L’ipotesi di omicidio è messa da parte dopo avere ascoltato la sorella della vittima e il caso viene archiviato come suicidio.

Sessant’anni dopo. Cloe – una giovane insegnante di storia dell’arte – non riesce a dire di no alla richiesta della madre che vuole il suo aiuto per svuotare la vecchia casa della nonna, Clotilde, morta da poco. Lascia quindi Alba in compagnia di Pablo, il suo gatto, alla volta di Vas, in Veneto. Cloe non ha bei ricordi legati a Vas, né alla nonna: è decisa a tornare ad Alba prima possibile. Ma il paesino ha delle sorprese in serbo per lei. Una triste storia che riguarda la sorella della nonna, che Cloe ignorava.

Un incontro con qualcuno che, da piccola, le ha fatto battere il cuore. Ma soprattutto soffitte che celano misteri e che accendono in lei un irrefrenabile desiderio di sapere. Aiutata da un carabiniere in pensione e dall’inconsapevole ma decisivo gatto, Cloe si lascerà travolgere da un’indagine che la porterà a scoperte davvero inaspettate.

“Le Signore”, le donne e i cliché dell’emancipazione

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Margherita Romeo e Sarah Paone al Teatro TRAM con “Le Signore” per la drammaturgia di Roberto Del Gaudio

Da giovedì 4 a domenica 7 novembre 2021, nella sala di via Port’Alba andrà in scena “Le signore”, per la drammaturgia di Roberto Del Gaudio e interpretate da Margherita Romeo e Sarah Paone.

La comicità surreale di Del Gaudio sarà l’occasione per offrire uno sguardo sul mondo femminile. Un mondo che, nonostante uno sfacciato sfoggio di emancipazione, sembra ancora dipende dalla controparte maschile. La regia è una ripresa di Ludovica Rambelli e Victoria De Campora, e il testo è una fotografia impietosa dei cliché legati all’emancipazione femminile.

Il testo più che mai attuale parla di uomini, certamente, ma parla anche di carriera, raccomandazioni, contraddizioni della società contemporanea e anche di temi attualissimi come, ad esempio, le nuove regole del post-pandemia.

In un bar, tra numerosi clienti ma nessun barista, due donne si riconoscono, fingono di non vedersi, si scrutano poi si salutano, si avvicinano. Sono Ester Mattone e Dorella De Sebo. La prima è giornalista e critica del cinema e della tv. La seconda è una assistente universitaria alla cattedra di filosofia morale. Iniziano la loro conversazione, fitta, impegnata o con la presunzione di essere tale, piena di quegli argomenti necessari ad una valida discussione intellettuale.

Le signore con i suoi toni esilaranti mette in evidenza l’incoerenza dei luoghi comuni sul mondo femminile

I toni sono assurdi ed esilaranti, proprio per quell’assurdità che in un primo momento si percepisce come semplice discorso quotidiano e che distorce poi la parola e il senso comune. Aspettano entrambe Giovanni, barista giovane e prestante che non si presenterà mai. Lo attendono come le amanti abbandonate aspettano il ritorno di Don Giovanni ma anche forse come Vladimiro ed Estragone attendono Godot.

E in questa attesa si apre uno squarcio agghiacciante su un mondo femminile dipendente dalla controparte maschile. Un mondo in perenne attesa, quasi che un arrivo possa rappresentare la salvezza (nonostante uno sfacciato sfoggio d’indipendenza ed emancipazione).

“L’occasione, non si sa se abituale o casuale, vale a raccontarsi reciprocamente, a interrogarsi, a disporsi per una pioggia reciproca di luoghi comuni, di delusioni, di entusiasmi, di confessioni, tutti al sapore del consumo del pomeriggio o della sera che si è scelto o costretto di trascorrere insieme, seppure in perfetta solitudine – ha spiegato Del Gaudio -.

