giovedì 9 Gennaio 2025
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Nozze di Sangue di Garcia Lorca per la regia di Gianmarco Cesario al TRAM

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Nozze di Sangue di Garcia Lorca per la regia di Gianmarco Cesario

Al TRAM di Napoli fino al 27 febbrario, una storia cruda con una scelta registica molto forte. Nei ruoli femminili Pietro Juliano e Guido Di Geronimo. Leonardo Di Costanzo è lo sposo.

Nozze di Sangue da ieri al Teatro TRAM di Port’Alba resterà in scena fino a domenica 27. Un dramma teatrale, Nozze di Sangue, scritto da Federico Garcia Lorca, adattato e diretto da Gianmarco Cesario, spettacolo che chiude il secondo ciclo della stagione della sala di via Port’Alba.

Una storia cruda, con una scelta registica molto forte, quella di far interpretare anche i ruoli femminili a uomini. Gli interpreti Pietro Juliano, Leonardo Di Costanzo e Guido Di Geronimo, sono sul palco con Germana Di Marino e le danzatrici Adriana Napolitano e Ilaria Leone. Personaggi senza nome la cui storia comincia da un passato atroce che si muove verso un evento che, per sua natura, dovrebbe essere felice: il futuro matrimonio di un giovane la cui Madre ha visto morire in una faida il marito e l’altro figlio. Nozze che però non sembrano iniziare sotto i migliori auspici: le voci che girano sulla reputazione della promessa sposa non sono lusinghiere e questo non può che impensierire la Madre.

Nozze di Sangua al Teatro Tram di Napoli

Federico Garcia Lorca, un sogno di libertà infranto sotto la scure di un dittatore

Federico Garcia Lorca ci lasciava il 19 agosto 1936, poco più di 85 anni fa, per mano delle guardie franchiste. Il suo sogno di libertà si infranse così sotto la scure di un dittatore, un destino scritto, come quello a cui non sfuggono i protagonisti di “Bodas de Sangre”, primo capitolo della sua trilogia sull’amore. Dietro un’apparente storia di tradimento e di delitto d’onore, infatti, egli racconta la tragedia dell’impossibilità della società spagnola di sottrarsi a regole che limitavano il vivere liberamente.

Le battute sessiste e retrograde del personaggio della Madre, in cui una donna è considerata in gamba se è in grado di “preparare il pane e cucirsi le gonne da sola”, rimanendo chiusa in casa, costruendo “un muro davanti” a sé, ci riportano agli obblighi restrittivi tipici di una dittatura.

Nozze di Sangue

Gianmarco Cesario: “Una società così maschilista che evoca il meccanismo oppressivo della dittatura per mia scelta non poteva non essere interpretata che da uomini”

“Lorca volutamente sceglie di non dare nomi ai suoi personaggi, scarnificati da ogni identità umana – spiega Gianmarco Cesario – e così l’identifica attraverso il ruolo che essi hanno all’interno delle istituzioni familiari di cui fanno parte, ad eccezione di Leonardo, elemento di disturbo della vicenda, e simbolo, per la Sposa, di una libertà negata, che va ad infrangersi di fronte alla violenza che punisce questo istinto, una vendetta di cui è strumento il giovane Sposo, che porta a compimento l’atto estremo, realizzando un destino segnato e continuamente evocato, come un eroe tragico. Una società così maschilista che evoca il meccanismo oppressivo della dittatura per mia scelta non poteva non essere interpretata che da uomini, che parlano da uomini, anche se i personaggi sono donne, ad eccezione della Sposa, una falena nera, che vede il suo istinto femminile mortificato ed infine frantumato dalle mani maschili del mondo che la circonda”. Akademischer Ghostwriter ha collaborato alla stesura e all’impaginazione dell’articolo.

Viziettuccio al Sancarluccio di e con Giorgio Gori

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Liberamente tratto da La Cage aux folles di Jean Poiret, Viziettuccio al Sancarluccio dal 25 al 27 febbraio al Nuovo Teatro Sancarluccio

Sul palco dello storico teatro il “Nuovo Sancarluccio” Giorgio Gori porta in scena il suo nuovo spettacolo dal titolo “Viziettuccio al Sancarluccio. In scena con Giorgio troviamo Giuseppe Gifuni e Luisa Pellino.

Giorgio e Luisa sono amici da tanti anni, entrambi omosessuali e gestiscono un locale a Via Chiaia, ma il figlio di Giorgio annuncia il suo matrimonio e dichiara di voler presentare loro la fidanzata ed i suoceri. Il padre della futura sposa è un democristiano che odia il mondo omosessuale. Giorgio e Luisa dovranno “recitare” una parte nuova, essere marito e moglie, ovvero uomo e donna e fare i conti con la propria vita, le proprie insicurezze, ma non tutto procede per il meglio. Vincerà l’amore o la politica?

Viziettuccio al Sancarluccio di e con Giorgio Gori 1

Il “vizietto” uno dei testi cult del teatro francese adattato all’attualità dei nostri tempi.

Giorgio Gori porta in scena uno dei testi cult del teatro francese, portato in auge grazie al film Il Vizietto con Ugo Tognazzi. Lo fa al Nuovo Teatro Sancarluccio, da qui il titolo Viziettuccio al Sancarluccio. La trama è diversa, non abbiamo due “amanti” bensì due amici, poiché il mondo è cambiato, ed è giusto dare voce anche all’omosessualità femminile.

