domenica 14 Dicembre 2025
Murzillo Chic
Home Blog Pagina 59

Chiesa di San Pietro a Maiella

0
La fotografia mostra l'interno della Chiesa di San Pietro a Maiella e, in particolare, il soffitto cassettonato intagliato e dorato, nel quale sono inserite le tele di Mattia Preti
La fotografia mostra l'interno della Chiesa di San Pietro a Maiella e, in particolare, il soffitto cassettonato intagliato e dorato, nel quale sono inserite le tele di Mattia Preti

La Chiesa di San Pietro a Maiella, costruita per volere del cavaliere Giovanni Pipino di Barletta nei primi anni del Trecento, è dedicata a Pietro da Morrone, eremita sulla Maiella

La Chiesa di San Pietro a Maiella, costruita per volere del cavaliere Giovanni Pipino di Barletta nei primi anni del Trecento, è dedicata a Pietro da Morrone, eremita sulla Maiella, diventato papa, nel 1313, con il nome di Celestino V.
La chiesa, nel corso degli anni, ha subito molti cambiamenti: spostamento in avanti della facciata, aggiunta di due cappelle per lato, adattamento ai nuovi canoni estetici del barocco, rialzamento della zona absidale, ripristino della decorazione originaria.
Sul lato sinistro, è possibile ammirare il campanile trecentesco, terminante con una cuspide.

L’interno della Chiesa di San Pietro a Maiella è a tre navate con transetto

L’interno della Chiesa di San Pietro a Maiella è a tre navate con transetto. Molto bello è il soffitto cassettonato intagliato e dorato, nel quale sono inserite le tele di Mattia Preti, raffiguranti Episodi della vita di Celestino V nella navata e, invece, nel transetto, scene di Santa Caterina d’Alessandria.
Merita attenzione anche l’altare maggiore, disegnato da Cosimo Fanzago e il pavimento maiolicato della prima cappella, situato a sinistra del presbiterio. Della decorazione trecentesca si conservano due cicli e un pannello con l’immagine della Madonna del Soccorso.

Chiesa di San Pietro a Maiella ed il convento oggi sede del Conservatorio

Annesso alla chiesa c’ è il convento, che dal 1826 è sede del Conservatorio di Musica di San Pietro a Maiella, che ha avuto come allievi celebri compositori e musicisti. I chiostri sono due: il primo, risalente al 1660 circa, immette, attraverso un corridoio sulla destra al secondo chiostro. Quest’ultimo conduce alla biblioteca e al museo del conservatorio di San Pietro a Maiella. La biblioteca custodisce manoscritti rari, un fondo di manoscritti con autografi risalenti ai secoli XVII e XVIII, autografi prevalentemente di musicisti della scuola napoletana, alcuni incunaboli, una raccolta di libretti d’opera ed edizioni musicali risalenti ai secoli XVI e XVII. Il museo conserva ritratti di musicisti, strumenti antichi, il pianoforte su cui Giuseppe Martucci componeva, un calamaio appartenuto a Domenico Scarlatti e un leggio su cui Gioacchino Rossini compose il melodramma Semiramide.

Museo Civico Gaetano Filangieri

0
Una sala del Museo Civico Gaetano Filangieri, allestito nel Palazzo Como
Una sala del Museo Civico Gaetano Filangieri, allestito nel Palazzo Como

Il Palazzo Como, sito in via Duomo, ospita il Museo civico Gaetano Filangieri, inaugurato nel 1888. Una buona parte della collezione di opere donate alla città da Gaetano Filangieri, principe di Satriano, è distrutta nell’incendio appiccato dai Tedeschi nel deposito di San Paolo Belsito. Nel 1948, il Museo civico Gaetano Filangieri, riallestito con le collezioni rimaste e le donazioni, è stato riaperto al pubblico. Il pianterreno con le sue due sale accoglie armi, costumi, porcellane, dipinti, sculture. Al piano superiore, detta Sala Agata è presente un pavimento maiolicato, dipinti di Luca Giordano, Mattia Preti, Francois Boucher, Angelika Kauffmann, Jusepe de Ribera e Bernardini Luini solo per citarne alcuni. Il museo ospita una raccolta di oggetti d’arte applicata, maioliche, porcellane. Dal ballatoio si accede alla biblioteca, che conserva 15.000 volumi, una ricca collezione di monete di varie epoche, pergamene e manoscritti.