Due attrici che ci mostrano quanto la dualità non possa ormai più contrapporsi al destino dell’isolamento assoluto, che ci lasciano scrutare quanto la presenza di un altro, la sua compagnia, non sia che un altro iPhone spento col quale sia impossibile comunicare, un altro ripetitore televisivo con il quale non si possa che reiterare le istanze propugnate dalle reti pubbliche e private. Una piccola umanità di ripetitori virtuali, di amplificatori seriali, rappresentata da due donne radical poco chic di oggi, in un lancio epistemologico senza paracadute. Però le Signore son contente, e tanto basta, del loro stesso consapevole e inconsapevole declino comico e tragico”.

Le Signore al Teatro TRAM

Andrea Sannino è Carosone al Teatro Augusteo

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Al Teatro Augusteo di Napoli Andrea Sannino interpreta “Carosone, l’americano di Napoli”. Testo e direzione artistica di Federico Vacalebre e regia di Luigi Russo. Al Teatatro Augusteo di Napoli da venerdì 5 a domenica 14 novembre.

Al Teatro Augusteo di Napoli, da venerdì 5 a domenica 14 novembre 2021, Andrea Sannino, nel ruolo di Carosone, sarà protagonista con lo spettacolo “Carosone, l’americano di Napoli”. Il musical, in scena nel centenario della nascita del grande Maestro, ma sospeso causa restrizioni, torna finalmente a teatro. Testo e direzione artistica di Federico Vacalebre, biografo ufficiale del cantapianista, e con la regia di Luigi Russo.

In scena con Andrea Sannino anche Raffaele Giglio, Giovanni Imparato, Claudia Letizia, Geremia Longobardo e Forlenzo Massarone.

C’era una volta l’americano di Napoli, c’era una volta un Maestro armato di sorriso, c’era una volta una canzone travestita da commedia all’italiana, o forse era il contrario. “Carosone, l’americano di Napoli” è un musical verace, ma internazionale. Uno spettacolo retrò, ma moderno, costruito intorno all’attualità della lezione del Maestro di “Torero”, di cui nel 2020 è caduto il centenario della nascita.

Federico Vacalebre ha ripreso il suo musical di successo e l’ha rivisto senza tradirne gli assunti di partenza, che rendono lo show un viaggio al termine di uno stile, di un suono, di un’arte nazionalpopolare, eppure veracissima.

Andrea Sannino interpreta Carosone

Una compagnia teatrale con band e DJ in scena e con un corpo di ballo electroswing. Gli arrangiamenti musicali sono di Lorenzo Hengeller.

Una compagnia teatrale giovanissima, con band e DJ in scena, con un corpo di ballo electroswing, interpreta la storia del più moderno dei musicisti italiani, dei suoi complici Gegè Di Giacomo e Peter Van Wood, del suo amico Fred Buscaglione, di maggiorate di altri tempi pronte a ballare come novelle ‘Maruzzelle’.

Gli arrangiamenti musicali sono di Lorenzo Hengeller. Remix di Gransta MSV. Coreografie di Ferdinando Arenella. Scenografie di Massimiliano Pinto. Costumi di Antonietta Rendina. Disegno luci di Gianluca Sacco. Suono di Daniele Chessa.

Il Complesso Carosone è formato da Vincenzo Anastasio (Sax e clarino), Gaetano Diodato (Contrabasso), Luigi Patierno (Sax), Pino Tafuto (Pianoforte), Roberto Funaro (DJ).

Il corpo di ballo delle ‘Maruzzelle’ e dei ‘Sarracini’ è composto da Paolo Anzaloni, Gianluigi Cacciapuoti, Chiara Campochiaro, Federica Mosca, Francesco Sabella, Raffaele Siciliano, Marialucrezia Sorgente, Luca Squadritti, Lorena Zinno.

E’ una produzione Gestione Attività Teatrali di Roberta Starace e Giuseppe Caccavale, con la partecipazione del teatro Trianon Viviani.

band con dj e corpo di ballo

Andrea Sannino dalla musica alla televisione, dal teatro al cinema, si consacra come giovane talento partenopeo.