Battute ambientate ai nostri giorni senza dare espliciti riferimenti alla politica ma solo concentrandosi sui rapporti sociologici e psicologici dei personaggi. Il testo è un atto unico molto veloce circondato da pezzi musicali e nuovi personaggi. Gori da un tocco “italiano” alla sceneggiatura introducendo personaggi nuovi come l’amante ballerina e un cameriere con particolari doti canore e danzanti. Il finale ci riserverà una metafora sul mondo di oggi.

Indifferentemente. Voci e suoni del sud al TRAM di Port’Alba

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Indifferentemenete

Un excursus cronologico nel repertorio musicale campano protagonista al Tram con “Indifferentemente”, ideato da Laura Cuomo

“Indifferentemente” la musica diventa protagonista al Teatro Tram di Napoli. Non una musica qualunque, ma melodie e suoni che raccontano secoli di tradizione campana. Da venerdì 28 a domenica 30 gennaio nella sala di via Port’Alba va in scena “Indifferentemente”, excursus ideato da Laura Cuomo, cantante e ricercatrice vocale, con la collaborazione di Francesco Luongo.

Con loro, sul palco, Angelo Plaitano e Daniela Dentato per una combinazione unica di vocalità che Laura Cuomo ha voluto mettere insieme e che ha visto il debutto lo scorso dicembre. Ora il Teatro Tram accoglie questo articolato repertorio, studiato secondo la logica di 4 voci differenti e un accompagnamento strumentale minimale, solo chitarra e tamburo.

Laura Cuomo

Dalla Tammurriata del ‘500 a Eugenio Bennato. Un viaggio nei suoni e nella musica della tradizione napoletana e campana

“Il concerto si chiama ‘Indifferentemente’ perché affronteremo indifferentemente un repertorio musicale campano di epoche diverse e generi diversi. – Spiegano Laura Cuomo e Francesco Luongo. – Partendo dalla tammurriata, ancora oggi praticata, vissuta con la danza e i tamburi, rivisitata dalle esperienze del folk attuale e scoprendo il primo esempio di canzone nata dal popolo per il popolo con l’intenzione di ironizzare sul manierismo musicale in voga nel ’500, la villanella, si arriverà alla canzone classica napoletana con l’interpretazione originale di brani conosciuti in tutto il mondo”.

Qualche nome su tutti: Era de Maggio, Io te vurria vasa’, Tammurriata nera, Cicerenella. Nell’excursus anche esempi più contemporanei come un canzone di Eugenio Bennato, con cui i 4 collaborano da lungo tempo. Tra un brano e l’altro, brevi testi recitati da Francesco Luongo e tratti da poesie di grandi autori come Raffaele Viviani, Salvatore Di Giacomo e Libero Bovio.

Il risultato è uno spettacolo di musica dei classici e della tradizione del sud, dove a essere protagonisti sono i timbri delle voci e degli strumenti, intrecciati ai ritmi propulsivi delle percussioni.

“Indifferentemente. Voci e suoni del sud” è un viaggio attraverso i suoni e i ritmi della regione Campania, partendo da Napoli, percorrendo le strade che portano al Vesuvio, alla Terra di Lavoro, ai suoni irpini, ai canti di Salerno e del Cilento.

Al Teatro Trianon Viviani settimana di concerti e Talent Show

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Trianon Viviani Cristina Donadio e

Tre gli appuntamenti programmati dal Trianon Viviani dal 19 al 23 gennaio. Un concerto e le nuove “puntate” del talent show del teatro della Canzone napoletana e delle “Conferenze cantate”.

Si parte mercoledì 19 gennaio con l’inaugurazione del “Terræmotus Neapolitan Talent”, il contest alla ricerca delle nuove voci “esplosive”, giudicate dal pubblico in sala e dai navigatori in diretta streaming. Giovedì 20 gennaio sarà poi la volta del secondo appuntamento de “le Conferenze cantate”, con Mauro Gioia. In questa occasione Mauro Gioia tratta e canta attorno alla figura di Enrico Caruso, letta come quella della prima pop star della storia.

Seguirà “Strativari”, una “suite musicale e teatrale” con Cristina Donadio, Capone&BungtBangt e Solis string quartet (venerdì 21, in replica sabato 22 e domenica 23).

“Terræmotus Neapolitan Talent”, contest alla ricerca delle nuove voci.

tnt - terraemotus neapolitan talent

Mercoledì 19 gennaio, alle 21, seconda tappa del “Terræmotus Neapolitan Talent” (Tnt), il contest alla ricerca delle nuove voci esplosive napoletane.

Ideato dal direttore artistico Marisa Laurito, questo contest, che ricerca i talenti più esplosivi del canto, è presentato da Gennaro Monti con Tiziana De Giacomo.

I concorrenti – da cinque a sette per serata – si esibiscono sul palco del teatro, per il pubblico presente in sala e per i navigatori collegati in diretta streaming sui canali social del Trianon Viviani.

