mercoledì 30 Aprile 2025
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Teatro Bellini

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Teatro Bellini
Teatro Bellini

Il Teatro Bellini è uno dei teatri più antichi di Napoli, situato nel cuore del centro storico della città

Sorto al posto del piccolo teatro delle Fosse del Grano in un’area particolarmente ricca della città di Napoli in cui si concentrano edifici di particolare lustro come il Museo Archeologico Nazionale, l’Accademia delle Belle Arti ed il conservatorio di San Pietro a Majella, il Teatro Bellini è conosciuto anche con l’appellativo di “piccolo San Carlo”.  Il Teatro Bellini è uno dei teatri più antichi di Napoli. Situato nel cuore del centro storico della città, fu inaugurato nel 1864, distrutto dopo pochi anni da un incendio e ricostruito nel 1871, ancora oggi conserva intatto il suo fascino ottocentesco: dalla mirabile struttura a ferro di cavallo, ispirata all’Opéra Comique di Parigi, ai pregiati affreschi che lo decorano. Dalla sua costruzione fino al primo dopoguerra è stato cuore della vita culturale della buona società napoletana, che vi si recava per assistere a spettacoli musicali, operette e spettacoli di prosa. Dal secondo dopoguerra iniziò il suo declino: prima trasformato in un cinema di terz’ordine, venne poi chiuso alla fine degli anni ‘70. Solo nel 1986 venne rilevato e restaurato dal maestro Tato Russo che lo riportò agli antichi fasti. Oggi è gestito dai figli dell’artista, che ne hanno conservato la vocazione teatrale originaria, producendo e ospitando spettacoli di notevole interesse culturale, ma ne hanno, al contempo, arricchito e diversificato l’attività, aprendosi a collaborazioni, e all’organizzazione di iniziative e attività culturali di vario genere. Molteplici, infatti, sono oggi gli spazi vivi della struttura: l’antica sala grande e, accanto, il Piccolo Bellini, una sala dedicata alla programmazione di spettacoli del circuito off, lo store Marotta&Cafiero, ospitato nel foyer del teatro, che è insieme libreria e spazio dedicato a laboratori per bambini e presentazioni di libri, il Sottopalco, un bar/bistrot gestito in collaborazione con associazioni del terzo settore, dove si organizzano mostre e session di musica dal vivo. L’antico edificio è diventato un vero e proprio hub della cultura, punto di riferimento e crocevia di un pubblico decisamente trasversale.

Inauguratosi nel novembre del 1864, dopo soli 5 anni, nell’aprile del 1869, il teatro Bellini fu distrutto da un incendio che ne lasciò in piedi le sole mura esterne. Il vecchio Bellini non era nello stesso luogo dell’attuale teatro: la sua collocazione era bensì lontana di alcune centinaia di metri. Il teatro Bellini, in origine, sorgeva al margine di Piazza Dante la quale, allora, si chiamava Largo del Mercatello, nella zona che oggi, scendendo da Via Pessina, troviamo sulla sinistra della piazza, proprio dove inizia Via Bellini. Di come fosse fatto questo primitivo Bellini sappiamo poco: la facciata presentava tre statue, forse delle muse, e non doveva essere di particolare pregio artistico. Riguardo all’interno, le uniche notizie ci vengono riportate dal Florimo che, nel suo La scuola musicale napoletana del 1881 scriveva: “…eretto da Carlo Sorgente architetto era a forma di circo, con due ordini di logge e uno di palchi, e ricordava un poco i teatri francesi.” Sta sera s’arape lo circo e triato Bellini co la compagnia Gugliomme – Li prezzi so: na lira e mezza li primme poste, na lira li secunne poste”. Era questo l’annuncio che la mattina del 19 dicembre 1864 si poteva leggere su Lo cuorpo de Napole e lo Sebbeto, giornale interamente scritto in vernacolo. Dalla data del drammatico incendio bisognerà aspettare circa otto anni prima che il nome del teatro dedicato al famoso musicista catanese ritorni nei bollettini teatrali dei giornali.