Andrea Sannino interprete di Renato Carosone sia come attore sia come cantante. Ad aprile 2021, infatti Andrea diventa Renato Carosone, nel musical e anche cantante nel cd dedicato al grande artista. Un cd per ricordare musicalmente Renato Carosone. L’album raccoglie le canzoni più significative di Carosone, l’americano di Napoli, l’edizione speciale del fortunato musical – scritto dal giornalista Federico Vacalebre, per la regia di Luigi Russo – che racconta la storia del grande musicista napoletano. Riparte dal 5 novembre 2021 dal Teatro Agusteo di Napoli

Sannino così si consacra come un artista versatile. Negli ultimi anni Andrea vive un’escalation il suo percorso artistico. La canzone simbolo del lockdown, Abbracciame, con oltre 50mila views e un Disco D’Oro. Ma anche attore nella serie storica “Un posto al sole”, e interprete di tre brani in altrettanti film nazionali e molto altro.

Andrea sta dimostrando di mantenere fede alla sua vera natura di cantante napoletano, nel valorizzare la storia e la cultura partenopea, oltre ad essere un artista versatile, molto stimato nel mondo della musica, del cinema e del teatro.
In ultimo è stato anche ospite della cena di gala a sostegno dei progetti della Andrea Bocelli Fondation, dove c’erano molte eccellenze campane come Salvatore Esposito, Peppino di Capri e Cannavaro e dove Andrea si è esibito davanti al grande tenore.

Il 23 settembre invece è uscito nelle sale cinematografiche il film di Alessandro Siani “Benevenuti in casa Esposito “ dove la colonna sonora è di Andrea Sannino, dal titolo Ciento Rose, scritta insieme ad Alessandro Siani, Mauro Spenillo e Pippo Seno.
Anche nei film di Natale ci saranno altri due brani realizzati e cantati da Andrea, Il primo, dal titolo “Chi ha incastrato Babbo Natale” sarà il film di Alessandro Siani e Christian De Sica e l’altro, dal titolo “Belli ciao” di Pio e Amedeo. Sempre nel 2021 Andra Sannino chiude il fortunatissimo programma, su Canale 5, di Pio e Amedeo.

andrea sannino

Bermudas in anteprima di stagione al Teatro Nuovo

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Bermudas al Teatro Nuovo in anteprima di stagione

Giovedì 28 ottobre 2021 al Teatro Nuovo Napoli lo spettacolo di danza “Bermudas” ideato da Michele Di Stefano.

Michele Di Stefano porta in scena, al Teatro nuovo di Napoli, la sua Compagnia MK con una composizione ampia, corale ed intensa per l’anteprima di stagione del palcoscenico partenopeo.

Il Teatro Nuovo di Napoli alzerà il sipario sulla stagione teatrale 2021 – 2022, giovedì 28 ottobre alle ore 21.00 ospitando la Compagnia MK nell’ipnotico e coinvolgente Bermudas. Lo spettacolo, già vincitore del Premio UBU 2019, fa parte del progetto NA-SA_mk a cura di Michele Mele. Sostenuto da Regione Campania – Scabec, Teatro Pubblico Campano, Casa del Contemporaneo e Comune di Salerno, Bermudas è un omaggio a Michele Di Stefano e il suo gruppo MK. Infatti nel 2019 la compagnia ha festeggiato i vent’anni di percorso artistico e attività. Numerosi i riconoscimenti ed i premi che la compagnia e lo stesso Michele Di Stefano hanno ricevuto nel corso della loro carriera. Ricordiamo il Leone d’argento a Michele Di Stefano per l’innovazione nella danza alla Biennale di Venezia nel 2014, il premio Nico Garrone del 2018 ed ancor prima il premio Danza&Danza nel 2000.