Al termine di ogni serata una qualificata giuria tecnica, presieduta dal regista Bruno Garofalo, stila, a insindacabile giudizio, una classifica, tenendo conto del consenso espresso dal pubblico in sala e dai likes registrati sui social, e proclama il vincitore della serata.

Alla fase finale accedono i vincitori delle serate, nonché i migliori classificati ripescati. I due migliori talenti esplosivi che si aggiudicheranno la finale potranno essere inseriti nella compagnia Stabile della Canzone napoletana.

Il termine per la presentazione delle candidature è il 25 gennaio prossimo. Il regolamento di partecipazione è all’indirizzo teatrotrianon.org/terraemotus-neapolitan-talent.

Tutte le serate di Tnt sono a ingresso gratuito, fino a esaurimento dei posti disponibili.

“Le Conferenze cantate” con Mauro Gioia

conferenze cantate

Seconda puntata per Mauro Gioia con le sue “Conferenze cantate”, il ciclo di incontri di approfondimento sulla Canzone napoletana che si terranno, fino a maggio, tutti i giovedì alle 20.

Nei suoi appuntamenti, curati con Giuditta Borelli, Antonio Pascale e Anita Pesce, Gioia racconta le innovazioni discografiche, il talento di alcuni cantanti, il clima dell’epoca, a volte violento, a volte velato dalla nostalgia. Saranno così analizzate e cantate le storie di canzoni e cantanti (geniali, sporchi, maschilisti, poetici) e si ascolteranno rarissimi dischi, che raccolgono stili di canto dimenticati e modi di cantare che sentiremo nel futuro.

«Questo secondo dei miei cinque appuntamenti, che si terranno fino al 23 aprile– spiega Mauro Gioia –, è una “conferenza cantata” dedicata a Enrico Caruso, visto come la prima pop star della storia».

«Parto dal mistero della morte del tenore napoletano, che si spense a soli 48 anni un secolo fa, per ricostruire la carriera artistica e la vita personale fatta di eccessi, amori travagliati e aule di tribunale – prosegue l’artista partenopeo, che si è stabilito da tempo a Parigi –; ma ci sarà spazio anche per il Caruso americano diventato ambasciatore del made in Italy a tavola e della canzone napoletana nel mondo, dai maccheroni a Core ‘ngrato».

Con gli arrangiamenti musicali di Gigi De Rienzo, Gioia è accompagnato da Giuseppe Burgarella al pianoforte, Carlo Fimiani alla chitarra e Paolo Sessa alle tastiere.

Le Conferenze cantate di Mauro Gioia sono prodotte da Musica per Roma. Il visual è di Giovanni Ambrosio.

Le altre serie di incontri programmati, tra conversazioni e interpretazioni musicali, sono “Le mille e una Napoli”, con Francesca Colapietro e Mariano Bellopede, e “Città cantante”, con Pasquale Scialò.

“Strativari”, suite musicale e teatrale con Cristina Donadio, Capone&BungtBangt e Solis String quartet

Da venerdì 21 a domenica 23 gennaio (venerdì e sabato alle 21; domenica alle 19), Cristina Donadio, Capone&BungtBangt e Solis String quartet sono in scena con “Strativari”.

Concepito come una suite, lo spettacolo musicale e teatrale è un’esperienza musicale e un viaggio dell’anima.

Strativari si compone di otto movimenti, con un Prologo e un Epilogo. Otto ritratti emotivi che toccano altrettanti affetti – il ricordo, la passione, il gioco, lo scontro, la fatica, la denuncia, il desiderio, la devozione – esplorati dal punto di vista dei napoletani.

Il progetto nasce dall’incontro di due realtà musicali, apparentemente molto distanti tra loro, ma unite dalla matrice mediterranea. Tra strumenti con storie e tradizioni profondamente diverse (dal violino alla “buatteria”, dalla scopa elettrica al violoncello, dalla viola allo “scatolophon”) Capone&BungBangt e Solis string quartet hanno deciso di condividere il palcoscenico in uno spettacolo scritto da Stefano Valanzuolo e diretto da Raffaele Di Florio.

Il titolo, attraverso un gioco di parole, evoca il nome del celebre liutaio cremonese e rimanda agli “strati” “vari” che compongono l’immagine di Napoli, caratterizzata da una pluralità di linguaggi, stili, corpi e anime, che, forse, non ha uguali altrove.

Capone&BungtBangt è formato da Maurizio Capone, voce, scopa elettrica e “percussaglie”, Alessandro Paradiso, “basso da ponte”, “scatolophon” e “buatteria”, Vincenzo Falco, “percussaglie” e “tubolophon”, e Salvatore Zannella, “buatteria” e “percussaglie”.

Il Solis string quartet è composto dai violinisti Vincenzo Di Donna e Luigi De Maio, il violista Gerardo Morrone e il violoncellista e chitarrista Antonio Di Francia.

Il disegno luci è a cura di Francesco Adinolfi, il suono di Giuseppe Polito e Massimo Curcio.

Forse una farsa divertimento in due atti di Tato Russo

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Riccardo Citro interpreta e dirige Forse una farsa di Tato Russo al Nuovo Teatro Sancarluccio

Da Mercoledì 19 gennaio al Nuovo Teatro Sancarluccio “Forse una farsa” di Tato Russo. In scena la storia tragicamente scherzosa di tre attori molto diversi fra loro, alle prese con la crisi del teatro, specchio della società attuale.