Per circa 15 anni il Teatro Bellini dette spettacoli musicali di buon livello, quindi la lirica cominciò a cedere il passo alla prosa dialettale e per alcuni anni il teatro fu la sede stabile della compagnia di Eduardo Scarpetta. In seguito, con il nuovo secolo, il Teatro Bellini divenne un tempio dell’operetta prima, e della rivista e della canzone poi, non disdegnando di accogliere saltuarie rappresentazioni di prosa. Nel 1962 il teatro ospitò il suo ultimo spettacolo: Masaniello con Nino Taranto. Nel maggio del 1963, il Teatro Bellini sembrò definitivamente destinato a scomparire. Diventò rapidamente un sudicio cinema di infima visione. i suoi palchetti che avevano ospitato la migliore nobiltà e la ricca borghesia napoletana si videro trasformati, grazie alla compiacente e remunerata distrazione del personale di sorveglianza, in accoglienti rifugi per il piacere furtivo e trasgressivo di qualche coppietta in cerca di intimità. Fu poi Tato Russo che colse l’occasione per sottrarre il Bellini ad una sicura distruzione, facendone la sede del suo teatro e della sua compagnia. In poco più di un anno, superando difficoltà tecniche, organizzative ed economiche, riuscì a riportare l’edificio all’antico splendore e, con la messa in scena dell’Opera da tra soldi di Bertolt Brecht, nell’autunno del 1988, il Bellini fu ancora una volta un teatro…

Teatro Totò

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Teatro Totò
Teatro Totò

Teatro Totò, il teatro comico di Napoli

Il Teatro Totò nasce nel maggio 1996 con la precisa ambizione di diventare tempio della comicità di nuova tendenza, senza tralasciare la consolidata tradizione.

Così il 5 maggio del 1996 , il vecchio cinema – teatro Ausonia prende un nuovo nome, quello del principe della risata Antonio De Curtis, a pochi passi dal quartiere che gli ha dato i natali. A pochi metri dal Teatro San Ferdinando, nel cuore del quartiere S. Lorenzo, i soci che lo hanno rilevato, Gaetano Liguori e Davide Ferri, giungono dall’esperienza decennale del piccolo teatro Bruttini di Via Port’Alba, divenuto negli anni 90 vero e proprio tempio del cabaret napoletano e non solo .

Il Teatro Totò, con una sala di 600 posti, viene presentato al pubblico con una sei giorni dedicata al grande comico intitolata “A Prescindere “: mostre, film, concerti e dibattiti con un unico tema : Totò . Per dissolvere ogni dubbio sull’orientamento artistico della sala, due grandi artisti: Isa Danieli e Rino Marcelli aprono ufficialmente la prima stagione teatrale con “Avanspettacolo” , lavoro fatto di ricordi e frammenti di un’epoca dorata, quella degli scketches di Trottolino (Umberto D’Ambrosio) e tanto altro ancora ricordasse il glorioso periodo del Teatro Duemila, regno dell’avanspettacolo. A questo lavoro sono successi, nella prima stagione di attività del Teatro Totò, grandi eventi della comicità: da Paolo Rossi ad Angela Finocchiaro , Paolo Hendel, Alessandro Bergonzoni , da Benedetto Casillo ad Aldo e Carlo Giuffrè , Carlo Croccolo , Mario Scarpetta , Peppe Barra e tanti altri .

Il 1997 è l’anno della rivelazione , infatti grazie ad una geniale intuizione del Direttore Artistico Gaetano Liguori , Alan De Luca e Lino D’Angiò proprio al Teatro Totò mietono i successi di “Telegaribaldi”, fortunata trasmissione televisiva di Teleoggi: è il tutto esaurito ad ogni replica in due mesi di programmazione. Contemporaneamente il cartellone accoglie due decani della tradizione comica napoletana, Mario Scarpetta e Carlo Giuffrè, rappresentanti della memoria storica. Chiudono il quadro Jacopo Fo, Alessandro Bergonzoni, Francesco Paolantoni. Nella stagione 98/99, il Teatro Totò, che ormai vanta al suo attivo oltre settecento abbonati, offre un cartellone vario alternando la tradizione di Giacomo Rizzo e Mario Scarpetta, all’eversione di Peppe Lanzetta al teatro di ricerca di Renato Carpentieri. E’ importante ricordare inoltre , come il teatro Totò da subito si sia rivelato spazio unico e fondamentale per la ricerca e il lancio artistico di nuovi talenti , basti solo ricordare che personaggi come Biagio Izzo, Rosalia Porcaro e addirittura l’oggi popolarissimo Alessandro Siani abbiano avuto il loro battesimo , tra le stagioni 2001 e 2005 proprio sul palcoscenico del Totò .

Nel 2013 il Teatro Totò, grazie al proficuo lavoro svolto, riceve dal Presidente della Repubblica Italiana la medaglia d’oro per le meritorie finalità culturali e sociali perseguite.
È da ricordare inoltre che oggi il Teatro Totò è un vero e proprio Centro di Produzione teatrale, in questi anni ha prodotto tra gli altri: Giacomo Rizzo, Gino Rivieccio, Gianni Ferreri, Peppe Lanzetta ed il musical “PASCIA’ “ con Federico Salvatore.

Teatro San Ferdinando

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Teatro San Ferdinando
Teatro San Ferdinando

Il Teatro San Ferdinando, dove Eduardo De Filippo fece vivere tanti suoi personaggi.

