Dopo ben 7 anni dal primo debutto Sabato 9 e Domenica 10 andrà in scena al teatro Bolivar “Appassionatamente Comici 2 – Il Richiamo”
Giorgio Gori e Guglielmo Capasso tornano a lavorare insieme dopo sette anni dal loro ultimo spettacolo di coppia e lo fanno con i loro cavalli di battaglia.
“Appassionatamente Comici 2 – Il Richiamo” arriva al teatro Bolivar e fa tappa due giorni: sabato 9 aprile, alle ore 21, e domenica 10 aprile, alle ore 18. Il regista Giorgio Gori propone, insieme a Guglielmo Capasso, con cui torna a fare coppia artistica dopo sette anni, una rilettura del nuovo avanspettacolo con nuovi sketch, nuove canzoni e nuove coreografie ma lasciando in scena sempre quel baule zeppo di ricordi.
Appassionatamente Comici 2 mira ad un obiettivo ben preciso:
L’idea nasce dall’importanza che ha ricoperto l’avanspettacolo per le compagnie teatrali, offrendo l’opportunità di uscire dai bassifondi del piccolo cabaret ed approdare ai grandi teatri. E proprio come i nostri vecchi comici durante il dopoguerra, i nostri artisti contemporanei escono da un periodo quasi infinito di pandemia, dunque cantanti, ballerine, musicisti e soprattutto comici, con i loro bauli pieni di vestiti, parrucche e cappelli vanno in giro per l’Italia, non avevendo soldi nè un lavoro ma una grandissima voglia di far ridere e “far ridere appassionatamente”!
La struttura dell’opera e chi la compone:
Una scenografia semplice fa da contorno ad un susseguirsi di sketch comici del classico varietà, inserendo un’impronta moderna e un gioco di improvvisazione e comicità da parte dei due protagonisti. Le coreografie sono di Luisa Pellino che dirige il corpo di ballo.
Cast: Giorgio Gori (autore/regista), Guglielmo Capasso (autore/attore), Luisa Pellino (coreografa)
Con: Mirella Carnile, Tina Lillini, Lino Manna, Chiara Campanile, Roberta Barone, Enza Pellecchia, Giulia Tomacelli e Luigi Tamburrini, Sara Fusco
Pupi Avati sceglie il maestro casertano, Francesco Oliviero per scrivere la colonna sonora del film che rappresenta il sogno nel cassetto del regista
Francesco Oliviero e Pupi Avati: dall’incontro tra il compositore-arrangiatore casertano ed il regista-sceneggiatore internazionale prende forma la colonna sonora della ballata medievale che accompagna Beatrice nel film su Dante, di prossima uscita; film che vede coronare il sogno di una vita del maestro bolognese Pupi Avati.
È direttamente Pupi Avati a dare l’annuncio della collaborazione con Francesco Oliviero, che firma appunto la colonna sonora principale del film ispirato a Dante. Pupi Avati ha dato l’annuncio durante il suo intervenuto al Museo Campano di Capua per un dialogo su Dante e per la presentazione del libro dal quale, poi, ha preso le mosse la sceneggiatura del film.
Francesco Oliviero, di origini casertane, è un compositore che vanta collaborazioni di alto profilo: da Orietta Berti a Noa, a Enzo Avitabile
“E’ stato per me un grande onore – sottolinea il musicista casertano – ricevere, pubblicamente, davanti ad un uditorio qualificato, in quel di Capua, i complimenti del maestro Avati. E’ stato stesso lui, nel corso della presentazione del suo libro, a dare l’annuncio della collaborazione instaurata che mi vede firmare la colonna sonora principale del film su Dante, la cui realizzazione ha rappresentato per ben 18 lunghi anni un sogno nel cassetto dello stesso Avati”.