Forse una farsa di Tato Russo in scena al Nuovo Teatro Sancarluccio da mercoledì 19 gennaio. Sarà la storica sala partenopea, a ospitare da mercoledì 19 gennaio 2022 il debutto di Forse una farsa divertimento in due atti di Tato Russo. Lo spettacolo vedrà in scena Mario Brancaccio, Sergio Del Prete e Riccardo Citro, che firma anche la regia dello spettacolo.

Presentato da TTR Il Teatro di Tato Russo l’allestimento si avvale delle scene a cura di Peppe Zarbo. I costumi sono realizzati da Federica Del Gaudio, le musiche di Zeno Craig.

Commissionato, alla sua prima assoluta, dal Festival di Ferento, Forse una farsa è un testo storico del primo Tato Russo, che racconta in maniera tragicamente scherzosa la storia di tre attori molto diversi tra loro alle prese con la crisi del teatro di prosa.
Pur avendo idee contrastanti sulla visione del teatro, costituiscono una compagnia teatrale e mettono in scena la farsa Il Casino di Campagna di Kotzebue, ricorrendo a una comicità mirata al divertimento e che, attraverso screzi, scherzi, travestimenti, tensioni e dialoghi surreali, rivela un’immagine impoverita della società attuale.

Forse una Farsa al Nuovo Teatro Sancarluccio

Riccardo Citro: “un meccanismo perfetto”

Spiega Riccardo Citro: “Quando Tato Russo ha deciso di affidarmi questo testo ero a dir poco entusiasta di poterlo mettere in scena in un periodo storico come questo. Man mano che leggevo il testo mi stupivo di quanto fosse un “meccanismo perfetto”, attualissimo e adatto a tutti, intrigante e provocatorio”.

Forse una farsa evidenzia con fare burlesco le dinamiche e le diversità dei tre attori. Attori che per sopravvivere alla crisi costituiscono con difficoltà una compagnia teatrale. Il testo mescola la poesia con la farsa, anticipando il concetto della comicità attuale. Una comicità spesso proposta al grande pubblico con tormentoni e battute prive di contenuto, solo per strappare la risata facile. 

Questo concetto smuove sia la storia sia l’idea di messinscena. Infatti se da un lato mantiene i canoni della farsa, dall’altra mostra quanto, purtroppo, sia depauperata la società odierna. Una società, la nostra, completamente svuotata dai sentimenti e in balìa di una continua incertezza sul fare o non fare, sul dire o non dire.

Forse una farsa a quarant’anni dalla prima ritorna al Nuovo Teatro Sancarluccio più attuale che mai

A quarant’anni dalla sua prima messinscena, Forse una farsa ritrova tutta la sua amara attualità, capace di raccontare la difficile stagione del teatro ai giorni nostri. Ogni parola è un’infernale “tarantella” di suoni e voci che assomigliano a un atto d’amore e una maledizione al tempo stesso. Le risate si mescolano al mondo di delusioni per la sorte di ogni teatrante, che, sovente, per ragioni di sopravvivenza è costretto a reinventarsi.

Forse una farsa al Nuovo Teatro Sancarluccio

Forse una farsa divertimento in due atti di Tato Russo. Informazioni e prenotazione

Dal 19 gennaio al 6 febbraio 2022 al Nuovo Teatro Sancarluccio
Inizio della rappresentazioni ore 21.00 (feriali), ore 18.00 (festivi)
Info e prenotazioni 0814104467 email inscenasrl@gmail.com

Durata della rappresentazione 75’ circa
Con Mario Brancaccio, Riccardo Citro, Sergio Del Prete

Scene Peppe Zarbo, costumi Federica Del Gaudio
musiche Zeno Craig, assistente alla regia Alessia Menale
regia Riccardo Citro

‘A Puteca De’ Suonne Perdute

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“A puteca de’ suonne perdute” ha iniziato il suo percorso in scena al Tram di via Port’Alba a Napoli pochi giorni prima del Natale. Dal 6 gennaio torna sul palco fino al 9 gennaio 2022.

Miti e leggende napoletane rivisti attraverso una narrazione contemporanea che non li snatura ma anzi, li esalta in una voce corale fatta di magia e atmosfera fiabesca. Dal Munaciello al Principe di Sansevero ispirandosi a grandi testi come quelli di Benedetto Croce e Matilde Serao. Il regista Diego Sommaripa ha immaginato un viaggio suggestivo tra le leggende, le storie, i racconti di Napoli. Un cast ricchissimo – con molte sorprese – dà vita a uno spettacolo intrigante, ricco di musiche e momenti divertenti.

I protagonisti della tradizione prendono vita e forma per uno spettacolo che è tutto da scoprire, da ridere, da sognare.