Al Teatro San Ferdinando si giunge percorrendo tutta via Foria, lasciandosi alle spalle il popolare quartiere della Sanità, quello in cui nacque Totò, quello in cui Eduardo fece vivere tanti suoi personaggi, quello i cui suoni ed i cui colori ispirarono la scrittura di questo grande autore ed attore. Si prosegue avanti, verso le palme dell’Orto Botanico, fiancheggiando palazzi malandati i cui cortili celano magnifici giardini segreti semiabbandonati. Si passa oltre la mole severa della Caserma Garibaldi e la via Fridiano Cavara. La traversa successiva è via Giuseppe Antonio Pasquale, in fondo vi si vede la sagoma del Teatro.

Eduardo aveva aperto il suo teatro San Ferdinando, ricostruendone le macerie acquistate subito dopo la guerra.

Eduardo aveva aperto il suo teatro San Ferdinando, ricostruendone le macerie acquistate subito dopo la guerra. Voleva saggiamente far rivivere la storia di un teatro glorioso e popolarissimo, sorto nel cuore della sezione Vicaria alla fine del millesettecento. La data dell’apertura dell’antico Teatro San Ferdinando, chiaramente dedicato al Re Borbone, non trova concordi tutti gli storici. Benedetto Croce la fissò al 1790 mentre Vittorio Viviani dice della sua inaugurazione nella stagione invernale 1797-98. A Promuovere la costruzione del nuovo teatro fu secondo Benedetto Croce il notaio Gaetano Francone in società con Pasquale Pignata e Giuseppe Di Giovanni, attori del San Carlino, Vittorio Viviani l’attribuisce invece al principe Ripa Francesconi di Columbrano, mentre Giovanni Artieri sostiene che fu costruito per volontà dei principi Ripa Franconi di Colobrano, Fiorino, Santobuono e Torchiarolo.

Una leggenda popolare vuole che il teatro San Ferdinando sia stato fatto costruire per volontà del re Ferdinando IV

Una leggenda popolare invece vuole che il teatro San Ferdinando sia stato fatto costruire per volontà dello stesso re Ferdinando IV, Re nasone , unitamente ad un palazzo in cui alloggiare una sua figlia malata e bisognosa dell’aria salubre di quei siti lontani dalla città, o addirittura per una sua amante. Certo è che quando il 4 agosto del 1790 fu proposto chiamare futuro edificio Teatro Ferdinando IV la Deputazione dei Teatri diede parere negativo sentenziando che “non è stato costruito per il Real comando e a spese Regie” e propose invece di imporre, come era abitudine in quegli anni, il nome di un santo.

A realizzare il progetto fu chiamato l’architetto Camillo Lionti e la spesa per realizzarlo fu di circa 39000 ducati.

Il teatro San Ferdinando aveva una vasta platea ellittica, quattro ordini di palchi, cinque per ogni fila, arredati con tredici poltrone, ed un palco reale. Un secondo palco era riservato alla famiglia del sovrano che lo frequentò con assiduità. Per inaugurare il teatro fu data un’opera di Domenico Cimarosa, e per lungo tempo il teatro fu prestigiosa meta delle serate dei nobili napoletani.

Il teatro San Ferdinando sede del teatro di Adamo Alberti

Il teatro San Ferdinando fu poi sede del teatro di Adamo Alberti che invano cercò di legarlo a commedie di teatro in lingua; decadde rapidamente e nel ‘48 diventò un teatro per filodrammatici. Fin quando vi si insediò, scritturato dagli impresari Bartolomeo e Golia, “don Federico Stella” attore popolarissimo che vi debuttò con Tenebre e amore , un dramma di Crescenzo Di Maio.

Federico Stella incontrastato padrone di quel palcoscenico per quasi quarant’anni

Federico Stella rimase incontrastato padrone di quel palcoscenico per quasi quarant’anni, cedendo il passo soltanto per poche sere, durante il periodo natalizio alla Cantata dei pastori, durante il periodo pasquale alle Sacre Rappresentazioni della passione e morte di Cristo, e durante il carnevale alla irresistibile comicità di Antonio Petito. Durante quegli anni Federico Stella fu un vero maestro di teatro per più generazioni di attori, la sua inventiva non conosceva limiti, la sua capacità di improvvisare e risolvere le situazioni impreviste era leggendaria, così come la sua gentilezza e la sua capacità di ridere degli scherzi.

Come in ogni compagnia che si rispetti infatti erano all’ordine del giorno gli scherzi che gli attori si facevano durante le recite.

Una volta Crescenzo Di Majo gli fece saldare la spada al fodero ed attese che venisse il momento della “scena madre” in cui lo Stella furibondo doveva sguainarla per trafiggere il collega Giuseppe Pironi. Dopo aver tentato invano di estrarre la sua spada Federico Stella con uno sguardo furibondo gli voltò le spalle dicendogli “anche alla mia spada ripugna il tuo sangue”.

