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Adriana Lecouvrer dal 16 ottobre al Teatro San Carlo

Da domenica 16 ottobre e fino a domenica 23 torna in scena al San Carlo Adriana Lecouvreur, capolavoro verista di Francesco Cilea.

La messa in scena proposta al Teatro di San Carlo, per la regia di Lorenzo Mariani, vedrà protagonista Anna Pirozzi che si alternerà a Svetla Vassileva nel ruolo del titolo, il conte Maurizio sarà Gustavo Porta, mentre la principessa di Bouillon avrà le voci di Luciana D’Intino e Marianne Cornetti. Sul podio il Maestro Daniel Oren.
Composta da Francesco Cilea su libretto di Arturo Colautti, Adriana Lecouvreur (1902) ha come fonte l’omonimo dramma di Eugène Scribe e Ernest Legouvé, cavallo di battaglia di molti grandi interpreti di fine ‘800 come Eleonora Duse e Sara Bernhardt.

Adriana Lecouvrer si ispira alla figura realmente esistita di Adrienne Lecouvreur

L’opera trae ispirazione dalla figura di Adrienne Lecouvreur attrice realmente esistita che rivoluzionò l’arte della recitazione alla Comédie-Française, donna raffinata e seducente, che ebbe successo tanto in società quanto in palcoscenico, fino ad annoverare metà della corte di Luigi XV fra le sue conoscenze, a conquistarsi l’ammirazione di Voltaire e di altri letterati insigni, nonché a diventare l’invidiata amante di Maurice, conte di Sassonia, il soldato brillante che grazie alle sue imprese era diventato il beniamino delle dame aristocratiche di tutta Europa.

Si sospettò per un po’ che questa relazione potesse aver causato la morte di Adrienne, avvenuta all’età prematura di trentotto anni, avvelenata, si disse, da una delle altre amanti del conte. La tragedia ebbe un seguito anche dopo la sua morte; le furono infatti negati i riti funebri da una Chiesa inclemente, la quale si oppose finanche alla sua sepoltura in terra consacrata – provocando in tal modo l’indignazione eloquente di Voltaire, il quale espresse il suo dolore nella Elegia in morte di Mademoiselle Lecouvreur.

 

La parte di Adriana Lecouvreur ha attratto tante prime donne ansiose di sfruttare il suo pathos delizioso

Non sorprende perciò che la parte abbia attratto tante prime donne – Mafalda Favero, Magda Olivero, Renata Tebaldi e Joan Sutherland – fra le altre tutte ansiose di sfruttare il suo pathos delizioso. La sua “Io son l’umile ancella”, per esempio, comunica il senso di morbidezza in maniera non meno efficace e memorabile della “Mi chiamano Mimi” di Puccini. La frase iniziale di quest’aria, come il tema de “La dolcissima effigie” del conte Maurizio, ricorre come un leitmotive in tutta l’opera.

Se da un lato sarebbe sbagliato affermare che Cilea possiede un ingegno paragonabile a quello vivido di Puccini, dall’altro questa musica parla con una sua voce riconoscibile che è delicatamente commovente e che ha donato alla tragica Adrienne Lecouvreur una fragile immortalità. Non sono solo le singole arie a colpire seppure ve ne siano tante e tutti i duetti degli innamorati, ma è l’intera partitura che ha una fluidità e una fragranza le quali rafforzano il dramma in ogni momento.

Adriana Lecouvreur è un’opera davvero nuova con un’originale cambio di prospettiva

Adriana Lecouvreur è un’opera davvero nuova nel suo genere: nonostante si intuisca il profondo amore per la tradizione che anima Cilea, ciò che colpisce maggiormente è, infatti, l’originale cambio di prospettiva di cui è portatrice. Cilea non cerca lontano e non esplora atmosfere esotiche; rimane invece nel luogo in cui è sempre stato, che ama e conosce meglio di ogni altro: il TEATRO!

Vai su Play Store e scarica l’applicazione gratuita “Itinerari di Napoli” lascia il tuo commento. Al commento più bello in omaggio due ingressi per domenica 23 ottobre alle ore 17 per vedere Adriana Lecouvre

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Redazione IDN
Redazione IDNhttps://napoli.itineraridellacampania.it
EDITOR E WEB DESIGNER. NATO A VENEZIA NEL 1973, VIVO E LAVORO FRA MILANO E NAPOLI. Sono nato nel 1973 a Venezia. Nascere e vivere a Venezia significa avere la fortuna di crescere respirando il profumo dell'arte in tutte le sue espressioni, dall'architettura alla pittura fino al cinema, così sin da subito mi sono lasciato trasportare da queste sensazioni. Da prima la fotografia, poi il teatro e la televisione, fino a scoprire, verso gli anni novanta, il piacere della sintesi e dell'impatto visivo del segno grafico. E' emozionante vedere stringere nelle mani di persone che non conosci e che non mi conoscono il frutto del mio lavoro.
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