Un talento internazionale, dunque, che incontra un grande compositore-arrangiatore, con natali casertani, che, a differenza di altri, ha deciso di restare nella sua Terra di Lavoro e di lavorare sodo per imporsi nel panorama italiano come autore di brani di successo: ricordiamo, tra l’altro, la colonna sonora del film di Giuliano Biagetti, allievo di Rossellini, dal titolo “Sì, ma vogliamo un maschio”, oppure il brano “Io Sono il Cane” inserito nel cofanetto dei 55 anni di carriera della sempre verde Orietta Berti. Senza dimenticare le collaborazioni con Fausto Mesolella, con Enzo Avitabile, con Noa e con Massimo Lopez.
Insomma un curriculum di tutto rispetto quello del maestro Oliviero che vede riconosciuta la sua indiscussa bravura e professionalità dall’incontro con Pupi Avati, 53 film all’attivo, che gli chiede di firmare la colonna sonora principale del film su Dante che vede un cast di attori d’eccezione: tra gli altri Sergio Castellitto, Enrico Lo Verso, Alessandro Haber, Leopoldo Mastelloni, Mariano Rigillo e Milena Vukotic.
Francesco Oliviero dopo aver firmato la colonna sonora del film su Dante, è già impegnato in nuovi grandi progetti
“E’ stato un lavoro tutt’altro che semplice – argomenta il maestro Oliviero – dal momento che avevo ricevuto soltanto delle indicazioni di massima: il ritmo, ballata medievale e nulla di più. Alla fine sono riuscito ad accontentare i desiderata dell’immenso Pupi. Colgo l’occasione per ringraziarlo dal momento che mi ha dato lustro, anche se, non lo nascondo, mi sono trovato non poco in difficoltà. Ad un certo punto mi ha detto: Mi tolga questo invito al tango”.
Nemmeno il tempo di ufficializzare questa collaborazione di primissimo piano che il pianista casertano già si lascia andare ad un suo prossimo lavoro: un libro. “Il titolo che ho scelto è ‘Muro di Gomma’. Ma non posso aggiungere altro. Quello che posso dire è che ognuno di noi, nella sua vita, si è scontrato o si scontrerà con un muro di gomma. Ed io voglio raccontare la mia storia”. I ragazzi di ghostwriter diplomarbeit ci hanno aiutato con la progettazione dell’articolo.
Al Teatro Bolivar di Napoli un nuovo evento firmato Nu’Tracks: venerdì 11 marzo la musica de “il muro del canto”
“Il Muro del Canto” tornano in tour e come prima tappa c’è il palco del Teatro Bolivar di Napoli per poi proseguire all’Estragon di Bologna. Il gruppo musicale romano, composto da Daniele Coccia, voce e testi, Alessandro Pieravanti (voce narrante e percussioni), Ludovico Lamarra (basso elettrico), Eric Caldironi (chitarra acustica e pianoforte) e Alessandro Marinelli (fisarmonica), sarà in concerto, con un evento a firma Nu’Tracks, al teatro Bolivar, venerdì 11 marzo.
Dopo l’uscita dei recenti singoli “Controvento” e “Cometa”, si attende il nuovo album della formazione capitolina, da sempre voce popolare senza tempo in grado di far piangere, sorridere e danzare. Un progetto musicale che infuoca gli animi attraverso il linguaggio della serenata, della ninna nanna antica, con una costante attenzione ai sentimenti più carnali e al tema del lavoro.
Presso il Complesso Universitario di Monte Sant’Angelo, Aula Carlo Ciliberto, appuntamento con “ScarlattinJazz” per la rassegna musicale “Concerti per Federico”, con divagazioni sinfoniche tra Classico e Jazz.
“ScarlattinJazz” giovedì 10 marzo 2022 alle ore 19:00, a Napoli in Via Cupa Nuova Cintia 21, presso il Complesso Universitario di Monte Sant’Angelo, Aula Carlo Ciliberto. Per la rassegna musicale “Concerti per Federico”, “ScarlattinJazz” propone divagazioni sinfoniche tra Classico e Jazz, da Scarlatti a Duke Ellington. Con la Nuova Orchestra Scarlatti, il pianista e direttore Bruno Persico e la partecipazione straordinaria di Daniele Sepe.