Il Pironi d’altra parte fu un “cattivo” odiatissimo dal suo popolarissimo pubblico che, durante gli spettacoli gli tiravano contro ogni sorta di oggetti o lo apostrofavano con terribili insulti minacciandolo di aspettarlo ‘a parte ‘e fore per fargli jettà ‘o sango.

Qualche volta, dopo lo spettacolo, dovette intervenire addirittura lo Stella per placare la folla inferocita che assediava il San Ferdinando. Stella, che riuscì come nessun altro ad eccitare e trascinare il suo pubblico in una vertiginosa altalena di sentimenti, fu dunque il re di quel teatro fino al 20 settembre del 1926, ultima sua rappresentazione in La bella di Portacapuana. Aveva allora ottantaquattro anni, ed in quegli anni il San Ferdinando fu, come scrive Giovanni Artieri, “arena di vicende e passioni sceniche nelle quali la plebe di Napoli, attanagliata nella lotta tra il bene e il male per sette o otto atti, veniva liberata dal vindice intervento del “dito di Dio“.

Il San Ferdinando continuò a mantenere il suo carattere di teatro popolare

Il San Ferdinando continuò a mantenere il suo carattere di teatro popolare, dando spazio ad altri attori come Amedeo Girard o come Salvatore De Muto, leggendario Pulcinella che fu vicino ad Eduardo De Filippo il giorno dell’ apertura del ricostruito San Ferdinando. Intanto il teatro era passato dalla sceneggiata, dove primeggiava la Compagnia CafieroFumo, al cinematografo, perdendo il suo prestigio e il suo nome. Diventò teatro Principe vide impoverire il suo pubblico. Fino all’agosto del 1943 quando un bombardamento lo
ridusse ad un cumulo di macerie. Quelle macerie cariche di storia e di passione le comprò Eduardo De Filippo, il 25 febbraio del 1948, per la somma di tre milioni. I lavori di abbattimento di quei ruderi e quelli di ricostruzione durarono fino al 22 gennaio del 1954, quando Eduardo presentò al suo pubblico Palummella zompa e vola di Antonio Petito.

Fu finalmente il teatro di Eduardo: un teatro tra i più belli e moderni della città.

Fu finalmente il teatro di Eduardo: un teatro tra i più belli e moderni della città. Un accogliente ridotto, capace di ospitare mostre, dibattiti e soprattutto di accogliere un numeroso pubblico prima e dopo lo spettacolo è disposto su tre livelli raccordati da una doppia scala di marmo. Incassato nella parete sinistra del livello centrale fa bella mostra un grande Pulcinella di marmi policromi disegnato da Titina De Filippo. Quattro scalinate portano alla sala, una platea molto accogliente, in leggero declivio verso il palcoscenico, come per un abbraccio che leghi pubblico ed attori, sopra una fila di palchetti che invece dell’abituale numerazione hanno i nomi di personaggi del teatro napoletano, Stella, Cammarano, Petito, Trinchera, più in alto la balconata.
In compagnia con Eduardo De Filippo e, naturalmente Titina, c’erano attori come Luisa Conte, Tina Pica, Amedeo Girard, Ugo D’Alessio, Pietro Carloni, Gennarino Palumbo, Thea Prandi, Nino Veglia.

La prima “stagione” del ricostruito San Ferdinando iniziò dunque con la Palummella dell’inaugurazione

La prima “stagione” del ricostruito San Ferdinando iniziò dunque con la Palummella dell’inaugurazione, furono poi messe in scena Miseria e nobiltà di Scarpetta, Signorine e Addio mia bella Napoli! di Ernesto Murolo, Monsignor Perrelli di Starace, ‘A pace d’a casa di Domenico Petriccione, Mese mariano di Di Giacomo, ‘O professore di Libero Bovio, Pronti vengo di Rocco Galdieri, ‘O cumitato di Costagliola e Chiurazzi, Montevergine di Domenico Romano, Don Giacinto e ‘A figliata di Viviani, Sarà stato Giovannino di Paola Riccora e Natale in casa Cupiello.
Un panorama a tutto tondo insomma, a cui si aggiunsero negli anni i titoli meravigliosi di tanti autori italiani e stranieri ma soprattutto quelli che hanno formato il teatro di Eduardo amatissimo dal pubblico napoletano.

Il Teatro San Ferdinando e l’Associazione del Teatro Stabile della città di Napoli

il Teatro San Ferdinando fa parte dell’Associazione del Teatro Stabile della città di Napoli assieme al Teatro Mercadante e Ridotto

Visitare Napoli in bicicletta

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Visitare Napoli in bicicletta
Visitare Napoli in bicicletta

Visitare Napoli in bicicletta, pedalando tra il Palazzo Reale, il Maschio Angioino, il Castel dell’Ovo, il lungomare e la villa comunale.