Bermudas di Michele Di Stefano

Bermudas è basato su regole semplici e rigorose, che producono un moto perpetuo

Lo spettacolo è una coreografia intrigante e ipnotica, pensata per un numero variabile d’interpreti, da tre a tredici, intercambiabili tra loro. Ispirato dalle teorie del caos, dalla generazione d’insiemi complessi a partire da condizioni semplici. Dai sistemi evolutivi della fisica e della meteorologia, Bermudas è basato su regole semplici e rigorose, che producono un moto perpetuo. Moto che risulta adottabile da ogni performer come una condizione per esistere accanto agli altri e costruire un mondo ritmicamente condiviso.

Al centro di questo sistema di movimento sono le caratteristiche singolari dei danzatori, le cui individualità sono chiamate a originare incontri e mediazioni. Si genera un campo energetico molto intenso, cui il nome Bermudas ironicamente fa riferimento, un rituale collettivo che gestisce e assorbe tendenze divergenti e malintesi.

L’impianto coreografico dipende in maniera fondamentale dalle caratteristiche singolari dei performers. Inserire punti di vista differenti sull’uso dello spazio. La prossemica tra i corpi o il modo in cui è percepita l’attività di danza in un rituale collettivo, trasforma immediatamente la coreografia in un progetto d’incontro e mediazione tra individui che possono essere i più disparati e i più lontani tra loro per attitudine, organizzazione gestuale e intensità espressiva. E per gestione del malinteso.

Muratori di Edoardo Erba al teatro Sannazzaro

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Mratori di Edoardo Erba

Da venerdì 29 a domenica 31 ottobre al teatro Sannazaro va in scena Muratori di Edoardo Erba per la regia di Peppe Miale.

Muratori, la celebre commedia di Edoardo Erba viene messa in scena per la prima volta in lingua napoletana. Dal 29 al 31 ottobre al Teatro Sannazzaro vedremo impegnati Angela De Matteo, Massimo De Matteo, Francesco Procopio diretti da Peppe Miale in una commedia che affronta un tema quantomai attuale. Muratori infatti affronta la crisi dei teatri sempre più sacrificati per fare spazio a lucrosi megasupermercati. Tra esilaranti scambi comici e momenti di profonda riflessione, una storia di amicizia, rivincita e conflitti sociali che è un inno d’amore al teatro.

Muratori. La trama in sintesi

Di notte due muratori napoletani penetrano dentro una sala teatrale a confine con un supermercato. Lo scopo è di per realizzare, su incarico dell’unico proprietario, un muro abusivo velocemente e senza fare rumore. Giusto per allargare gli spazi del contiguo esercizio commerciale. Ma un’incantevole figura di donna, forse un riflesso di un ricordo di qualche personaggio già andato in scena su quel palco, si mostra ora all’uno ora all’altro per scombussolare le rispettive esistenze.

Così i due poveri muratori iniziano una staffetta di infatuazioni. Il sodalizio edile iniziale vacilla, lasciando sul terreno di quella contesa i rottami delle rispettive esistenze, tutte declinate alle miserande prospettive di due poveri cristi.

Lo spettacolo raccontato dal regista Peppe Miale

In una notte sospesa e infinita – scrive il regista Miale – due muratori si insinuano illegalmente in una sala teatrale al confine con un supermercato per realizzare un muro abusivo. Il fine è quello di allargare gli spazi del contiguo esercizio commerciale su mandato del proprietario del palazzo che contiene i due locali.

Ma la magia di quel luogo che sta per essere violato vive rappresentandosi in presenze presunte, rumori sinistri, luci irregolari, inducendo perplessità e domande nelle menti e nei cuori dei nostri due anti-eroi. Quando poi si palesa un’incantevole figura di donna, tale signorina Giulia, che appare ora all’uno ora all’altro. Ecco allora che Germano e Fiore nella più assoluta inconsapevolezza, quasi prede di un sortilegio, accennano a citazioni di parole testi e immagini che rimandano al luogo che stanno abitando in quella strana notte.