Museo del Corallo Ascione

0
Il Museo del Corallo Ascione si trova all'interno della Galleria Umberto I, uno dei luoghi simboli di Napoli
Il Museo del Corallo Ascione si trova all'interno della Galleria Umberto I, uno dei luoghi simboli di Napoli

La Galleria Umberto I, uno dei luoghi simboli di Napoli, ospita il museo del corallo Ascione, legato alla famiglia Ascione. Il museo del corallo ripercorre la storia della ditta Ascione attraverso l’esposizione di documenti e di creazioni dall’Ottocento al contemporaneo. La ditta Ascione è la più antica manifattura di Torre del Greco nel campo della lavorazione del corallo, del cammeo, delle pietre dure e dei metalli preziosi. Nel 1815 la liberalizzazione del monopolio della fabbrica reale spinge Giovanni Ascione a dedicarsi alla manifattura del corallo. Egli insieme ai suoi dieci figli riescono a far conoscere il marchio Ascione e ad ottenere riconoscimenti per la bravura e la raffinatezza delle creazioni, diventando fornitori ufficiali della famiglia reale che gli conferisce il privilegio di fregiare il marchio con le insegne di casa Savoia. Il percorso espositivo si snoda attraverso due sezioni: nella prima, di tipo didattico, si comprendono la provenienza e le diverse tipologie del corallo, gli antichi utensili utilizzati per la lavorazione, gli antichi sistemi di pesca, i mercati ai quali erano e sono destinati e il modo di lavorare il corallo. Uno spazio è dedicato anche alla lavorazione del cammeo, agli strumenti usati e alla lavorazione per avere una visione completa della glittica su conchiglia. La seconda è dedicata alla gioielleria: oggetti in corallo, cammei, pietra lavica e testimonianze di raffinata produzione che va dagli inizi del XIX secolo agli anni ’40 del secolo scorso. Lungo il percorso è possibile ammirare una documentazione cartacea e fotografica che documenta l’attività dell’azienda e i riconoscimenti per l’originalità e la qualità delle sue creazioni.

Complesso monumentale di San Giovanni a Carbonara

0
Complesso monumentale di San Giovanni a Carbonara
L'esterno della chiesa di San Giovanni a Carbonara con la scalinata a doppia rampa, eseguita dall'architetto Ferdinando Sanfelice

Il complesso monumentale di San Giovanni a Carbonara, formato da più chiese, prende il nome dal luogo in cui sorge, un tempo zona destinata a raccogliere i rifiuti e collocata fuori dalle mura angioine. Fu costruito dagli agostiniani su un suolo donato da Gualtiero Galeota per edificare un luogo di culto dedicato al Battista. Accanto allo scalone di accesso si trova la chiesa di Santa Maria della Pietà, eretta per consacrare il luogo teatro di tornei e duelli. Ai piedi della scalinata a tenaglia con doppia rampa, eseguita dall’architetto Ferdinando Sanfelice in seguito al terremoto del 1688, si accede alla chiesa della Consolazione, oggi parrocchia di Santa Sofia, decorata da stucchi. Sulla destra c’è l’ingresso all’antica farmacia, oggi sede della canonica. La Chiesa di San Giovanni a Carbonara si apre al centro del sagrato, ma l’ingresso è laterale. L’interno della Chiesa di San Giovanni a Carbonara è a navata unica con copertura a capriate e abside a crociera con cappelle laterali, aggiunte successivamente. La Chiesa conserva il Monumento funebre di Ladislao di Durazzo, attribuito ad Andrea da Firenze. Alla base del monumento ci sono quattro Virtù, che reggono il secondo ordine dove, sotto un arco a tutto sesto, sono seduti Ladislao e la sorella Giovanna, figli del re Carlo III mentre ai lati, sotto archi trilobati, si trovano altre Virtù sedute. Nella parte superiore è collocata la cella con il sarcofago che termina con la statua equestre di Ladislao. All’interno della chiesa, si trovano la Cappella Miroballo, Recco, Caracciolo di Vico e Caracciolo del Sole. Vi hanno lavorato artisti come Tommaso Malvito, Leonardo da Besozzo, Girolamo Santacroce, Giovanni Domenico d’Auria e gli spagnoli Diego De Siloe e Bartolomé Ordonez. Sul sagrato della chiesa, si trova a destra la Cappella Seripando, che custodisce la Crocifissione di Giorgio Vasari e il Monumento funebre di Antonio Seripando.

MADRE Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina

1
MADRE Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina
Palazzo Donnaregina ospita il Madre, Museo d'Arte Contemporanea Donnaregina. Il museo si trova nel cuore del centro storico della città di Napoli