Una rassegna musicale itinerante fra le varie sedi dell’Università Federico II
“ScarlattinJazz” è il nuovo appuntamento di “Concerti per Federico”, la rassegna musicale itinerante fra le varie sedi dell’Università Federico II, ideata e realizzata dalla Nuova Orchestra Scarlatti in partnership con il progetto F2Cultura dell’Ateneo federiciano.
Per l’occasione la Nuova Orchestra Scarlatti partirà nella più pura veste di orchestra classica con un’intensa pagina di Alessandro Scarlatti, per poi muoversi attraverso suggestive rielaborazioni musicali di tre secoli di musica, in metamorfosi sinfoniche sempre più coinvolgenti – da Händel al Bernstein di West Side Story, passando, fra le altre cose, anche per un Beethoven incredibilmente swing – e trasformarsi infine in una grande jazz band al ritmo trascinante di Duke Ellington e Teddy Wilson.
“ScarlattinJazz” con Bruno Persico in veste di direttore e ospite d’eccezione Daniele Sepe
A guidare il gioco, in veste di compositore, pianista e direttore, Bruno Persico, versatile figura di musicista napoletano, da sempre alla ricerca di una originale sintesi tra forme classiche e improvvisazione jazz.
A rendere ancora più interessante un appuntamento già così ricco di suggestioni sarà la partecipazione di un ospite d’eccezione: Daniele Sepe, il celebre sassofonista e compositore partenopeo capace di sintesi creative “tra tante cose molto diverse”, come lui stesso dice: jazz, folk, reggae, world music e musica classica, sintesi sempre originali e di grande fascino sonoro, che lo hanno fatto paragonare a Frank Zappa.
Al teatro Sannazaro Laura Sicignano dirige Baccanti un adattamento da Euripide della stessa Sicignano con Alessandra Vannucci.
Da venerdì 11 a domenica 13 marzo al teatro Sannazaro Laura Sicignano dirige Baccanti un adattamento da Euripide della stessa Sicignano con Alessandra Vannucci. In scena ci sono: Aldo Ottobrino, Manuela Ventura, Egle Doria, Lydia Giordano, Silvia Napoletano, Alessandra Fazzino, Franco Mirabella, Silvio laviano.
Baccanti parla di un rito arcaico.
Questa tragedia ci appare oggi misteriosa e rivoluzionaria in quanto l’autore sembra rinunciare definitivamente all’idea che vi sia una forza ordinatrice alla base del Cosmo. Bacco nel nostro spettacolo è un’entità androgina ed eversiva: è il regista che tiene segretamente le fila di tutti gli eventi.
Gioca a dadi le vite degli uomini e si diverte. La divinità dai molti nomi e dalle molte storie che più di tutte tra i greci rappresenta il Caos è al tempo stesso il legame con la Zoè, la forza vitale che tutto attraversa. Dio e disordine finiscono per identificarsi, così come Penteo e Dioniso si contrappongono e si rispecchiano come due opposti che si attirano e si respingono.
Baccanti è un mondo rovesciato dove il razionale, virile, Penteo, il re dalle certezze assolute, viene sedotto dall’ambiguo straniero, che lo irretisce in un gioco al massacro, dove sarà proprio la madre Agave a smembrarlo gioiosamente, mentre i vecchi Cadmo e Tiresia sono follemente sapienti e amorali, le donne non rispettano le regole e si inebriano danzando e fondendosi con la natura.
Baccanti sembra citare a priori e contenere in sè gran parte del teatro futuro. Questa tragedia è attraversata da un rito arcaico di smembramento e rigenerazione, misterioso e profondamente radicato nella nostra cultura. Siamo nella stanza di un museo infestato da presenze malefiche, che forse è la traduzione spaziale della mente di Penteo, uno spazio geometrico e razionale, ma minacciato da muffe e infiltrazioni, inquietudini e desideri violentemente repressi. Qui si manifestano apparizioni e scomparse di sogni e di inconfessabili desideri.