I due poveri lavoratori, cui la notte e la stanchezza avevano già offerto il destro per parlare dei massimi sistemi pur sempre in coerenza con la loro identità, si confrontano anche duramente fino addirittura a creare i presupposti per scombinare il sodalizio edile che avevano cercato di avviare, lasciando sul terreno di quella contesa i rottami delle rispettive esistenze. Rottami che poi sono anche i rottami di quell’abusivo muro che stanno realizzando e che scopriremo se riuscirà a diventare impresa compiuta. È il teatro che prova a sopravvivere sublimando se stesso in un viaggio infinito che vale proverbialmente più della meta.

Il testo di Edoardo Erba naviga tra rigogliosi orizzonti di concreta e raffinata comicità e, mai disdegnandole anzi sublimandole, piccole sorprendenti e sostanziali soste in acque che demandano ad un’acuta riflessione sulla condizione umana. E se nella nostra lettura, la retorica potrebbe rappresentare facile inciampo, è nostro desiderio provare a denunciare che, se è vero come è vero, che il momento pandemico in essere costringe ad una crisi della cultura (di cui il Teatro è solo fra le più alte rappresentazioni), è pur vero che l’Autore già nel 2002 ci segnalava che c’era chi desiderava che la cultura fosse murata in un supermercato.

Ed è quindi sempre nostro compito provare, con umiltà, ad essere quella signorina Julie che crea le condizioni affinché i muri non si sostituiscano ai sipari.

muratori al teatro sannazzaro

Il testo nato in italiano, venne subito cambiato in romanesco. Successivamente venne declinato anche in friulano ed in tedesco

ll testo di Muratori è nato in Italiano. – dice Edoardo Erba- E a me pareva bello così. Ma lo lesse Franco Quadri e mi telefonò subito: senti, il testo è ottimo, ma la lingua non va, rende proco credibili i personaggi. Io ci vedrei un dialetto, o almeno una forte cadenza regionale. Così nacque Muratori in romanesco, frutto di un minuzioso lavoro del gruppo che l’avrebbe poi messo in scena: Massimo Venturiello, Nicola Pistoia, Paolo Triestino ed io. L’edizione romana fu un successo che si prolungò per sedici stagioni consecutive. Un piccolo record, per lo meno per la mia drammaturgia.

Esaurita questa versione – che ne aveva figliate due: una in tedesco e l’altra in friulano – oggi Muratori riparte da Napoli. Con un gruppo di lavoro fresco, competente, motivato. Per la napoletanizzazione del testo abbiamo lavorato tutti insieme, esattamente come s’è fatto per il romanesco: una settimana di studio e lavoro, di confronto serrato parola dopo parola, battuta dopo battuta.

È rinato un testo di cui sono entusiasta. E grazie al lavoro di Geppi Liguoro, di Peppe Miale, di Massimo ed Angela De Matteo, di Francesco Procopio, di Luigi Ferrrigno e di tutti gli altri – vorrei citarli uno a uno perché sono tutti meritevoli – ha generato uno spettacolo memorabile. Vedendolo in scena al Campania Teatro Festival ho avuto l’impressione che appartenesse naturalmente alla tradizione del teatro napoletano. E per un pavese come me, credetemi, è un’emozione impagabile.

Muratori non ha solo cambiato lingua, ha cambiato umore, è un’altra cosa. Perciò chi ha già visto lo spettacolo in versione romanesca, può tuffarsi in quest’altro viaggio, con la certezza di trovarsi di fronte a qualcosa di assolutamente nuovo.
Napoli non è una città, è un mondo. E questo mondo è in grado di assimilare tradizioni diverse e farle proprie. Penso alle canzoni di Pino Daniele, dove il blues, la musica brasiliana e tante altre suggestioni, diventano carne e sangue di questa città, come se le fossero appartenute da sempre.