Visitare Napoli in bicicletta, pedalando tra il Palazzo Reale, il Maschio Angioino, il Castel dell’Ovo, il lungomare e la villa comunale. Potete trovare tutto il percorso sull’applicazione Itinerari di Napoli e potete prenotare l’escursione telefonando allo 081.419528 o sul sito www.ibikenaples.it

Napoli è una città che si offre in tutto il suo splendore in ogni situazione, ma visitare Napoli in bicicletta è sicuramente un modo entusiasmante per conoscere Napoli. Oggi vi presentiamo un primo percorso ideato da I Bike Naples. Una ciclopasseggiata di circa tre ore adatta a tutti, attraverso itinerari storico artistici per un turismo eco responsabile tra vicoli, piazze e vedute mozzafiato che solo Napoli può regalare.

E’ possibile dunque visitare Napoli in bicicletta lentamente e assaporando le atmosfere uniche di una città speciale come Napoli, pedalando davanti al Palazzo Reale ed  al suo Appartamento Storico in Piazza del Plebiscito o dentro la Villa comunale set del famoso film Totò Peppino e la malafemmina

Primo Maggio a Napoli ricco di eventi

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Primo Maggio a Napoli ricco di eventi
Primo Maggio a Napoli ricco di eventi

Un primo Maggio a Napoli ricco di eventi per inaugurare l’atteso Maggio Dei Monumenti

Un primo Maggio a Napoli ricco di eventi, che fortunatamente coincide con la prima domenica del mese, quando i musei sono aperti al pubblico con ingresso gratuito. Per questo motivo, oltre ad essere previsto l’ingresso gratuito nei musei, saranno organizzati anche degli eventi speciali con aperture straordinarie di altre strutture.
Tutti i musei statali, nonché le gallerie, i monumenti, gli scavi archeologici, i parchi ed i giardini monumentali saranno gratis, ma in più si potrà partecipare ad alcuni eventi nella Biblioteca Nazionale e alla Biblioteca Universitaria della Federico II. Saranno incontri incentrati sul sovrano Carlo III di Borbone, in occasione del trecentesimo anniversario della sua nascita.

Associazione Mani e Vulcani
storia di un Regno … passeggiata tra i fasti borbonici appuntamento esterno Caffè Gambrinus ore 10.00 Tel 081.5643978 – 081.5499953 cell. 3404230980 costo 5 euro

Associazione Mani e Vulcani
per i più piccoli appuntamento esterno Cimitero delle Fontanelle ore 10.00 Fontanelle day dalle 10.00 alle 15.00 Tel 081.5643978 – 081.5499953 cell. 3404230980 costo 5 euro

Associazione Hermes Turismo e Beni Culturali
Quartieri Spagnoli (da Monte Calvario al Teatro San Carlo) – appuntamento Via Toledo, ingresso metropolitana Linea 1 ore 11.00 prenotazione entro il giorno precedente alla visita dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle ore 13.00 e dalle 14.30 alle 18.00 Tel. 3466702606 5 euro (escluso i biglietti d’ingresso dove previsti)

Associazione Vico Pazzariello
– cor più non mi sento – Passeggiata teatrale dedicata a Paisiello, Pino Daniele e gli artisti di Strada appuntamento Piazza Santa Maria La Nova ore 11.00 Tel 3314653232; 3664435288 – 10 euro (bambini gratis), opzione pranzo a Vico Pazzariello + 5 euro

Associazione Viviquartiere
strada del Re. Vergini, Sanità….e golosità (con degustazione) appuntamento ore 10.00 dalla stazione metrò di Piazza Cavour (linea2), arrivo alla Basilica di S.Maria della Sanità 8 euro Tel 3396304072

Pro Loco Capodimonte
visita guidata alla Reggia di Capodimonte – partenza ore 10.00 dal Museo di Capodimonte con arrivo in via Ponti Rossi (durata 2 ore circa) Tel 3207082318 – 5 euro

Associazione Napoli con i Napoletani
Carlo di Borbone e Raimondo di Sangro: due Geni a confronto nella Napoli del Settecento – appuntamento Piazza Dante ore 10.00 Tel 3498789600 – 8 euro

Associazione Thelema
Visita guidata all’Archivio Storico del Banco di Napoli (in occasione dell’apertura del nuovo percorso multimediale) appuntamento presso Palazzo Ricca, Via dei Tribunali 213 ore 10.30 – Tel 3206875887 7 euro

