martedì 29 Aprile 2025
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Le macchine anatomiche e l’alchimia di Raimondo di Sangro

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Macchine Anatomiche
Macchine Anatomiche

Le famose Macchine Anatomiche, ovvero gli scheletri di un uomo e di una donna in posizione eretta, con il sistema artero-venoso quasi perfettamente integro, sono oggi ospitate nel museo Cappella SanSevero. Le Macchine furono realizzate dal medico palermitano Giuseppe Salerno, sotto la direzione del principe Raimondo di Sangro; il reperimento di atti notarili e fedi di credito consente di datare questi “lavori” al 1763-64. I due studi anatomici costituiscono le presenze più enigmatiche della Cappella Sansevero. Ancora oggi, a circa due secoli e mezzo di distanza, non si sa attraverso quali procedimenti o adoperando quali materiali si sia potuta ottenere una tanto eccezionale conservazione dell’apparato circolatorio.

Le Macchine Anatomiche si trovavano in una stanza del palazzo del principe di Sansevero, denominata “Appartamento della Fenice”, come attestano alcuni viaggiatori e la Breve nota. Quest’ultima fonte descrive nei dettagli le Macchine, dai vasi sanguigni della testa a quelli della lingua, e aggiunge che ai piedi della donna era posto il corpicciuolo d’un feto, accanto al quale vi era addirittura la placenta aperta, legata al feto dal cordone ombelicale. I due studi anatomici sono stati spostati nella Cappella, e in tal modo salvati da distruzione o dispersione, molto tempo dopo la morte del principe. Resti del feto erano visibili ancora fino a pochi decenni fa, finché non furono rubati.

Si ipotizza, che Salerno abbia inoculato in due cadaveri una sostanza creata in laboratorio dal principe Raimondo di Sangro, la quale avrebbe permesso la metallizzazione dei vasi sanguigni. L’altra possibilità è che il sistema circolatorio sia frutto, in parte o nella sua interezza, di una ricostruzione effettuata con diversi materiali, tra cui la cera d’api e alcuni coloranti. Questa seconda ipotesi non priverebbe le due Macchine della loro eccezionalità: stupisce infatti che il sistema artero-venoso sia riprodotto con notevole verosimiglianza e fin nei vasi più sottili, nonostante all’epoca le conoscenze di anatomia non fossero così precise. Ossa e crani sono senz’altro quelli di due veri scheletri umani.

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Le Macchine Anatomiche hanno alimentato per secoli la cosiddetta leggenda relativa al principe Raimondo di Sangro: anche Benedetto Croce racconta che secondo la credenza popolare Raimondo di Sangro “fece uccidere due suoi servi, un uomo e una donna, e imbalsamarne stranamente i corpi in modo che mostrassero nel loro interno tutti i visceri, le arterie e le vene”. Queste realizzazioni vanno in realtà inserite nell’ampio spettro di sperimentazioni e interessi del principe di Sansevero, che si occupò anche di medicina: d’altra parte, lo scheletro della donna era su una pedana e si faceva “girare d’ogni intorno, per osservarsene tutte le parti”, particolare che fa capire come Raimondo di Sangro lo avesse ideato quale oggetto di studio.

Il principe Raimondo di Sangro, prima appartenente all’Accademia de’ Ravvivati (con lo pseudonimo di “Precipitoso”) divenne poi accademico della Crusca con il nome di “Esercitato” e il motto “Esercitar mi sole”. Oltre gli studi chimici ed alchemici, per cui il suo nome susciterà sempre dubbi di stregoneria tra il popolino e la stessa aristocrazia ignorante, Raimondo di Sangro fu scrittore egli stesso ed editore, tanto che dalla sua tipografia, collocata nei sotterranei dello stesso Palazzo ove viveva a Napoli, in piazza S. Domenico Maggiore, uscirono libri, suoi e di altri, spesso censurati dalle autorità ecclesiastiche o pubblicati anonimamente. Anche in questo caso, tuttavia, non si esimerà dal compiere esperimenti, tanto che narra egli stesso di essere riuscito a stampare pagine a più colori in “una sola passata”.