Le Baccanti sono un piccolo esercito impeccabile di principesse inservienti pronte a danzare e a sbranare
Siamo in un circo demoniaco, dove regnano metamorfosi e travestimento. Su musica elettronica, le donne corrono con i lupi: streghe e femmine folli di Dioniso, le Baccanti sono un piccolo esercito impeccabile di principesse inservienti pronte a danzare e a sbranare, sfuggono allo stereotipo dello sguardo maschile e sono libere. Baccanti è la celebrazione del mistero prepotente fino all’assurdo di Dioniso, della Zoé che non ha morale, la cui sacerdotessa è la potenza dell’imprevedibile forza eversiva femminile.
Baccanti è una distruzione e una rinascita. In quest’opera Euripide sembra esprimere l’intuizione che nella cultura occidentale stia avvenendo una fine e un nuovo inizio I ragazzi di Online Klausur schreiben lassen hanno collaborato alla stesura dell’articolo.
Giovedì 24 febbraio al Teatro Nuovo di Napoli Dolore sotto chiave/Sik Sik l’artefice magico di Eduardo De Filippo. Carlo Cecchi porta in scena due piccoli gioielli della tradizione eduardiana, riflessione sul mondo del teatro come metafora della vita
Dolore sotto chiave/Sik Sik l’artefice magico, due gioielli della tradizione eduardiana, saranno in scena, giovedì 24 febbraio 2022 alle ore 21.00 (repliche fino a domenica 27) al Teatro Nuovo di Napoli per la regia di Carlo Cecchi, anche interprete assieme ad Angelica Ippolito, Vincenzo Ferrera, Dario Iubatti, Remo Stella, Marco Trotta.
Maestro del teatro, funambolo e innovatore della scena che ha attraversato il Novecento, Carlo Cecchi restituisce con questo dittico l’amarezza e il realismo di Eduardo De Filippo, la sua capacità di graffiare anche con una sola, fulminea invenzione paradossale. Presentato da Marche Teatro, Teatro di Roma-Teatro Nazionale ed Elledieffe, il lavoro di Cecchi mette in scena due storie scritte a molti anni di distanza l’una dall’altra, che si legano fluide come due atti di un unico spettacolo.
Dolore sotto chiave è un gioco beffardo sul senso della morte portato in scena con irresistibile comicità. Mentre Sik Sik l’artefice magico, atto unico scritto nel 1929, è uno dei capolavori del Novecento. “Come in un film di Chaplin – racconta Cecchi – è un testo immediato, comprensibile da chiunque e nello stesso tempo raffinatissimo. L’uso che Eduardo fa del napoletano e il rapporto tra il napoletano e l’italiano trova qui l’equilibrio di una forma perfetta, quella, appunto, di un capolavoro”.
Sik -Sik (in napoletano, “sicco” significa secco, magro e, come racconta lo stesso Eduardo, si riferisce al suo fisico) è un illusionista maldestro e squattrinato che si esibisce in teatri d’infimo ordine insieme con la moglie Giorgetta e Nicola, che gli fa da spalla. Una sera il compare non si presenta per tempo e Sik Sik decide di sostituirlo con Rafele, uno sprovveduto capitato per caso a teatro. Con il ripresentarsi di Nicola poco prima dello spettacolo e con il litigio delle due “spalle” del mago, i numeri di prestigio finiranno in un disastro e l’esibizione si rivelerà tragica per il finto mago ma di esilarante comicità per il pubblico.
Un rigoroso esempio di coscienza critica nel classico gioco “del teatro nel teatro” attraverso quella contrapposizione tra realtà e finzione, spinta oltre l’asfittico dibattito tra vita e forma. Due anime artistiche vigorose si saldano così sulle tavole del palcoscenico, per entrambi “specchio” in cui la realtà si riflette nella finzione e viceversa.
Dolore sotto chiave è un gioco beffardo sul senso della morte portato in scena con irresistibile comicità
Dolore sotto chiave nasce come radiodramma nel 1958, andato in onda l’anno successivo con Eduardo e la sorella Titina nel ruolo dei protagonisti, i fratelli Rocco e Lucia Capasso. Viene portato in scena due volte con la regia dell’autore, con Regina Bianchi e Franco Parenti nel 1964 (insieme a Il berretto a sonagli di Luigi Pirandello) per la riapertura del Teatro San Ferdinando di Napoli e nel 1980 (insieme a Gennareniello e Sik-Sik) con Luca De Filippo e Angelica Ippolito.
