giovedì 26 Dicembre 2024
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Castel dell’Ovo

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La fotografia mostra l'antica fortificazione Castel dell'Ovo, che sorge sull'antico isolotto di Megaride
La fotografia mostra l'antica fortificazione Castel dell'Ovo, che sorge sull'antico isolotto di Megaride

Castel dell’Ovo, il più antico castello napoletano.

Il Castel dell’Ovo si trova sull’isolotto di Megaride, dove approdarono i primi Greci per fondare Partenope e poi Napoli.
In epoca preromana vi si trovavano già delle opere di difesa, sulle quali venne costruita la Villa di Lucullo. Nel VII secolo vi si insediò un cenobio di monaci Basiliani. Coi Normanni le fortificazioni subirono un primo e consistente ampliamento, seguito da quello voluto da Federico di Svevia. Nuovi lavori furono eseguiti dagli Angioini e poi dagli Aragonesi. Negli anni ’70 l’ingegner Paolo Martuscelli lo ha restaurato e riportato allo splendore medioevale.
Il nome sembra risalire al Trecento, secondo alcuni studiosi determinato dalla sua pianta ellittica. La leggenda, invece, vuole che il nome sia legato al poeta latino Virgilio, che avrebbe posto nelle sue fondamenta un uovo, appunto, che, finché rimasto intatto, avrebbe assicurato la sopravvivenza dell’edificio.
Castel dell’Ovo, che svolse anche funzione di residenza reale e, fino alla seconda metà del Novecento, dell’ammiragliato, si presenta come una cittadella fortificata e costituisce un punto preminente del panorama napoletano sul lungomare.
Strade a gradoni in pendenza, mura possenti, spianate panoramiche e loggiati gotici e aragonesi ne fanno un monumento di eccezionale bellezza, oltre che di grande interesse storico.
Tra le strutture si segnalano la Sala delle Colonne, il Loggiato ad archi, la chiesa del Salvatore (legata all’insediamento basiliano del VII secolo) e le Torri “Maestra” e “Normandia”.

I Guappi

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I guappi - film
I guappi - film

Napoli, ultimo decennio del XIX secolo. Nicola Bellizzi (Franco Nero), dopo essere stato uno dei tanti scugnizzi senza famiglia cresciuti per strada, dopo essersi fatto un nome come “Coppola Rossa” ed essere finito in riformatorio, decide di dedicarsi con tutte le forze a studiare per diventare avvocato.

Vorrebbe mantenersi fuori dai guai, ma appena arrivato nel nuovo quartiere si scontra con il boss locale, Don Gaetano (Fabio Testi). Dopo un duello a colpi di rasoio, interrotto dall’arrivo della polizia giusto prima che scorra il sangue, Don Gaetano si convince che Nicola sia un uomo di valore e lo prende sotto la propria protezione, presentandolo al gran consiglio della camorra che lo affilia come picciotto onorato. Nicola, per poter perseguire il proprio ideale di giustizia, si ritrova così suo malgrado legato per la vita alla criminalità.

Il delegato di polizia Aiossa (Raymond Pellegrin), dal fosco passato criminale, per riuscire a far uscire allo scoperto Don Gaetano, che crede responsabile dell’omicidio di Vincenzo “‘O Pazzariello” (com’è effettivamente, per quanto l’abbia ucciso solo reagendo all’attacco dell’altro, esasperato dal fatto che la camorra gli impedisca di aprire una propria attività commerciale), fa arrestare per una notte la sua donna, Lucia (Claudia Cardinale), e la violenta in cella. Don Gaetano affronta Aiossa e cade nella trappola, accusato del tentato omicidio del poliziotto.

In aula, grazie alla testimonianza cruciale di Lucia, il fresco avvocato Nicola riesce a far assolvere Don Gaetano dimostrando che ha aggredito Aiossa per vendicare un’offesa al proprio onore e non su mandato della camorra.