Dalla tipografia vennero editi libri di chiaro influsso massonico oltre che trattati e traduzioni di libri da nessun altro pubblicati in Italia. Pubblicò, nel 1750, un testo meglio noto come Lettera apologetica, ma il cui titolo completo è Lettera Apologetica dell’Esercitato accademico della Crusca contenente la difesa del libro intitolato Lettere di una Peruana per rispetto alla supposizione de’ Quipu scritta dalla Duchessa di S*** e dalla medesima fatta pubblicare, in cui trattò del criterio di traduzione dei “quipu”, ovvero cordicelle colorate annodate a differenti altezze che erano usate dalle popolazioni dell’America Latina per scambiarsi messaggi segreti. In merito a chi fosse la “Duchessa di S***” per alcuni è Madam de Grafigny, secondo altri potrebbe trattarsi di Mariangela Ardinghelli, nel cui salotto napoletano si riunivano gli eruditi dell’epoca.

Enzo Avitabile sassofonista e cantautore italiano

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Enzo Avitabile
Enzo Avitabile

Enzo Avitabile sassofonista e cantautore italiano nato a Napoli, il primo marzo del 1955. Cresciuto nel quartiere Marianella, studiando sassofono ha iniziato ad esibirsi in pubblico giovanissimo.

Il pop. Il ritmo afro-americano. La musica antica della pastellessa e della zeza e il canto sacro. Enzo Avitabile ha vissuto nella ricerca di un suono inedito, non solamente originale ma vitale ed essenziale. Demolendo ogni sovrastruttura mercantile, ogni moda.
Enzo Avitabile suona vari generi musicali che vanno dalla world music alla jazz fusion. Nell’ideare la sua musica Avitabile non si fa condizionare dalle logiche commerciali. Nel corso della sua carriera, ha collaborato con artisti di tutto il mondo, come James Brown e Tina Turner, oltre ad aver jammato sul palco di Umbria Jazz con Maceo Parker.
Nel 1996 una ritrovata fiducia nella sua lingua madre e nella sua prosodia dilatata grazie a suggestivi arrangiamenti – anche digitali – segna il ritorno ad un linguaggio originario arricchito da neologismi contemporanei.
A ripagarlo della sua scelta di cantare in napoletano sarà, nel Novembre del 2009 il “Premio Tenco 2009” per il miglior disco dell’anno nella categoria dialettale vinto con il progetto artistico “Napoletana”; nato da una grande volontà di recupero dell’antico lirismo napoletano.
Un progetto-ricerca che si ricongiunge naturalmente alla fonte come i canti di lavoro e le villanelle ma al contempo è costituito da canzoni completamente inedite scritte nel cemento della città, con uno sguardo al passato ed il cuore che respira l’odore del futuro. Musica nuova nata da un’arte antica, originale e piena di sentimento, ricercata e innovativa nel linguaggio.

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Enzo Avitabile dall’anno accademico 2006/2007 è Professore presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, dove cura il laboratorio di etnomusicologia “tradizione e cemento”, del corso di laurea specialistica di Scienze della Formazione, che ha come focus il recupero della tradizione nella civiltà urbana.
Nel 2009 Enzo Avitabile, con l’intento di rendere accessibile la musica degli altri popoli della terra, pubblica il suo libro didattico “scale rare e ritmi del mondo”. La custodia della cultura musicale dei popoli della terra è un segno di rispetto e di amore per la musica dell’umanità. L’unione dei linguaggi di entità e gruppi sociali diversi è l’affermazione dell’evoluzione delle singole identità e al contempo della musica stessa, perché è energia figlia del ritmo dell’universo e della vita che nel suo naturale dinamismo non si ferma mai. Musiche primitive e musiche sperimentali possono diventare materia di studio per un sistema metodologico che ricerchi ‘incroci’ mai utilizzati. Sono accostamenti nuovi e particolari che ci permettono di uscire dall’orizzonte di cose già sentite e già consegnate agli archivi della storia della musica. Lingue, dialetti, opere, maestri e invenzioni popolari sono alla base di questa nuova educazione musicale: le tracce originarie sono il punto di partenza, il punto di arrivo è la ricerca di un codice comune.