Lucia, sorella di Rocco, per molti mesi nasconde al fratello – nel timore che questi possa compiere un atto inconsulto – l’avvenuta morte della moglie Elena e finge di occuparsi delle cure della donna, gravemente malata. Lucia impedisce a Rocco di vedere la moglie, con la scusa che la sua sola presenza potrebbe causare emozioni che potrebbero esserle letali. Rocco, esasperato dalla interminabile agonia di lei, in una crisi di rabbia entra a forza nella stanza della malata e la scopre vuota. Lucia gli rivela l’amara verità: la moglie è morta da tempo, mentre lui era in viaggio per lavoro. Comincia qui un alternarsi di responsabilità e accuse fra i due fratelli; si presentano, non voluti da Rocco, i vicini, per sostenerlo nel lutto; infine Rocco rivelerà alla sorella i suoi segreti.
In Dolore sotto chiave torna in scena il tema della morte, affrontato da Eduardo in tante sue opere, in chiave comica, seria o semiseria: da Requie a l’anema soja, al primo atto di Napoli milionaria! Fino al parodistico funerale dell’ultimo lavoro, Gli esami non finiscono mai. In Dolore sotto chiave questo tema non è poi così centrale come potrebbe sembrare, la morte non è la protagonista della vicenda.
A tenere la scena non sono le conseguenze della morte di Elena, ma una vita che non è più vita proprio perché qualcuno ha deciso di sottrarre quell’evento alle sue leggi naturali. La morte fa il suo corso – sembra dire Eduardo – portando con sé un carico di lutti, ma all’uomo non resta che affrontarla, perché anch’essa fa parte della vita e cercare di negarla, di non riconoscerla, significa negare la vita stessa. E non c’è mostruosità peggiore, dice l’autore per bocca del suo personaggio, che bloccare il flusso naturale dell’esistenza, sostituire la vita vera con una artificiale e falsa, in cui anche i sentimenti, i dolori, le emozioni risultano paralizzati (I Meridiani, Einaudi)
Sik-Sik l’artefice magico, atto unico scritto nel 1929, è uno dei capolavori del Novecento.
“Come in un film di Chaplin” – dice Carlo Cecchi – “è un testo immediato, comprensibile da chiunque e nello stesso tempo raffinatissimo. L’uso che Eduardo fa del napoletano e il rapporto tra il napoletano e l’italiano trova qui l’equilibrio di una forma perfetta, quella, appunto, di un capolavoro.” Sik-Sik (in napoletano, “sicco” significa secco, magro e, come racconta lo stesso Eduardo, si riferisce al suo fisico) è un illusionista maldestro e squattrinato che si esibisce in teatri di infimo ordine insieme con la moglie Giorgetta e Nicola, che gli fa da spalla.
Una sera il compare non si presenta per tempo e Sik-Sik decide di sostituirlo con Rafele, uno sprovveduto capitato per caso a teatro. Con il ripresentarsi di Nicola poco prima dello spettacolo e con il litigio delle due “spalle” del mago, i numeri di prestigio finiranno in un disastro e l’esibizione si rivelerà tragica per il finto mago ma di esilarante comicità per il pubblico.
Con più di 450 repliche solo a Napoli, lo spettacolo ebbe un successo enorme. Eduardo reinterpretò Sik-Sik alla fine della sua carriera; recitò per l’ultima volta al Teatro San Ferdinando di Napoli nell’aprile del 1979 e nel 1980, al Manzoni di Milano, affiancato dal figlio Luca e da Angelica Ippolito, si ritirò dalle scene dopo cinquant’anni di carriera. “Partecipai all’edizione del 1980” – ricordava Luca De Filippo in un’intervista – “Allora ero giovane, fu un momento bellissimo. Avevo già fatto parti importanti, ma nel ruolo di Rafele riuscii per la prima volta a far ridere mio padre”.