Associazione culturale Musica è
Il Real Orto botanico incantato di Re Carlo: visita con spettacolo – appuntamento ore 10.00 e ore 19.00 Tel. 3290306051 – 081 5535770 – 10 euro, 5 euro bambini fino ai dieci anni

Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa
Nei luoghi dei Borbone: lungo il percorso dei Re, alla scoperta del Museo di Pietrarsa e della Reggia di Portici Visite alla collezione dei rotabili storici del Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa e mostra mercato nell’Orto Botanico e Museo Hercolanense della Reggia di Portici Museo di Pietrarsa ore 9.30 – 19.30; Reggia di Portici 9.00 – 19.00 Tel 081 472003 8 euro + 2 euro visita guidata

Archivio di Stato di Napoli

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Archivio di Stato di Napoli
Archivio di Stato di Napoli

Il patrimonio documentario conservato presso l’Archivio di Stato di Napoli testimonia la storia della città e del territorio, che fino al 1860 comprendeva tutta l’Italia meridionale ed in parte anche la Sicilia, mentre dopo l’Unità d’Italia si limita alla sola provincia di Napoli.

Cimelio di particolare valore è il codice miniato della Confraternita di Santa Marta (secoli XV-XVII), contenente stemmi di personaggi eminenti, come Ladislao di Durazzo, Isabella di Lorena e Alfonso I d’Aragona.
L’Archivio di Stato di Napoli provvede alla conservazione ed alla valorizzazione degli archivi storici. Conserva i documenti provenienti dagli antichi Stati preunitari, quelli delle amministrazioni dell’Italia unita con sede a Napoli e gli archivi privati pervenuti a titolo di deposito o di dono. Cura l’ordinamento e la descrizione del patrimonio documentario, elaborando gli strumenti per la ricerca e la consultazione. Svolge attività di promozione e di diffusione culturale per la conoscenza e la fruizione del patrimonio documentario.
Promuove iniziative formative e protocolli d’intesa con istituti universitari.
Presso l’Archivio di Stato di Napoli ha sede una Scuola di Archivistica, Paleografia e Diplomatica di durata biennale, aperta anche ad allievi esterni, per l’insegnamento delle tecniche archivistiche e della lettura degli antichi documenti.

Al suo interno un archivio di grande importanza è costituito dai Catasti onciari, voluti da Carlo di Borbone per censire i beni dei sudditi dell’Italia meridionale, ad esclusione della città di Napoli e della Sicilia, per avviare un nuovo e più efficace sistema di imposizione diretta.
L’Archivio del Consiglio collaterale testimonia l’attività di governo svolta dai viceré spagnoli e austriaci e dai magistrati napoletani che li assistevano: il Consiglio, infatti, affiancava il Viceré, ma non mancarono casi di aperto e a volte violento contrasto.
Gli archivi della Delegazione della Real giurisdizione e del Cappellano maggiore, che giungono fino al 1808, riguardano la difesa delle prerogative sovrane nei confronti della Chiesa di Roma e l’amministrazione delle cappelle, dei luoghi di culto dei siti reali, dei benefici di regio patronato. Il Cappellano maggiore inoltre, durante il Seicento e i primi decenni del Settecento, soprintendeva all’Università degli studi di Napoli.
Nel 1734 il regno di Napoli conobbe la svolta più significativa, perché divenne uno stato del tutto autonomo, con un proprio re: Carlo di Borbone. Questi abolì il Consiglio Collaterale e lo sostituì con la Real camera di Santa Chiara, che divenne il supremo organo giurisdizionale e consultivo.
Alla figura del sovrano è legato anche l’Archivio farnesiano, ossia il complesso delle carte provenienti dal ramo materno di Carlo, la casa Farnese, che il nuovo sovrano portò con sé a Napoli in occasione del suo insediamento. In questo periodo vennero create le Segreterie di Stato, i cui documenti più tardi furono uniti a quelli prodotti dai Ministeri, istituiti durante il decennio francese.
Sono conservati nell’Archivio di Stato di Napoli anche molti complessi documentari appartenuti a Corporazioni religiose soppresse in tre fasi della storia del Mezzogiorno d’Italia (la restaurazione del 1799, il decennio francese e l’unificazione nazionale).
Fino all’arrivo dei francesi e alla riforma dell’ordinamento giudiziario voluta da Giuseppe Bonaparte, a Napoli e nel Regno operava un gran numero di tribunali e udienze locali. Fra i maggiori ricordiamo il Sacro Regio Consiglio, la Gran Corte della Vicaria, il Supremo Tribunale di Commercio. Sempre durante il decennio francese entrò in vigore nel Regno di Napoli il Codice Napoleone e fu istituito nel 1808 l’archivio dello Stato civile di Napoli e della sua provincia.
Nuovi archivi si crearono in occasione della restaurazione del 1821, quando Ferdinando I di Borbone operò un generale riordinamento amministrativo.scheda_consulte Comincia infatti nel 1822 la serie dei protocolli del Consiglio ordinario di Stato e nel 1824 l’archivio delle Consulte di Stato, che dovevano affiancare il Consiglio dei ministri e il sovrano nell’elaborazione legislativa.
Negli anni 1847-1848, durante l’esperienza costituzionale, Ferdinando II provvide ad articolare in specifici rami i complessi compiti già affidati al solo Ministero degli affari interni, creando i Ministeri dei lavori pubblici, dell’agricoltura, scheda_agricolturae della pubblica istruzione.
Dopo la dittatura di Giuseppe Garibaldi e il breve periodo della Luogotenenza delle province napoletane, Napoli si ridusse ad una dimensione provinciale e, nel 1865, fu completata anche l’unificazione amministrativa del Regno al resto d’Italia. scheda_prefetturaGli archivi principali, a partire da questo periodo, diventano quelli della Prefettura, organo che rappresenta il governo centrale nella provincia, e della Questura, massima autorità di polizia in ambito circondariale fino al 1927, poi in ambito provinciale.scheda_questura
Fra gli altri archivi merita una particolare segnalazione quello del Genio civile di Napoli, costituito dai documenti relativi ai lavori pubblici realizzati nella città, in qualche caso anteriori all’istituzione dell’ufficio nel 1882.
Dopo la seconda guerra mondiale, sotto la direzione di Riccardo Filangieri, l’Archivio di Stato di Napoli promosse l’acquisizione di Archivi privati di famiglie e persone, che prosegue tuttora. Fu acquistato, in particolare, l’ Archivio Borbone dagli eredi della ex-casa regnante residenti in Germania, che integra gli archivi di Casa reale conservati presso l’Istituto.