Il perdono tra i suoni del mondo e le preghiere dei popoli

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Enzo Avitabile Il perdono tra i suoni del mondo e le preghiere dei popoli
Enzo Avitabile Il perdono tra i suoni del mondo e le preghiere dei popoli

Incontro- concerto,  l’artista Enzo Avitabile e il teologo Don Francesco Asti, si confronteranno, domani, sabato 30 gennaio 2016 alle ore 20, in un particolarissimo  evento dal titoli: “Il perdono tra i suoni del mondo e le preghiere dei popoli”, che si terrà alla Parrocchia SS. Redentore ( Corso Vittorio Emanuele 138) a Napoli.

“E’ un incontro/concerto particolare ed unico, legato eminentemente alle tradizioni, alle devozioni e ai
linguaggi del mondo, nel “nuovo tempo”. Il patrimonio sacro e popolare delle varie tradizioni mondiali è
considerato quasi una preistoria della fede nella civiltà urbana. Una vera e propria “anticipazione” di
contenuti, i cui successivi sviluppi si sono protratti fino a noi, miscelandosi talvolta con alcune delle sue
forme più significative: ora puro folklore, ora semplice espressione devozionale. Le radici di questo tipo di
ritualità si possono ricercare dove più realtà si sviluppano insieme: la sacralità, la devozione, l’aggregazione. Quest’ultime rappresentano qualcosa di sensibilmente importante per la gente. Esse non sono solamente
consumate ma anche sentite, in una tale dimensione, da penetrare in tutte le forme e le sfaccettature della vita: l’individuo, la natura, l’universo. L’espressione originaria si rafforza e si materializza in un dialogo di
comunità. Ne è un esempio Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, uno dei fari illuminanti della preghiera cristiana e della carità verso gli ultimi, quelli fuori di vista dalla storia. È alquanto vano cercare di definire questo
incontro/concerto, fatto di emozioni, di riflessioni e di considerazioni in schemi ben definiti come quello
storico, antropologico, sociologico, sentimentale o commemorativo ma nessuno di questi aspetti appare
appagante. Del resto ogni definizione non offre mai un ritratto completo ed esaustivo di quello che è
ma ne sfiora semplicemente la superficie.
La devozione narra la libertà e l’orgoglio di un popolo, il morire ed il lasciare qualcosa che resti di giorno in
giorno nel cuore del mondo.
Dio, la verità, il richiamo della vita con il suo dolore, la speranza, una terra promessa.”
Enzo Avitabile

Misericordia è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato.
Papa Francesco

Loredana Daniele una serata di solidarietà per la piccola Aurora

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Loredana Daniele una serata di solidarietà per la piccola Aurora
Loredana Daniele una serata di solidarietà per la piccola Aurora

Il 29 gennaio al Palapartenope di Napoli con Loredana Daniele, musica e comicità per raccogliere fondi a favore della bambina di Giugliano

Hanno risposto in tanti alla chiamata della cantautrice Loredana Daniele, direttore artistico con Francesco Palmieri di una serata di sorrisi, divertimento ed emozioni, presentata alla stampa questa mattina. Un sì dato col cuore, un grande gesto di solidarietà per la piccola Aurora, la bambina di Giugliano, che ha bisogno di cure in Texas, presso l’Md Anderson Cancer Center di Houston per curare una grave malattia, e che è diventata simbolo positivo di coloro, associazioni, volti noti, singoli cittadini istituzioni, che sono in prima linea per dire basta alla terra dei fuochi. La storia di Aurora è quella di tanti altri bambini. “Insieme per Aurora”, così è stata chiamata la serata di beneficenza per raccogliere fondi, in programma al Palapartenope il prossimo 29 gennaio. Sarà Onda Web la radio ufficiale della manifestazione che vedrà sul palco la conduzione della coppia Francesco Palmieri e Gigi Ermetto. Loredana Daniele ha conosciuto Aurora nel corso di una tombolata di solidarietà e da allora è nato il progetto di organizzare un grande evento, come quello del Palapartenope, che, raccoglierà ancora una volta fondi per permettere alla bambina di curarsi. Aurora, come ha più volte detto lei stessa, non è l’unica bambina ad essere vittima della Terra dei Fuochi. Fa parte di un esercito di piccoli ammalati, che sono il prodotto della Terra dei Fuochi.