Carlo Cecchi attore e regista
Carlo Cecchi, dopo aver frequentato, all’inizio degli anni Sessanta, l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica come allievo attore, dal 1968, anno di fondazione del suo proprio teatro, ha diretto molti spettacoli e recitato molti ruoli. Si ricordano: Il borghese gentiluomo e Il misantropo di Molière (con le traduzioni di Cesare Garboli), Woyzek e Leonce e Lena di Büchner, Il bagno di Majakovski, L’uomo, la bestia e la virtù di Pirandello, Il compleanno di Pinter, Finale di partita di Beckett, e molti lavori di Shakespeare, fra cui una trilogia: Amleto, Sogno di una notte d’estate, Misura per misura.
Con il Teatro Stabile delle Marche (oggi MARCHE TEATRO), di cui è artista di riferimento dal 2003, ha in repertorio: Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello, Tartufo di Molière, Claus Peymann compra un paio di pantaloni e viene e mangiare con me di Thomas Bernhard, Sik Sik l’artefice magico di De Filippo e Sogno di una notte d’estate di Shakespeare, il dittico Troppo sbronzo da dire ti amo? di Caryl Churchill e Prodotto di Mark Ravenhill.
In tutti questi spettacoli Cecchi è protagonista e regista. Come attore ha interpretato nel 2013 La serata a Colono di Elsa Morante diretto da Mario Martone prodotto dalla Fondazione Teatro Stabile di Torino, Marche Teatro e Teatro di Roma. Per questo spettacolo è stato premiato con l’UBU come miglior attore protagonista.
Sempre come regista e attore con Marche Teatro ha portato in scena negli ultimi anni La dodicesima notte di William Shakespeare (co-prodotto con Il Teatro Franco Parenti) e Enrico IV di Luigi Pirandello. Nel dicembre 2021 gli è stato assegnato il Premio Ivo Chiesa_Una vita per il teatro.
Doppio debutto per lo spettacolo Sorelle primo adattamento italiano di Souers, testo del pluripremiato drammaturgo Pascal Rambert che ne ha curato anche la regia con Sara Bertelà e Anna Della Rosa.
Sorelle debutteràil 23 e 24 febbraio al teatro Ghirelli di Salerno e poi sarà in scena dal 25 al 27 febbraio al teatro Sannazaro di Napoli. Dopo i successi di Clôture de l’amour, Répétition (Prova) e Architecture (con cui ha inaugurato il Festival di Avignon nel 2019), Il regista e autore francese dirige due attrici molto amate dal pubblico e recentemente applaudite in diverse produzioni TPE: Sara Bertelà (Molière/Il Misantropo, Una specie di Alaska, Niente di me) e Anna Della Rosa (Molière/Il Misantropo, Accabadora, Cleopatràs).
Sorelle è grande racconto che pone al centro la resa dei conti tra due sorelle, che lui stesso descrive come: «uno smisurato conflitto tra due donne che tutto separa e tutto riunisce. Una lotta all’ultimo sangue. Parola contro parola. Corpo contro corpo. Per dirsi – attraverso tutta questa violenza – solamente una cosa: l’amore che provano l’una per l’altra». Sorelle parte da un conflitto famigliare per assumere in maniera raffinata e sottile una visione geopolitica perturbante per noi occidentali e poeticamente inedita.
Pascal Rambert: “La forza del conflitto risiede, infatti, su due elementi: il potere dello scambio verbale e l’eco che questo genera nello spazio e nel tempo”.
Aggiunge Pascal Rambert «Non esiste una trama, mi piace immaginare lo spettacolo in termini di energia. Non mi interessa raccontare una storia di conflitto ma focalizzarmi su come le interpreti incarnano il testo. Sull’energia reale e organica che scaturisce dalla relazione che i loro due corpi instaurano nello spazio. Quando dico che si tratta di uno scontro tra due sorelle, dico tutto e allo stesso tempo niente. La forza del conflitto risiede, infatti, su due elementi: il potere dello scambio verbale e l’eco che questo genera nello spazio e nel tempo. È qualcosa che si rinnova ogni sera e che richiede un notevole sforzo fisico».