Sogni perduti nel tempo. Storie dimenticate, da ritrovare e riportare in vita attraverso stratagemmi narrativi che sanno mediare tra tradizione e contemporaneità. Il palcoscenico della sala di via Port’Alba si trasforma in una bottega d’artigianato, dove si restaurano oggetti vecchi, a volte abbandonati, a volte preziosi. Ma nel processo di restauro qualcosa si perde. Non è l’originale che torna in vita, ma qualcosa di nuovo, un po’ antico e un po’ moderno. Ed è ciò che accade in scena: personaggi come il Principe di Sansevero, Colapesce, Maria la Rossa (la strega di Portalba), il Munaciello e altri ancora emergono dal passato di Napoli e diventano creature del presente. I protagonisti della tradizione prendono vita e forma come in un circo, come nella vita, per uno spettacolo che è tutto da scoprire, da ridere, da sognare.

Diego Sommaripa «‘A Puteca De’ Suonne Perdute” è un lavoro che nasce dall’esigenza di comunicare le difficoltà di “attività“ per una piccola realtà teatrale ».

Il testo nel suo fulcro è volutamente ricco di metafore. Una bottega di artigianato, è un teatro e i suoi tre Artigiani, con diverse mansioni e differenti caratteri, sono autori all’opera sul testo stesso che andranno a interpretare. Il legame che lega questa personale necessità comunicativa e le leggende napoletane viene affidato a un bambino, che introduce nel luogo sacro del teatro (la bottega) un dispositivo elettronico da far riparare. Il Teatro, si sa, è un luogo magico ed è proprio tramite la magia, vista con gli occhi di un bambino, che ci troviamo catapultati nello spettacolo in costruzione».

In questo contenitore lo spettatore potrà rivivere, attraverso licenze poetiche, falsi storici e adattamenti romanzati, miti e leggende della tradizione della nostra Terra. Maria La Rossa la strega di Portalba, Il Principe di Sansevero, La Leggenda di Colapesce, Il Munaciello e La Regina Giovanna, fino ad arrivare a un epilogo che porterà il pubblico in una sospensione tra il sogno e la realtà.

I presepi contemporanei di Del Pezzo e Pirozzi esposti al Museo del Novecento a Napoli

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Riapre al pubblico il Museo del Novecento a Castel Sant’Elmo con l’esposizione di due presepi di artisti contemporanei. L’esposizione sottolinea l’importanza dell’arte presepiale già espressa con l’importante sezione presepiale alla Certosa e Museo di San Martino

In occasione della 17° Giornata del Contemporaneo, promossa ogni anno da AMACI – Associazione Musei d’Arte Contemporanea Italiani, ha riaperto al pubblico il Museo Novecento a Napoli sulla piazza d’armi di Castel Sant’Elmo. La riapertura del Museo del Novecento è stata anche l’occasione per inaugurare due presepi d’artista: Il Presepe geometrico di Lucio Del Pezzo, del 2013, e Il Presepe dono di Giuseppe Pirozzi del 2012.

I due presepi contemporanei fanno parte della collezione del Museo Internazionale del Presepio “Vanni Scheiwiller” . Il museo Scheiwiller allestito nel rione medievale Manca di Castronuovo Sant’Andrea (PZ), accoglie più di 250 presepi di tutto il mondo. Tutti i presepi della collezione sono legati alla tradizione artigianale dal XVII al XXI secolo, e 50 presepi eseguiti dal 1995 a oggi da noti artisti contemporanei. Tra i presepi degli artisti contemporanei troviamo anche i presepi di Lucio Del Pezzo, purtroppo scomparso nel 2020, e Giuseppe Pirozzi.

L’esposizione dei due presepi all’interno del Museo del Novecento sottolinea ancora una volta l’importanza dell’arte presepiale a Napoli, estendendo l’attenzione dai presepi classici già espressa con la vasta sezione dedicata al presepe nella Certosa e Museo di San Martino, a pochi passi da Castel Sant’Elmo.

L’iniziativa, condivisa con Giuseppe Appella, che ha ideato e promosso la realizzazione dei presepi contemporanei, si inserisce nel più ampio progetto che porta ogni anno i diversi presepi d’artista in basiliche e luoghi della cultura. Un itinerario, partito dal piccolo centro della Lucania interna, che ha toccato, nel corso degli anni, tutta Italia. Nel 2021 ha scelto come tappa anche il Museo Novecento a Napoli, che espone già opere dei due artisti napoletani e che, fin dalla sua nascita, si connota come museo in progress, rivolto non solo all’acquisizione di nuove opere d’arte e all’ampliamento dei suoi confini cronologici e tematici, ma anche a un confronto continuo con la storia del Novecento e con l’ampio e variegato panorama delle esperienze creative contemporanee.

Il Museo Novecento a Napoli dal 2010 raccoglie, espone e illustra, in un serrato percorso culturale, le opere e gli avvenimenti storico-artistici di Napoli in relazione con i movimenti e le poetiche di riferimento nazionale, in un punto simbolico della città, Castel Sant’Elmo, la cui vocazione al contemporaneo nasce nel 2003, anno dal quale entra a far parte dei musei associati AMACI.
Dal 2011 il rapporto con il contemporaneo si consolida anche grazie al concorso Un’Opera per il Castello, che trasforma il Castello in uno spazio di espressione per le giovani generazioni di artisti ma anche di riconoscimento per il pubblico e la critica, attraverso esperienze innovative e coinvolgenti per i visitatori.