Vi aspettiamo in tanti per divertirci insieme e far MORIRE DI FAME il tumore di Aurora. Il costo del biglietto è solo di euro 10,00 e potete acquistarlo chiamando Onda Web Radio

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Michele Placido racconta la salsa genovese

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Michele Placido racconta la ricetta della salsa alla genovese

Michele Placido racconta la salsa genovese ’a genuvese come la chiamano a Napoli. Come già ci insegna Sofia Loren nel film “Sabato, Domenia e Lunedì” che per il ragù esistono molte varianti della stessa ricetta, così anche per la salsa genovese esistono diverse varianti della ricetta, e naturalmente esistono diverse teorie che fanno risalire la nascita della ricetta a diverse fonti storiche. La teoria più accreditata fa risalire la salsa genovese ad alcune osterie insediatesi nell’area del porto di Napoli nel periodo aragonese (XV secolo) e gestite appunto da cuochi provenienti da Genova, i quali erano soliti cucinare la carne in modo da ricavarne una salsa utile poi per condire la pasta.
Va comunque detto che nei ricettari della corte borbonica col termine genovese veniva indicata una salsa più semplice e che quindi, presumibilmente, solo nella seconda metà dell’Ottocento la ricetta abbia assunto la sua versione attuale diventando la famosa salsa genovese ’a genuvese come la chiamano a Napoli.
Per completezza va detto che esistono altre fonti storiche che fanno risalire la ricetta ai marinai della “Superba” che sbarcavano a Napoli nel XVIII secolo portando con se anche le loro abitudini alimentari.

Ricetta della salsa genovese di Michele Placido

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Per 6 persone:
– 1 Kg di carne di manzo, primo taglio oppure lacerto
– 1 dl di olio
– 50 g di lardo
– 100 gr. di salame e prosciutto (il gambo, la parte finale)
– 2 carote
– 1 pezzetto di sedano
– 1,5 Kg di cipolle
– 2-3 pomodorini
– prezzemolo
– un bicchiere di vino bianco secco
– sale e pepe
Tritare finemente il lardo, le cipolle, il sedano, le carote ed il prezzemolo. Tagliare a dadini il salame ed il prosciutto. Mettere la carne in una casseruola (la tradizione vuole che sia un tegame di coccio, o’ tiano) insieme al trito di verdure, i dadini di salame e prosciutto, l’olio, il pomodoro, il sale ed il pepe. Coprire e far cuocere a fuoco molto lento, rimestando di tanto in tanto.
Dopo circa 90 minuti le verdure saranno cotte, quindi alzare la fiamma per far rosolare la carne e le verdure. Quando saranno rosolate, aggiungere il vino a più riprese e far sfumare.
Far completare la cottura della carne, aggiungendo ogni tanto un pò d’acqua se necessario. Il tutto deve cuocere almeno tre ore e bisogna controllare di tanto in tanto che carne e cipolle non si attacchino al fondo.

Figli Mariti Amanti… Il Maschio Superfluo

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Figli Mariti Amanti… Il Maschio Superfluo
Figli, Mariti, Amanti… Il Maschio Superfluo

In quanto al Maschio Superfluo, cui si accenna nel titolo, spero di non essere Io