Appartamento Storico a Piazza Del Plebiscito

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Appartamento storico a Piazza Del Plebiscito
Appartamento storico a Piazza Del Plebiscito

Si fa l’ingresso a corte salendo Scalone d’onore, cui si accede dal Cortile d’onore del Palazzo, realizzato da Francesco Antonio Picchiatti, che si immette in un luminoso Ambulacro, in origine una loggia aperta, ora protetto da vetrate ottocentesche, su cui affacciano stanze e retrostanze dell’Appartamento storico nonché il Teatro di Corte e la Cappella Reale.

L’appartamento Storico Storico a Piazza Del Plebiscito detto anche Il Grande Appartamento di Etichetta voluto da Ferdinando II di Borbone si presenta nella forma museografica di “Appartamento Storico”; al suo interno sono visitabili la maggior parte delle sale più antiche nelle quali si volgevano le funzioni istituzionali e di rappresentanza, splendidamente decorate ed adorne di pitture, statue, arazzi e mobili d’epoca mentre non ci sono giunte le stanze e gli arredi di uso quotidiano (camere da letto, bagni, cucine). L’allestimento corrisponde per lo più alla sistemazione della Reggia in età sabauda, sebbene la parte seicentesca rivesta ancora un ruolo rilevante nella decorazione dei soffitti con affreschi di soggetto storico volti ad esaltare la gloria degli Spagnoli vincitori ed anche le testimonianze artistiche del XVIII e XIX secolo provvedono a documentare l’illustre ruolo della Reggia. Il percorso si snoda, a partire dalla Sala del Corpo diplomatico, attraverso numerose sale e retrostanze – si segnalano la Sala di Maria Cristina, che immette negli appartamenti abitati fino al 1837; lo Studio del Re, riccamente arredato con mobili di Weisweiler – fino al Salone d’Ercole, sede di balli e ricevimenti, costruito a metà del Seicento ed oggi caratterizzato dagli arazzi della serie di “Amore e Psiche” della Reale Fabbrica di Napoli tessuti da Pietro Duranti sui cartoni di Fedele e Alessandro Fischetti tra il 1783 e il 1789, nel quale è esposto il grande orologio bronzeo con Atlante che regge il globo, manifattura francese del XVIII secolo.  Dall’ambulacro si accede al Teatrino di Corte, l’antica “Sala Regia” seicentesca destinata alle festa e agli spettacoli con apparati mobili, allestita nella forma attuale da Ferdinando Fuga nel 1768. Sul lato orientale della loggia si apre la Cappella Palatina, costruita a partire dal 1646 su disegno di Cosimo Fanzago e dedicata all’Assunta, poi risistemata tra il 1808-15 da Antonio De Simone e poi da Gaetano Genovese e infine pesantemente rimaneggiata nel secondo dopoguerra ; all’interno, l’altare maggiore, proveniente dalla chiesa di Santa Teresa agli Studi, opera di Dionisio Lazzari di gran fasto con pietre dure, agate, lapislazzuli, onice, diaspri ed ametiste; sul soffitto l’Assunta di Domenico Morelli. Nella Cappella ha luogo l’esposizione permanente “Arte sacra di Palazzo” nell’ambito della quale è stato di recente allestito il prezioso Presepio del Banco di Napoli con sculture del XVIII e XIX secolo.