La tradizione dell’arte presepiale napoletana raccolta alla Certosa di San Martino

Il Museo Nazionale di San Martino costituisce la principale raccolta pubblica italiana dedicata al ‘presepe napoletano’, tipica produzione che ha raggiunto i più alti vertici di qualità tra Sette e Ottocento. Attualmente posizionata dove un tempo c’erano le cucine dell’antica Certosa, la sezione presepiale ruota intorno al grandioso presepe Cuciniello.

L’imponente presepe prende nome da Michele Cuciniello che donò allo Stato la sua raccolta di circa ottocento tra ‘pastori’, animali e accessori, e che volle personalmente seguire la messa in scena ed il montaggio dell’intero presepe, inaugurato nel 1879.

Molto importante è anche il presepe Ricciardi, con un magnifico corteo di Orientali. Eccezionale è poi il lascito dell’avvocato Pasquale Perrone che nel 1971 affidò al Museo di San Martino la sua raccolta di ben 956 oggetti di grandissima qualità, taluni montati e tuttora racchiusi nelle caratteristiche vetrine, dette “scarabattoli” con le scene tipiche della Natività, dell’Osteria e dell’Annuncio ai Pastori.

A completamento della Sezione, recentemente sono stati inserite negli stessi ambienti le testimonianze di figure presepiali precedenti alla più nota produzione settecentesca, che mostrano l’evolversi nel tempo dell’arte di “fare il presepe”, con pezzi unici come la trecentesca Vergine puerpera in legno o le figure superstiti del grandioso presepe già nella Chiesa di San Giovanni a Carbonara, opera quattrocentesca degli scultori Pietro e Giovanni Alamanno.

Il presepe “dono” di Giuseppe Pirozzi

Nel Presepe dono di Giuseppe Pirozzi (Napoli 1934), 36 formelle, tutte di cm 33×33, dispiegate sul tondo simile a una volta celeste rovesciata, con al centro, librate verso l’alto, le braccia aperte del Bambino, il volto estatico della Madonna e quello adorante di Giuseppe, apparecchiano doni, simboli, perle di saggezza, annunci, preghiere, inviti: Non temete, oggi nella città è nato il vostro Salvatore.

Quattro cartigli come attributo degli evangelisti, tre uccellini che becchettano, quasi si apprestassero a saltare nelle mani del Bambino o dovessero essere tenuti per una funicella, una stella caduta dalla corona della Madonna per indicare la via verso Betlemme, una pagnotta che restituisce il corpo del pargoletto sprofondato nella culla e il sacrificio che verrà, tre uova ad annunciare il principio creativo e la rinascita, sette libri aperti e chiusi a personificare le virtù e le Sacre Scritture, due melegrane a trasmettere la rigenerazione della terra dopo il ritorno alla vita, un melone, una pigna, una verza ad esprimere la fertilità, vasi, orci, anfore e brocche per mirra, unguenti, olio santo, manna e vino, cinque pesci a rivelare che saremo chiamati al battesimo (le lettere della parola greca che significava “pesce” non costituivano le iniziali dell’espressione “Gesù/Cristo/di Dio/il Figlio/Salvatore”?), le rovine dei templi smantellati per costruire una Nuova Gerusalemme, la navicella che conserva l’incenso per le quotidiane preghiere da far salire al cielo e, accanto, due barrette d’oro, la conchiglia come distintivo dell’artista pellegrino che affronta il mare per sciogliere un dubbio (le cose non sono come sembrano) e da uomo di buona volontà trova la pace nella gloria di Dio.

Pirozzi ha sintetizzato nel suo presepe secoli di iconografia e lunghe meditazioni, sottraendosi al brulicante coacervo del Presepe Cuciniello, cui ogni buon napoletano è costretto a fare riferimento, senza minimamente sacrificare, sul piano del linguaggio formale, i valori della rappresentazione. L’unico spettatore è lui, presente con la sua ombra ogni volta che ruota attorno al cerchio quasi dovesse offrire quanto ha modellato, anche i doni dei re Magi. 

In una veduta d’insieme, i dettagli narrativi, giustapposti come nel presepe napoletano, sono intercambiabili. Gli oggetti si posizionano per sostenere ed esaltare la triade che dall’alto socchiude gli occhi sulle nostre angosce quotidiane.
Nel silenzio, in un angolo, la colomba becchetta sulla creta la parola Speranza.

Il Presepe “geometrico” di Lucio Del Pezzo

Fra i tanti viaggi interiori compiuti da Lucio del Pezzo (Napoli 1933 – Milano 2020) per fermare in immagini, tra frammenti di spazio e cieli stellati, le diecimila cose del mondo raccolte nelle stanze della memoria, mancava un presepe che si addentrasse in un territorio di sua pertinenza e restituisse il sapore del Natale e le indimenticabili emozioni della sua infanzia. Sollecitato a farlo, prima l’ha disegnato, poi lo ha tradotto in ceramica, quindi in legno.

Intanto, non ha sostituito Napoli a Betlemme, non ha scavato nei magazzini di via San Gregorio Armeno e neppure si è fatto condizionare dalle icone del nostro secolo, da una sorta di fusione dada-pop dove popolare è inteso tutto in senso meridionale, tra manichini grotteschi e tavole del ricordo, non ha rinunciato al rito dell’analisi e del rigore, perciò ha tracciato linee e costruito forme all’insegna della geometria, prima di fare ha progettato per vedere, trasferendo nel taglio del legno, e nel colore depositatovi, tutto l’esercizio linguistico messo in atto nel corso di mezzo secolo.