Figli Mariti Amanti… Il Maschio Superfluo è una storia che si snoda in presa diretta come fosse un lungo piano sequenza, inizia di sera e prosegue con l’avanzare della notte all’interno di un sofisticato loft destinato a trasformarsi da dimora accogliente in territorio di scontri e riconciliazioni.
Una coppia, addestrata a battibecchi resi ormai innocui da una consolidata tradizione di schermaglie domestiche, subisce l’intromissione proditoria di una seconda coppia composta da una vecchio amico in perenne stato di necessità e da una sua recente e assai più giovane compagna. I due trascineranno a casa dei primi l’onda lunga di una litigata furibonda e impietosa che getterà anche costoro in un rutilante vortice di rinfacci senza esclusione di colpi dando corpo alla messa in campo di un alterco assoluto, denso di colpi di scena e tessuto da battute fulminanti. D’altronde, quando si è in presenza di un contenzioso ad alta temperatura, gli esseri umani, per difendersi, sanno affilare le armi verbali al punto che, nel pathos del momento, si rivelano addirittura capaci di comporre endecasillabi perfetti.
In Figli Mariti Amanti… Il Maschio Superfluo due relazioni – una coniugale, l’altra estemporanea – si fonderanno, dunque, in una girandola di malintesi e permalosità sino a ricomporre il paesaggio di una nuova armonia. Se più forte o più precaria della precedente è materia offerta alla discussione.

Figli Mariti Amanti… Il Maschio Superfluo di Simona Izzo per la regia di Ricky Tognazzi
con Giuseppe Manfridi e Kiara Tomaselli

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“In trent’anni di attività ho firmato la regia di circa trenta film e di una sola commedia, mentre di altre sono stato interprete. Da David Rabe a Stefan Berkoff, ho sempre prediletto testi di drammaturgia contemporanea, per lo più di ascendenza anglosassone (unica eccezione, ‘Art’ di Yasmine Reza). Comprensibile, visto che una parte di me è in quel mondo che affonda le sue radici, sia anagrafiche che culturali.
Ha senso ricordarlo al momento in cui affronto il mio primo copione di autore italiano. Anzi, di autrice. Anzi, di Simona. Sicché, della persona che più di ogni altra è mescolata al mio universo creativo in un febbrile rapporto di reciproche sollecitazioni (da trent’anni, in perfetta consonanza col mio curriculum professionale!). Ma a prescindere da questo, “Figli, mariti, amanti” ha molti tratti affini ai titoli con cui già mi sono confrontato. Innanzitutto, la straripante forza ritmica, l’esuberanza di dialoghi, l’incalzante capacità che hanno le battute di mordersi l’un l’altra.
A questo pensavo mentre Simona mi leggeva la prima versione del testo, nata di getto. La cosa merita di essere sottolineata poiché già racconta molto della commedia, che ha il suo marchio più vitale proprio in una verbalità magmatica, a tutto tondo. Tonificante e tossica al tempo stesso. Voci che si intrecciano le une alle altre maturando relazioni, caratteri, personaggi e, infine, una storia. Tant’è che il lungo lavoro successivo di revisione, le innumerevoli limature e correzioni, non hanno affatto stemperato questo tratto di irruenza originario. Semmai, lo hanno affinato al massimo grado.
Dalle voci in collisione mi è stato facile  immaginare lo scaturire, con prepotenza comica, di corpi, di fisionomie e di situazioni. Mi è stato anche facile intuire il calco reale di tante circostanze e di talune battute, come il tic di un amico o la fragilità di un altro. Le fonti umane, insomma; le persone che precedono i personaggi. Ma si sa: così si scrive, così si crea. Importante è che poi il testo sappia far dimenticare i suggerimenti della realtà e assumere carattere autonomo, offrendosi allo spettatore come un racconto in cui riconoscersi e immedesimarsi.„

Serata d’onore con Michele Placido e Maria Nazionale

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serata d'onore con Michele Placido e Maria Nazionale
serata d'onore con Michele Placido e Maria Nazionale

Al Teatro Cilea di Napoli dal 21 al 24 gennaio 2016 Serata d’onore, un viaggio tra musica e poesia

Serata d’onore, un viaggio tra musica e poesia con uno straordinario Michele Placido con la partecipazione di una grandissima Maria Nazionale. Al Teatro Cilea di Napoli dal 21 al 24 gennaio 2016 Serata d’onore, un viaggio tra musica e poesia con versi di Neruda, Montale, D’Annunzio, Alighieri, Salvatore di Giacomo, Sergio Bruni. Quasi due ore di spettacolo, dove lo spettatore sarà preso per mano e condotto da Placido tra le più belle pagine della poesia e del teatro.