C’è a Napoli – ma non sono certo io a scoprirlo – una creatività diffusa, un’agilità di pensiero e una capacità di accoglienza unica e sorprendente. E io sono felice di sentirmi ostinatamente chiamare Eduardo invece di Edoardo, perché in quel cambio di vocale percepisco la stima e l’affetto di cui sono circondato. Presentarsi come autore a Napoli è come fare un esame difficilissimo, davanti a un pubblico severo. Grazie al lavoro di questa splendida compagnia, credo di aver superato la prova. Ringrazio tutti, uno per uno, e mi auguro che questo sia il primo di una serie di lavori che trovino proprio in Napoli stimolo e ispirazione.

La Masseria Ferraioli e il Teatro Deconfiscato come esempio di protezione e rivalutazione del territorio

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Il turismo è una ricchezza ed una risorsa inestimabile per un paese come l’Italia, e va protetto e coltivato.

Ormai è evidente a tutti, il turista va li dove si sente accolto e sicuro. E’ quindi fondamentale trasmettere sempre il fatto che sia la comunità civile ad avere il controllo del proprio territorio e non le mafie. E se questo è vero per tutte le città e le regioni, diventa poi maggiormente importante per città come Napoli.

Napoli grazie alla forza impressa dal turismo, vive da qualche anno un periodo di particolare splendore. Le attività che ruotano attorno a questa industria nascono copiose e crescono fiorenti. Ma il turismo è un bene delicato, che va protetto e coltivato ogni giorno per farlo crescere sempre più.

Il turismo va protetto da chi preferisce che la propria città salga alla ribalta per fatti di cronaca, piuttosto che per le eccellenze e le unicità che questa terra ospita.

Un esempio di come fare per proteggere la nostra città e di come proteggere il nostro futuro ci viene mostrato da Giovanni Russo e da Giovanni Meola.

Giovanni russo e la Masseria Ferraioli

Giovanni Russo è il presidente di uno dei cinque soggetti che gestiscono la Masseria Ferraioli, bene confiscato alla camorra ed oggi restituito alla comunità. Oggi la Masseria Ferraioli, dopo un grande lavoro di ripristino, è riuscita a coinvolgere concretamente la comunità, facendo vivere loro quei terreni e quegli spazi che prima gli erano stati negati.

Giovanni Russo spiega che la Masseria Ferraioli attualmente ospita 308 orti urbani, coltivati da ben 308 famiglie. Nelle giornate di sole, per la gente che c’è a coltivare gli orti urbani sembra addirittura di stare ad una festa. E quello degli orti urbani è solo una delle due iniziative che la Masseria Ferraioli ha adottato per coinvolgere la comunità. La seconda iniziativa è quella degli eventi culturali come il teatro deconfiscato.

Giovanni Meola ed il Teatro Deconfiscato

Il Teatro Deconfiscato, festival di teatro nei beni confiscati alle mafie, ideato da Giovanni Meola regista e drammaturgo, accende i riflettori su quei beni che seppur sequestrati alle mafie, non sono rientrati ancora in possesso della comunità.

Il suo format di Giovanni Meola è, a nostro avviso, un modo alternativo molto valido di proteggere il territorio. Il Teatro Deconfiscato allestisce spettacoli importanti teatrali all’interno di beni confiscati alle mafie. Giovanni Meola riporta nel circuito della legalità quei beni che, seppur confiscati, non erano concretamente ritornati alla comunità. E’ realistico immaginare il disagio che ci possa essere a prendere possesso di beni che fino a poco prima erano stati oggetto di fatti di cronaca o, peggio, motivo di paura o di un concetto distorto di rispetto perché appartenenti ad un “boss”. Meola con il suo Teatro Deconfiscato abbatte questo disagio e riporta la comunità a vivere nuovamente quei luoghi che prima gli erano proibiti.

E inizia proprio oggi la rassegna del Teatro Deconfiscato che, fino al 31 ottobre ospiterà alla Masseria Ferraioli artisti e spettacoli di grande successo come ad esempio  “Kohlhaas” che proprio alla Masseria Ferraioli festeggerà la 1101 replica dello spettacolo.

teatro deconfiscato alla masseria ferraioli