Soprattutto: non ha perduto il gusto di un costante interrogarsi e interrogare i segni della realtà, di analizzare i simboli del grande mistero nello spazio fantastico, arcano ed enigmatico del presepe che racchiude, nei suoi ritmi segreti, la Famiglia dalla quale ripartire per uscire dal labirinto e ritrovare, guidati da ordine, misura, numero e chiarezza, l’abbecedario dei sentimenti perduti.

Il presepe è, dunque, il momento conclusivo di una storia di uomini, il racconto vissuto di una preparazione alla festa, il culmine di una rappresentazione che, sottratta a ogni complessità barocca, allo spirito satirico o al pittoresco del presepe napoletano, e affidata a suggestive relazioni geometriche (congruenze, angoli, segmenti, triangoli, rette parallele e perpendicolari, circonferenze, equivalenze e similitudini), raccoglie, in 10 personaggi, un’immagine dell’universo nella sua interezza e la grotta non costruita in cui, con stupore metafisico, è possibile ritrovare la nostalgia dell’antico, esaltare il sogno, ripercorrere il prodigio di una grande apparizione.

Maria in preghiera, Giuseppe inginocchiato, Gesù Bambino con le braccia spalancate, inseriti nella quinta scenografica del bue e dell’asino, evidenziano un gesto di intercessione, di adorazione e di attesa, i Re Magi vestiti come sacerdoti del mondo conosciuto nel tardo Medioevo (Europa, Africa e Asia) celebrano il rito dell’offerta portando al centro del petto gli scrigni che contengono i loro doni (omaggio alla regalità di Cristo, alla sua divinità e all’anticipazione della sua morte), i due pastori con i flauti ricavati da una canna cava e resi terminali della bocca, affidandosi a una consuetudine diffusa soprattutto nel Sud, allietano la Sacra Famiglia con la musica.

Cafè Chantant Crazy Edition

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Cafè Chantant Crazy Edition

Al Teatro Sannazzaro Lara Sansone con Il Balletto e l’Orchestra del Cafè Chantant. Una tradizione che si rinnova da anni

Cafè chantant di e con Lara Sansone torna al Teatro Sannazaro dal 17 al 30 dicembre 2021. Con Lara Sansone sul palco troviamo Corrado Ardone, Massimo Peluso, Mario Aterrano, Mario Andrisani, Francesco D’Alena, Luca Sorrento e con Il Balletto e l’Orchestra del Cafè Chantant.

La difficile situazione che stiamo attraversando – dichiara Lara Sansone – impone a noi artisti di creare momenti di evasione e divertimento per il pubblico. Il nostro spettacolo ideato per le feste di Natale, contiene musica, danza, canto e recitazione. Tutte queste arti sono fuse in un equilibrio armonico che da sempre invita gli spettatori al divertimento di qualità.

I numeri che compongono lo spettacolo sono orchestrati in modo tale da fare trascorrere due ore in spensieratezza. Il cafè chantant è una tradizione che si rinnova da diversi anni nel nostro teatro, che per l’occasione si trasforma. Abbiamo voluto fortemente che anche in questa stagione fosse presente. Nonostante tutto noi ci siamo e siamo pronti ad offrire uno show pieno di colori, musica, paillettes, divertimento, danza e tante sorprese.

Cafè chantant un successo che dura da ventisei anni

La formula dello spettacolo, ideata ventisei anni fa, da Lara Sansone, si conferma vincente; questo lavoro è apprezzato dal pubblico che edizione dopo edizione, mostra di gradire questo show in cui si fondono con sapiente equilibrio musica, teatro e ballo.
Lo spettacolo è concepito per regalare anche a Napoli un lavoro che possa restare in scena a lungo come succede in alcune capitali europee con il fado o il flamenco o con i musical americani.

Una successione imprevedibile e mai uguale. Una performance di teatro, musica, danza e cabaret che avvolge una platea fatta non più di belle poltrone messe in ordinata fila, ma di tavoli! Il pubblico viene coinvolto in una incredibile macchina teatrale totale.
Mitico tempio del varietà napoletano che ha cavalcato la storia fino ad arrivare ai nostri giorni, ammantandosi di un’aneddotica ai limiti del favolistico, il Cafè Chantant non è solo una grande festa spettacolo.

Il Cafè Chantant è un “modo” di fare teatro, di giocare con gli stereotipi, con le citazioni, con le dissacrazioni, con i ricordi.
Un’antica tradizione rinnovata ogni anno in forme sempre diverse e al passo con i tempi così come si preannuncia anche l’edizione di quest’anno. Perché l’originario Café Chantant della Belle Époque, simbolo della vita spensierata, non parlava mai al passato, ma sempre al presente e al futuro.

Lara Sansone

Calendario delle repliche

Venerdì 17 dicembre 2021 alle ore 21.
Sabato18 dicembre 2021 alle ore 21.
Domenica19 dicembre 2021 alle ore 18.

Martedì 21 dicembre 2021 alle ore 21.
Mercoledì 22 dicembre 2021 alle ore 21.

Domenica 26 dicembre 2021 alle ore 18.