Uno spettacolo eccezionale, un recital che vuole essere un racconto, un dialogo tra artista e spettatori. Michele Placido interpreterà, poesie e monologhi di grandi personaggi. Ad accompagnare il Maestro in questo viaggio poetico musicale saranno Gianluigi Esposito (voce e chitarra) e il suo musicista Antonio Saturno ( chitarra e mandolino) che interpreteranno le più belle canzoni classiche napoletane di sempre dove lo spettatore sarà preso per mano e condotto tra le più belle pagine della poesia e del teatro. Il tutto nasce dalla consapevolezza che c’è bisogno di divulgare nel mondo la poesia e la musica italiana, in un momento storico particolare, dove la globalizzazione tende ad eliminare le varie identità. Michele Placido ha sentito l’esigenza, in questi anni, di raccontare la storia italiana attraverso film molto importanti ed ora, dopo 40 anni di successi ininterrotti, ha voluto fortemente realizzare questo recital che racchiude il meglio della cultura del nostro Paese, dal Sommo Dante, alla canzone napoletana.

Maria Nazionale

È conosciuta a livello internazionale per la partecipazione al film Gomorra, regia di Matteo Garrone, tratto dall’omonimo bestseller di Roberto Saviano; grazie a questa interpretazione riceve la nomination al David di Donatello 2009 come miglior attrice non protagonista.
Ha collaborato molto con Nino D’Angelo cantando insieme Senza Giacca E Cravatta, poi alla fine del 2009 recitano in Lacreme Napulitane di Mario Merola e al Festival di Sanremo 2010 cantano in coppia il brano Jammo jà.
Nel 2011 la canzone Ragione e Sentimento (di A. Casaburi – F. Chiaravalle) viene utilizzata tra le colonne sonore del film Tatanka.
Nel 2012 collabora con Francesco De Gregori, duettando con il cantautore romano nel brano Santa Lucia nell’album dal vivo realizzato con Ambrogio Sparagna, Vola vola vola. Nello stesso anno partecipa alla realizzazione di Señhora Evora, un disco tributo a Cesaria Evora, prodotto da Cristiano Malgioglio, in cui canta Tiempo y silencio.
Nel 2013 partecipa al Festival di Sanremo con i brani È colpa mia e Quando non parlo, classificandosi decima. Nello stesso anno viene pubblicato l’album Libera.

serata d'onore con Michele Placido e Maria Nazionale
serata d’onore con Michele Placido e Maria Nazionale

Michele Placido

Attore, regista e sceneggiatore italiano. A livello internazionale è conosciuto per il ruolo del commissario di Polizia Corrado Cattani interpretato nella serie TV La piovra. Ha vinto l’Orso d’argento per il miglior attore al Festival di Berlino per Ernesto e 4 David di Donatello.