Palazzo Donnaregina ospita il MADRE Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina. Il palazzo deve il suo nome al Monastero di Santa Maria Donnaregina, fondato dagli Svevi e successivamente ingrandito e ricostruito dalla regina Maria d’Ungheria, moglie di Carlo II d’Angiò. Dell’antico monastero resta l’omonima chiesa, che dà su piazza Donnaregina, e la chiesa trecentesca di Donnaregina “vecchia”. Il MADRE si trova, quindi, nel cuore pulsante del centro antico della città partenopea e a pochi passi dal Duomo, dal Museo del Tesoro di San Gennaro e dal Museo Archeologico. Il museo riqualifica e recupera un’area ricca di storia, cultura e tradizione. L’architetto portoghese Alvaro Siza Vieria ha restaurato l’antico palazzo in uno spazio funzionale per accogliere un museo destinato all’arte contemporanea. Il MADRE, su una superficie di 7.200 mq, accoglie una parte espositiva, un auditorium, una libreria, laboratori didattici, una biblioteca e una caffetteria. Il museo, inaugurato il 10 giugno 2005, si articola su tre piani, portando il visitatore alla scoperta sia delle opere di artisti come Lewitt, Koons, Paladino, Kounellis, Clemente, Long, Serra, Horn e Paolini sia dei linguaggi artistici dalla fine degli anni Cinquanta all’inizio degli anni Novanta. Il terzo piano, ospita le esposizioni temporanee.

Cu’mme

0

Cu’mme e è un invito di lui a lasciarsi andare e la risposta di lei che mostra quanto questo sia difficile e faccia soffrire. E’ il 1991 quando  Enzo Gragnaniello, scrive un pezzo di storia della nostra musica sia italiana che dialettale dal titolo Cu ‘mme. Il testo della canzone, infatti, è scritto in napoletano ma rompe subito ogni barriera geografica per la sua grande forza e per la passione espressa nel cantarla da due grandi artisti della musica italiana a cui, Gragnaniello, ha deciso di consegnare il brano. Roberto Murolo e  Mia Martini sono, infatti, i primi a cantare questa canzone facendone un capolavoro assoluto della cultura popolare italiana e la incidono da soli nel 1992 inserendola nell’album “Ottantavogliadicantare” con il quale il maestro Murolo festeggia i suoi ottant’anni. Successivamente, vista la forza della canzone, Gragnaniello si aggiunge ai due formando un trio d’eccezione che confeziona forse la versione migliore di questo brano per l’album

comme se fa’
adda piglia’ sultanto
o mare ca ce sta’
eppoi lassa’ stu core
sulo in miezz a via

 

Castel Capuano

0
In fotografia si vede Castel Capuano, detto anche La Vicaria, è la sede del Tribunale di Napoli
In fotografia si vede Castel Capuano, detto anche La Vicaria, è la sede del Tribunale di Napoli

Castel Capuano, detto anche La Vicaria, chiude la lunga via dei Tribunali. Il castello, fondato nella seconda metà del XII secolo da Guglielmo I, fu ampliato da Federico II di Svevia e fortificato da Carlo I. Nel 1535 dimorò Carlo V, che donò il castello a Filippo di Lannoy principe di Sulmona, suo cavaliere, il quale apportò alcune modifiche. Nel 1540, il vicerè Pedro de Toledo riunì tutti i tribunali in un’unica sede, trasformando Castel Capuano in palazzo di Giustizia. I progetti di trasformazione furono affidati agli architetti Ferdinando Manlio e Giovanni Benincasa. Nel corso degli anni sono avvenuti altre opere di trasformazione.

Castel Capuano è, dopo il Castel dell’Ovo, il più antico castello di Napoli. Di origine normanna, è situato allo sbocco dell’attuale via dei Tribunali ed è sede della sezione civile del tribunale di Napoli. Deve il suo nome al fatto di essere ubicato a ridosso di Porta Capuana, che si apre sulla strada che conduceva all’antica Capua.

Sul portale d’ingresso di Castel Capuano campeggia una lapide che celebra la vittoria di Carlo V a Tunisi e la data in cui il castello divenne sede della Corte di Giustizia. Il portale è poi sormontato da una grande aquila bicipite, stemma della casa reale di Spagna, opera del Sangallo, e da colonne d’Ercole binate col motto Plus ultra. A un livello superiore domina lo stemma dei Savoia, affisso dopo l’Unità d’Italia in sostituzione di quello dei Borbone. L’orologio della facciata risale invece al 1858.

Castel Capuano, sede del Tribunale di Napoli, fa da ambientazione a tanti film, tra i quali Mi manda Picone.

Chiesa San Francesco di Paola

0
In fotografia si vede Piazza del Plebiscito con la Chiesa di San Francesco di Paola o basilica reale di San Francesco di Paola, voluta da Ferdinando I

La monumentale Chiesa San Francesco di Paola o Basilica Reale Pontificia San Francesco di Paola, collocata al centro dell’emiciclo di Piazza del Plebiscito, è costruita, sul modello del Pantheon, da Ferdinando I come voto per la riconquista del regno. Pietro Bianchi inizia la costruzione nel 1817. La facciata è preceduta da un pronao formato da sei colonne e due pilastri di ordine ionico, che reggono un architrave. Il pronao è sormontato da un timpano classicheggiante ai cui vertici sono collocate le statue raffiguranti la Religione, tra San Francesco di Paola, a sinistra, e San Ferdinando, a destra. La chiesa è sormontata da tre cupole: quella centrale, alta 53 metri, è stata costruita su un alto e ampio tamburo. L’interno della Chiesa San Francesco di Paola presenta due cappelle ai lati dell’atrio e al centro la rotonda, dal diametro di 34 m, coperta da una cupola, alta 53 metri, sorretta da colonne corinzie in marmo di Mondragone, alternate da pilastri.