Sulla genesi della versione italiana aggiunge: «A volte le cose vanno così. Ho scritto e diretto le versioni di Soeurs a Parigi e Madrid contemporaneamente con Audrey Bonnet e Barbara Lennie con cui, qualche anno prima, avevo lavorato rispettivamente per la versione francese e spagnola di Clôture de l’Amour, andata in scena Italia proprio con Anna Della Rosa. Un giorno, Anna, mi chiama e mi dice che sarebbe felice di fare la versione italiana di Soeurs, e che Sara Bertelà si sarebbe unita a noi. Le dico di sì perché ho voglia di fare questa esperienza».
E così il regista ha rimodellato la pièce sul corpo e la personalità di Anna Della Rosa e Sara Bertelà in questo che è il primo adattamento italiano del suo testo. Il ghostwriter BWL ha collaborato alla stesura e all’impaginazione dell’articolo.
Alessandro Pietrolini ci racconta lo spettacolo Duum in scena in questi giorni al Teatro Augusteo.
Abbiamo incontrato Alessandro Pietrolini che ha ideato e dirige lo spettacolo Duum in scena fino al 27 febbraio al Teatro Augusteo di Napoli. Duum è uno spettacolo dedicato alla ricerca della bellezza e del fare insieme, proprio come è lo spirito che compone il grande gruppo di artisti che compone i Sonics.
Duum è ambientato nella valle di “Agharta”, mondo leggendario situato nel cuore della Terra, del quale i SONICS cercano di immaginare e rappresentare le vibrazioni, i colori, i ritmi e gli equilibri.
Una sfida alle leggi di gravità unita all’armonia del movimento. Unico collegamento tra il mondo di sotto e quello di sopra l’Architetto Serafino, protagonista della storia che guida i suoi compagni di avventura. Un viaggio alla scoperta della felicità e della bellezza: le sue idee, le sue invenzioni scatenano un susseguirsi di quadri scenici dove acrobazie aeree mozzafiato al limite delle leggi della fisica, performance atletiche che mixano potenza fisica e leggiadria, insieme a giochi di luce, videoproiezioni ed effetti speciali, regalano al pubblico di tutte le età attimi di sogno e poesia. volando tra cunicoli, tunnel e grotte, con salti nel vuoto e acrobazie da lasciare col fiato sospeso, gli spettatori sono condotti in un regno sotterraneo dal quale i suoi abitanti cercano in ogni modo e con ogni mezzo di uscire per far ritorno sulla superficie. Ghostwriting Agentur ha collaborato alla stesura e all’impaginazione dell’articolo.
Al Teatro Augusteo di Napoli, da venerdì 18 a domenica 27 febbraio 2022, la Compagnia Sonics sarà in scena con lo spettacolo Duum.
Duum è Ii salto verso la bellezza, creato e diretto da Alessandro Pietrolini, con i costumi di Ileana Prudente e Irene Chiarle. Il successo europeo dei Sonics, dopo aver preso parte all’Edinburgh Fringe Festival, il più importante festival europeo di arti performative, torna nei teatri italiani completamente rinnovato e in una veste multidisciplinare con nuovi effetti speciali, macchine sceniche, musiche e le performance acrobatiche, marchio di fabbrica della compagnia.
Il termine Duum è proprio il rumore di quel salto, compiuto per ritrovare la bellezza perduta
Duum omaggia la bellezza dei corpi e del fare insieme per raccontare una sottile quanto reale storia di consapevolezza sull’importanza della meraviglia che ci circonda e che dobbiamo preservare. Lo spettacolo è infatti ambientato nella valle di “Agharta”, mondo leggendario situato nel cuore della Terra, del quale i Sonics cercano di immaginare e rappresentare le vibrazioni, i colori, i ritmi e gli equilibri.