Dà saggio delle proprie capacità recitative nei ruoli drammatici ddi pellicole come …e tanta paura di Paolo Cavara (1976), Un uomo in ginocchio di Damiano Damiani (1979) e in Tre fratelli di Francesco Rosi (1981). Nel 1983 interpretò il commissario di Polizia Corrado Cattani nel telefilm La Piovra di Damiano Damiani, personaggio che compare fino al quarto capitolo della serie televisiva. Il ruolo diede grandissimo impulso alla popolarità di Michele Placido. Nel 1985 interpreta il ruolo del killer mafioso Mario Vialone nel film Pizza connection di Damiano Damiani. Nuova popolarità gli viene nel 1989, anno in cui Placido interpreta l’eroico insegnante protagonista di Mery per sempre, di Marco Risi. Sarà lui ad interpretare poi Giovanni Falcone, magistrato ucciso dalla mafia nella strage di Capaci, nell’omonimo film di Giuseppe Ferrara. Negli anni novanta ha interpretato anche Lamerica (1994) di Gianni Amelio, Padre e figlio (1994) di Pasquale Pozzessere, La lupa (1996) di Gabriele Lavia, Un uomo perbene (1999) di Maurizio Zaccaro e Liberate i pesci (1999) di Cristina Comencini. Tra le sue ultime prove d’attore, L’odore del sangue (2004) di Mario Martone, Arrivederci amore, ciao di Michele Soavi, Le rose del deserto di Mario Monicelli, La sconosciuta di Giuseppe Tornatore e Il caimano di Nanni Moretti (2006), Piano, solo di Riccardo Milani, 2061 – Un anno eccezionale di Carlo Vanzina e SoloMetro di Marco Cucurnia (2007), Il sangue dei vinti di Soavi (2008), Baarìa di Tornatore (2009), Genitori & figli – Agitare bene prima dell’uso (2010) e Manuale d’amore 3 (2011), entrambi di Giovanni Veronesi.
Nel 1990 presenta al Festival di Cannes la sua prima opera come regista, Pummarò, sul problema dello sfruttamento lavorativo degli extracomunitari. Seguono Le amiche del cuore (1992), Un eroe borghese (1995), Del perduto amore (1998), Un viaggio chiamato amore (2002), Ovunque sei (2004), Romanzo criminale (2005), storia della banda della Magliana tratta dall’omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo, grande successo in Italia e ottimamente accolto anche alla Berlinale 2006, Il grande sogno (2009), film sul ’68 parzialmente autobiografico, presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, Vallanzasca – Gli angeli del male (2010), sulla storia del bandito Renato Vallanzasca, Il cecchino (2012) e La scelta (2015).
Nel 2008 riceve il Premio Città dei Cavalieri di Malta.
Nel 2009 ha ricevuto il Premio Federico Fellini 8 1/2 per l’eccellenza artistica al Bif&st di Bari e nel 2011 il Premio per i 40 anni di carriera dal Foggia Film Festival.

Nini Salerno vi consiglia O Per e O Muss

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O per e O Muss
O per e O Muss

In occasione dello spettacolo Forbici e Follia abbiamo incontrato l’attore Nini Salerno  che a pranzo ci consiglia di mangiare O Per e O Muss. O Per e O Muss, tradotto significa letteralmente il piede e il muso, dove il muso è del vitello e il piede è del maiale.

Questo piatto è della tradizione povera campana e napoletana in particolare, quella in cui non si buttava via nulla. Queste frattaglie povere vengono prima depilate accuratamente, poi bollite, raffreddate, tagliate in piccoli pezzi e servite fredde condite con sale e succo di limone. Secondo i gusti, il condimento de O Per e O Muss può prevedere anche l’aggiunta di finocchi, lupini, olive e peperoncino.

Questo piatto di cultura popolare è diffuso in tutta la Campania e si trova nelle macellerie, mentre già preparato è reperibile nelle botteghe tradizionali. Ma è diffuso soprattutto nelle postazioni ambulanti di cibo di strada, come banchetti o carretti. Per salare O Pèr e O Muss, veniva usato dagli ambulanti un utensile particolare che oggi è sempre più raro vedere, un corno di bue bucato all’estremità.

O Pèr e O Muss è un cibo non grasso, quindi adatto anche a regimi alimentari ipocalorici.

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La ricetta di O Per e O Muss

INGREDIENTI
per 1 persona:
100 gr di calcagno di vitello o maiale
100 di muso di vitello
sale
limone

PROCEDIMENTO
Con un coltello molto affilato tagliare delle fettine sottilissime come il prosciutto.
Sistemare le fettine di muso e piede in un piatto piano, oppure, secondo la tradizione, versarli in un classico cuppitello, in pratica un cono di carta oleata
Condire con sale e limone q.b.
Si possono aggiungere ortaggi vari crudi, tagliati a listarelle tipo carote, sedano e pomodoro

Il piede e il muso si acquistano già cotti, meglio se da un rivenditore di fiducia perché è necessario che siano preparati a regola d’arte, vengono bolliti direttamente allo stabilimento di frattaglie dopo la macellazione