Una volta libero, Don Gaetano viola però per ben due volte le ferree regole dell’onorata società, segnando il proprio destino: prima, riprende con sé la disonorata Lucia, invece di ripudiarla o addirittura ucciderla, come parrebbe del tutto naturale agli “uomini d’onore”; poi, si rifiuta di uccidere l’amico Nicola, quando questi concede rifugio nella propria casa a “Gigino ‘O Carognone”, condannato a morte dalla camorra per aver fatto finire in galera alcuni dei propri membri.

La loro amicizia è fatale per entrambi: Don Gaetano viene massacrato per strada, mentre Nicola è pugnalato a morte in aula di tribunale, proprio dal giovane scugnizzo che sta difendendo.

Cappella Sansevero

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L'immagine mostra la statua La Pudicizia, collocata all'interno della Cappella Sansevero
L'immagine mostra la statua La Pudicizia, collocata all'interno della Cappella Sansevero

La Cappella Sansevero location dei film “I Guappi” e “Nel Regno di Napoli”

Location di due film degli anni Settanta è la Cappella Sansevero, che custodisce la splendida statua del Cristo Velato. La cappella, decorata per volere del principe Raimondo di Sangro, appare in una scena di Nel Regno di Napoli, in cui Rosa e la madre si recano a messa, ascoltando una accorata predica del sacerdote. Gli stessi interni fanno da ambientazione per I guappi, nella sequenza in cui don Gaetano (Fabio Testi) si ribella alle regole della “Onorata società ” rifiutandosi di eliminare l’amico Nicola (Franco Nero). In entrambi i film, la Cappella Sansevero è fotografata in tutta la sua bellezza, in cui scultura, pittura e architettura si fondono per creare un monumento unico al mondo.

La facciata della cappella, che si apre sulla stretta via Francesco de Sanctis, appare semplice e sobria nelle sue linee

La facciata della cappella, che si apre sulla stretta via Francesco de Sanctis, appare semplice e sobria nelle sue linee, caratteristiche tipiche del principio del XVII secolo in cui è ancora vivo lo spirito classicheggiante. È possibile accedere all’interno tramite il grande portale al centro della facciata, sormontato dallo stemma della famiglia di Sangro e dove si trova la lapide di marmo che ricorda i lavori di Alessandro di Sangro, oppure usufruendo della porticina laterale che si affaccia su calata San Severo.

La chiesetta, tipica espressione del barocco napoletano, è di forma rettangolare ed è costituita da una navata unica, verosimilmente risalente al 1590. Lungo le pareti laterali otto archi a tutto sesto, quattro per lato, introducono altrettante cappellette laterali, mentre un ulteriore grande arco separa l’area del presbiterio, situata in fondo alla chiesa e occupata dall’altare maggiore. Al centro dei due lati lunghi, rispettivamente a sinistra e destra di chi entra, si aprono la porta laterale di cui si è già detto e l’accesso alla sacrestia e alla cosiddetta cavea sotterranea.

Al di sopra degli archi l’intera lunghezza della cappella è percorsa da un cornicione, realizzato con un mastice ideato dal principe Raimondo, al di sopra del quale si diparte la volta a botte, completamente affrescata dal dipinto realizzato da Francesco Maria Russo conosciuto come Gloria del Paradiso. Alla base della volta, subito sopra il cornicione, si aprono le sei finestre strombate che forniscono luce alla cappella.

Tutte le opere d’arte contenute all’interno della struttura, ad eccezione di quattro, furono commissionate da Raimondo di Sangro

Tutte le opere d’arte contenute all’interno della struttura, ad eccezione di quattro, furono commissionate da Raimondo di Sangro, e a lui si doveva anche la pavimentazione settecentesca, costituita da un intarsio marmoreo bianco e nero simboleggiante un labirinto; alla loro realizzazione hanno contribuito autori del calibro di Francesco Celebrano, Antonio Corradini, Francesco Queirolo e Giuseppe Sanmartino.

Infine, al di sopra della porta maggiore, è collocata una piccola tribuna, dalla quale partiva il passaggio di collegamento tra la cappella e il Palazzo di Sangro, finemente stuccato, andato distrutto nel citato crollo del 1889.