Martedì 28 dicembre 2021 alle ore 21.
Mercoledì 29 dicembre 2021 alle ore 21.
Giovedì 30 dicembre 2021 alle ore 21.

Tam Tam Digifest XVI edizione. La rassegna di cinema di Giulio Garcia

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Terminerà l’11 dicembre la XVI edizione del Tam Tam Digifest, la rassegna di cinema che indaga il ruolo del digitale. Il tema di quest’anno è la rete con “THE ALTER NET- riprendiamoci la Rete”

Il tema di questa edizione è THE ALTER NET- riprendiamoci la Rete. Fake news, dark web, troll, esecuzioni on line, crackers e black hat, blue whale, furto di dati sensibili, truffe con bitcoin. Tutti i fenomeni di cronaca più inquietanti degli ultimi anni pare nascano e si alimentino in Rete.

Il cinema sta raccontando tutto questo, in varie forme. In questa rassegna non daremo solo conto delle deviazioni pericolose della Rete degli ultimi 20 anni ma cercheremo anche idee su come correggerle. In questa sessione napoletana proietteremo 5 film.
Il film che ha aperto la rassegna quest’anno è stato “Disconnect”, un film del 2012 diretto da Henry Alex Rubin.
Un solo film, tre differenti storie che hanno in comune l’argomento tecnologico. Altro elemento che li unisce: in tutti e tre i casi vengono messi in evidenza gli elementi più preoccupanti del web, quasi come se ci trovassimo dentro a tre episodi della serie tv “Black Mirror”. In “Disconnect” si parla di cyberbullismo, di truffe online e di cybersesso minorile. Argomenti molto delicati, affrontati dalle pellicola in maniera efficace e cercando di spingere lo spettatore a riflettere sui pericoli della rete.

Il 5 dicembre al Coffee Brecht di Napoli sarà proiettato il quarto film della rassegna.

Si tratta di una novità di questa stagione. Un lavoro ancora non uscito nelle sale, “La scelta giusta” di Andrea D’Emilio, opera prima premiata al Reggio Calabria FilmFest, un thriller psicologico con tratti noir.

Luca è un giovane imprenditore, direttore dell’azienda AlterEgo che si occupa di protezione reti e realtà aumentata. Una grossa multinazionale, la Real Tech, a cui sta rubando fette di mercato, si interessa alla AlterEgo e fa un’offerta per comprarla. Luca rifiuta, e la Real Tech comincia a fare pressioni sempre più insistenti. Minacciato dalla Real Tech, da attacchi informatici, e misteriosi incidenti, Luca incontra il suo “doppelgänger”, Flavio, più abile, più coraggioso, e più determinato di lui. Flavio lo aiuta ma al tempo stesso lo trascina verso un abisso di alcool e droga.


Il Festival è realizzato dalla cooperativa Tam Tam in collaborazione con: Compagnia della Città e associazione Ali della Mente, Compagnia del Giullare, Coffee Brecht, Associazione Articolo 21, Associazione Gea, associazione Pupille e Papille. Con il contributo dell’assessorato Turismo e Spettacolo della regione Campania

tam tam digifest - the alternet Riprendiamoci la rete

Farsescamente. Tre farse a cavallo tra XIX e XX secolo

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Sorridere spensierati per ritrovare la forza di affrontare la realtà. Serve anche a questo il teatro e lo sa bene Gianmarco Cesario che porta in scena al Nuovo Sancarluccio di Napoli “Farsescamente”

Farsescamente, come raccontare la vita attraverso la risata. È questa la grande missione di un genere antico quanto il teatro, l’altra faccia della tragedia, che affrontava i grandi temi con l’utilizzo del mito. La farsa, invece, usa il paradosso per mostrarci l’uomo, le sue meschinità, i suoi drammi quotidiani. Drammi che non possono non indurci ad un sorriso grazie al quale arriviamo alla maggiore conoscenza di noi stessi.

Tre farse scritte a cavallo tra XIX e XX secolo da tre autori di differente linguaggio e cultura, ma accomunati dalla straordinaria visione comica. “Una domanda di matrimonio” di Anton Cechov, autore così esplicito nel suo voler indugiare sull’aspetto ridicolo del teatrino umano. Sempre in bilico tra riso e pianto.

“A’ scampagnata de’ tre disperate” di Antonio Petito, che al Sancarlino ha divertito con le sue farse e parodie proprio in contrapposizione con il cosiddetto “teatro serio” in scena al “Teatro Fondo”.

“Il cavaliere delle dame” di Eugene Labiche, uno dei padri della pochade francese. Labiche ci ha lasciato un patrimonio di ritratti e situazioni che, con sagacia, raccontano i tic del mondo moderno. Noi li abbiamo reinterpretati a favore di un pubblico che, un secolo dopo, è ancora disposto a ridere di sé stesso.

Sul palco del Teatro Nuovo Sancarluccio di Napoli, dal 10 al 11 dicembre, diretti da Gianmarco Cesario, con l’aiuto di Gianluca Masone, ci saranno Angela Rosa D’Auria, Ciro Scherma, Giuseppe Fedele, Leonardo Di Costanzo. Particolare la maschera di Pulcinella è realizzata dal Maestro Gennaro Patrone.