Forbici&Follia con Nini Salerno e Nino Formicola

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Forbici e Follia

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Forbici&Follia con Nini Salerno e Nino Formicola è un gioco di contrasti e di tante possibili verità. Forbici&Follia è un salone da coiffeur, di una città italiana. Anzi… della città in cui si rappresenta lo spettacolo. Forbici&Follia è il racconto di un giorno come tanti altri. Anzi… del giorno in cui si svolge la rappresentazione. Il giorno in cui la tranquilla vita di pettegolezzi che scorre allegramente fra le avances del parrucchiere a tutti i clienti maschi, e i piccoli sogni della sua aiutante -che ha, forse, una relazione con un equivoco antiquario- viene interrotta dall’assassinio della vecchia pianista che vive al piano di sopra, ed è anche la proprietaria di tutto l’edificio. Ma, colpo di scena, tutti i presenti hanno un movente che giustificherebbe il delitto, ed hanno avuto la possibilità di compierlo. E si scopre che, in realtà, due clienti sono poliziotti in borghese e devono arrestare il colpevole… Come? Con la collaborazione degli spettatori/testimoni oculari, che possono risolvere il mistero, grazie a ciò che hanno visto accadere, e alle domande che sapranno porre. Forbici&Follia è uno spettacolo con due nature contrapposte che si rafforzano a vicenda: quella del racconto giallo, che deve portare a capire chi sia l’assassino, e quella della comicità che scaturisce dal gioco di interazione col pubblico, che non viene mai forzato alla partecipazione, ma si appassiona progressivamente nel meccanismo, fino a diventare l’unico possibile giudice. Uno spettacolo che si avvale di interpreti con la doppia natura della prosa e del cabaret, per poter sostenere il rigore del racconto e la freschezza dell’improvvisazione. E di un regista che da anni riesce a far convivere le collaborazioni col Piccolo di Milano, con la direzione di tanti campioni della risata. Uno spettacolo che non può che essere un’esplosione dinamica, assolutamente diversa di sera in sera.

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Gigi Finizio inizia l’anno nuovo cantando per Napoli

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Gigi Finizio inizia l'anno nuovo cantando per Napoli
Gigi Finizio inizia l'anno nuovo cantando per Napoli

Gigi Finizio inizia l’anno nuovo cantando per Napoli. L’artista partenopeo, infatti, dalle ore 2:00 della notte di Capodanno sarà sul palco del Teatro Cilea per trascorrere insieme al pubblico le prime ore del 2016, sulle note delle sue canzoni più belle.

Dal 31 notte e fino al 3 di gennaio la buona musica sarà protagonista, sul palcoscenico del Teatro Cilea, con il concerto “ Le nostre… EMOZIONI“ diventando così un regalo, un momento da condividere per festeggiare al meglio l’arrivo del nuovo anno.

“ Sono più che contento – dice Biagio Izzo, direttore artistico del Teatro- di iniziare l’anno con Gigi Finizio, mio caro amico e grande artista. La scelta di salutare l’anno passato per accogliere il nuovo sulle note delle sue canzoni più belle degli anni ’80 fino ad arrivare alle contemporanee è l’auspicio di affrontare il 2016 con un po’ più di leggerezza, che non vuol dire superficialità, e amore per ciò che si ha, con la presunzione che il nostro lavoro di artisti regali due ore di tempo ben vissuto.”

Passare il Capodanno al Teatro Cilea è una bella idea! E’ lo slogan, che accompagna la stagione del teatro vomerese, rivisitato per la notte del 31 dicembre, che vede protagonista Gigi Finizio.

 

INFORMAZIONI E COSTI

Notte di Capodanno ore 02:00
Il costo del biglietto per la platea: euro 55,00
Il costo del biglietto per la galleria: euro 45,00

Venerdì 1 Gennaio e Sabato 2 Gennaio ore 21:00
Il costo del biglietto per la platea: euro 45,00
Il costo del biglietto per la galleria: euro 35,00

Domenica 3 Gennaio ore 18:00
Il costo del biglietto per la platea: euro 45,00
Il costo del biglietto per la galleria: euro 35,00

Per ulteriori informazioni
www.teatrocilea.it  | Tel.081.7141508