Il colonnato della Basilica di San Francesco di Paola,  fa la sua apparizione in capolavori del cinema come L’oro di Napoli, Il giudizio universale, Le quattro giornate di Napoli e Lo spazio bianco. Nel film L’oro di Napoli la basilica ospita il matrimonio di Teresa, interpretata da Silvana Mangano, una prostituta che vive in una casa di tolleranza in condizioni modeste.

Chiesa di Santa Maria Maggiore

0
Il Campanile della Pietrasanta è ubicato sul sagrato della chiesa di Santa Maria Maggiore in via dei Tribunali. Il campanile è in stile romanico ed è il più antico della città
Il Campanile della Pietrasanta è ubicato sul sagrato della chiesa di Santa Maria Maggiore in via dei Tribunali. Il campanile è in stile romanico ed è il più antico della città

La chiesa di Santa Maria Maggiore sorge sui resti di una basilica paleocristiana, fondata dal vescovo Pomponio. La leggenda narra che il luogo fosse infestato dal demonio e che gli abitanti chiesero aiuto al vescovo Pomponio, il quale decise di costruire la basilica da dedicare alla Vergine. La chiesa di Santa Maria Maggiore è chiamata anche la Pietrasanta per la presenza di una pietra con incisa una croce capace, secondo la tradizione popolare, di concedere indulgenza a chi la bacia. Dal 1653, la chiesa è ristrutturata e ampliata da Cosimo Fanzago, Pietro Barberiis, Giuseppe Massa e Matteo Bottigliero. Durante la seconda guerra mondiale, la chiesa subisce molti danni, ma negli anni settanta del Novecento iniziano i lavori di restauro, che portano alla luce un mosaico di età tardo repubblicana e alcune strutture in tufo e reticolato. La facciata della chiesa di Santa Maria Maggiore presenta due ordini: la parte inferiore è dominata dal portale, con stemma ed epigrafe di Andrea d’Aponte, sormontato dal timpano spezzato, opera di Pietro Barberiis; la parte superiore presenta due volute sulla parte più esterna e coppie di lesene lisce con al centro una finestra, inserita in un timpano triangolare. L’interno della chiesa di Santa Maria Maggiore, pianta a croce greca con cappelle laterali, colpisce per la decorazione in stucco, per la cupola con lanternino e per il pavimento maiolicato, opera di Giuseppe Massa. La Pietrasanta custodisce due sculture in stucco di David e San Simone, eseguite da Matteo Bottigliero. Usciti dalla chiesa, è possibile ammirare il campanile romanico, risalente al  X-XI secolo. E’ il più antico della città. Il campanile presenta una base quadrata coronata da cuspide. E’ possibile vedere, nella parte inferiore, l’inserimento di colonne angolari e di marmi di spoglio su una superficie in mattone.

Stoccafisso con patate

0
stoccafisso con patate
stoccafisso con patate

Stoccafisso con patate, o stocco e patane per dirla alla napoletana, è un piatto unico dal sapore davvero particolare che porta con se tutta la tradizione napoletana, gustoso, semplice da preparare in occasione di pranzi tra amici o per la cena durante il periodo festivo. Lo stoccafisso con patate si basa su tre ingredienti facilmente reperibili al mercato: stoccafisso, patate e pomodoro.

INGREDIENTI (per 4 persone)

600 gr. di stoccafisso,
1 kg. di patate,
100 gr. di cipolle,
150 gr. di pomodori,
4 coste di sedano,
1 dl di olio extravergine d’oliva,
origano e sale q. b.

PROCEDIMENTO

Far rosolare in olio, per 5 minuti, le patate pelate e tagliate a spicchi, quindi aggiungere lo stoccafisso a piccoli pezzi, le cipolle affettate, i pomodori a pezzi e il sedano. Allungare con un bicchiere d’acqua e far cuocere per 30 o 40 minuti a fiamma bassa, aggiustando di sale e, a fine cottura, aromatizzando con l’origano.

CURIOSITA’

Lo stoccafisso, merluzzo artico conservato tramite essiccazione, è un pesce facilmente digeribile e ottimo da utilizzare per chi segue una dieta ipocalorica. La tradizione di piatti con stoccafissso e baccalà nasce nella zona vesuviana, dalla presenza, fin dall’800, di importatori e venditori di pesce salato. Questo piatto in particolare veniva preparato per sfamare i braccianti che lavoravano nei campi.

Your Question