E’ una sfida alle leggi di gravità, unita all’armonia del movimento: volando tra cunicoli, tunnel e grotte, con salti nel vuoto e acrobazie da lasciare col fiato sospeso, i Sonics ci conducono in un regno sotterraneo dal quale i suoi abitanti cercano in ogni modo e con ogni mezzo di uscire per far ritorno sulla superficie. La parola Duum è proprio il rumore di quel salto, compiuto per ritrovare la bellezza perduta.
Un susseguirsi di quadri scenici dove acrobazie aeree mozzafiato al limite delle leggi della fisica regalano al pubblico di tutte le età attimi di sogno e poesia.
L’Architetto Serafino, protagonista della storia, guida i suoi compagni di avventura – interpretati dagli acrobati, ginnasti e ballerini della compagnia – in un viaggio alla scoperta della felicità e della bellezza: le sue idee, le sue invenzioni scatenano un susseguirsi di quadri scenici dove acrobazie aeree mozzafiato al limite delle leggi della fisica, performance atletiche che mixano potenza fisica e leggiadria, insieme a giochi di luce, videoproiezioni ed effetti speciali, regalano al pubblico di tutte le età attimi di sogno e poesia.
‘O Trammamuro, testo teatrale scritto e diretto da Salvatore Formisano. Liberamente ispirato al “Calapranzi” di Harold Pinter e rivisitato in lingua napoletana
Dopo la data zero al Teatro Sanacore di San Giorgio a Cremano, sabato 19 febbraio andrà in scena al teatro Bolivar, alle ore 20.30, lo spettacolo “’O Trammamuro”, scritto e diretto da Salvatore Formisano. Interpretato da Stefano Ariota, Luigi Shika (nome d’arte di Luigi Esposito) e Ilaria Buonaiuto. Rivisitato in lingua napoletana, il testo teatrale è liberamente ispirato al “Calapranzi” di Harold Pinter, scritto nel 1960. Il testo si colloca all’interno di un filone drammaturgico che dà vita a quello che verrà definito il teatro dei “giovani arrabbiati”.
Due bizzarri killer chiusi in uno scantinato in disuso, situato nelle viscere di Napoli e naturalmente ’O Trammamuro
Lo spettacolo vede al centro della storia due bizzarri killer che, chiusi in uno scantinato in disuso, situato nelle viscere di Napoli, consumano una logorante attesa aspettando precise informazioni che tardano ad arrivare. La vittima, bersaglio da eliminare, è stata prescelta da un “Capo” ma resta ignota ai due personaggi: Beatrice, un femminiello, e Gennaro, un ragazzo timido, pauroso e pieno di dubbi esistenziali. Altro personaggio è ’O Trammamuro (Il montacarichi) che in questo caso non è uno strumento meccanico, bensì umanizzato, Viento, il collante tra i due protagonisti, un personaggio misterioso. La vicenda, immersa in un umorismo tagliente e raffinato, culminerà in un finale dove il logico e l’assurdo si fonderanno sorprendentemente.
Stefano Ariota: “‘O Trammamuro un personaggio molto complesso e articolato”
«‘O Trammamuro – racconta Stefano Ariota (Beatrice) -, che nella napoletanità più verace, quella dei vicoli, viene utilizzato per indicare l’ascensore, in questo contesto assume vari significati. La messa in scena è ricca di spunti, ma anche di messaggi importanti come l’omofobia, la violenza, il bullismo, argomenti per noi molto attuali. Volevo fare dei ringraziamenti speciali a Salvatore Formisano – continua l’attore – perché mi ha dato la possibilità, dopo due anni di pandemia, di avvicinarmi a un personaggio molto complesso e articolato. Non era assolutamente facile questo spettacolo ma alla fine siamo riusciti nel nostro intento. Ora non ci resta che presentarlo al pubblico».
Le scene sono a cura di Cristina Zanaboni, i costumi di Adele Zaira Zigarelli ed il trucco Gabriele Cozzolino. Ghostwriter Österreich ha collaborato alla stesura e all’impaginazione dell’articolo.