Pizzagourmet dove si mangia la pizza come nel settecento

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Sul Lungomare si trova la nuova pizzeria di Giuseppe Vesi, Pizzagourmet dove si mangia la pizza come nel settecento

Sul Lungomare è la nuova pizzeria di Giuseppe Vesi, il maestro pizzaiolo ideatore del concept Pizza gourmet. A poco più di un anno dall’apertura in viale Michelangelo al Vomero, Giuseppe Vesi fa il bis e sceglie il lungomare di Napoli per la sua seconda pizzeria: una struttura di circa 150 metri quadri per un totale di 80 coperti interni ed esterni con vista mozzafiato su Capri e la collina di Posillipo.
Il concept è lo stesso: qualità ed eccellenza per una nuova pizza napoletana che riallaccia i fili con la pizza di una volta, quando non esistevano farine raffinate, e al tempo stesso, celebra la cultura del cibo sano, pulito e giusto. Una scelta rigorosa e vincente, premiata anche recentemente dalla trasmissione Sky “4 ristoranti” di Alessandro Borghese che ha definito Giuseppe Vesi “ il pizzaiolo del futuro”.
Ad affiancare Giuseppe Vesi in questa nuova avventura è il figlio diciottenne Simone Vesi al suo debutto. Gli impasti, come in viale Michelangelo, sono realizzati da Giuseppe Vesi e sono frutto di studi e ricerca realizzati solo con farina non raffinata da grano tenero 100% italiano macinato a pietra; gli ingredienti sono solo i migliori prodotti campani e nazionali, a marchio Dop o Igp: una selezione attenta e appassionata che comprende i Pomodori San Marzano Dop e quelli del Pendolo del Vesuvio; i migliori latticini di bufala a marchio Dop, i famosi formaggi del maestro affinatore di fama internazionale Vittorio Beltrami; le Alici di menaica ed ancora il Sale marino integrale di Trapani, i Capperi di Salina, i salumi di Nero Casertano, la carne bovina Maremmana, le noci di Sorrento e l’origano di Pantelleria. “Il progetto di questa nuova pizzeria è in ideale continuità con quanto avviato più di un anno fa ed è coerente con la mia filosofia e la mia ricerca che mira al connubio tra gli impasti e un topping di alta qualità, dichiara Giuseppe Vesi.
Il menu di Pizza gourmet Lungomare ripropone alcuni cult di Vesi e alcune importanti novità di pizze classiche come La Cosacca nella sua versione rivisitata con pomodoro San Marzano, pomodorini del Piennolo del Vesuvio Dop, pecorino di Fossa Oviliss Ambrosia di Vittorio Beltrami e basilico e olio extra vergine di oliva Dop e Pizza Mastunicola, autentica pizza della memoria, con strutto di maiale casertano, pecorino di fossa Ovillis Ambrosia di Vittorio Beltrami e pepe nero di Lampong. La Quattro formaggi firmata dal maestro affinatore Vittorio Beltrami ( pecorino di fossa Ovillis Ambrosia, pecorino Vinaiolo, formaggio Carpegnolo, caprino del Covo. Una particolare menzione merita la Pizza Ripieno di Salumi di eccellenza al forno o fritta con salume di maiale casertano segnalato dall’Arca del Gusto di Slow Food e tra le Margherite La Corbarina: con i famosi pomodori di Corbara dei Monti lattari e provola di Agerola e naturalmente basilico e olio extra vergine di Oliva Dop. Nel menù anche una ricca selezione di insalate e panini “solo buoni” con carne maremmana e ingredienti Dop.
La selezione di vini e birre sono per veri puristi tutte a firma Triple A. Per gli amanti della birra una eccellenza: la Birra Trappista biologica olandese Trappe Puur. Accurata la selezione anche per i dolci realizzati solo con Latte Nobile dell’Appennino Campano.
Particolarmente curato e accogliente è anche il locale, in linea con Pizzagourmet di viale Michelangelo: maioliche dipinte che rievocano la tradizione della riggiola napoletana, tavoli di legno e seggiole impagliate, lambrì bianchi alle pareti e grandi lampadari di rame.
Pizzagourmet di Giuseppe Vesi Lungomare vuol essere una pizzeria che si distingue , che è esperienza diversa. Una selezione di materie sane e genuine. Questo è il mondo di Giuseppe Vesi, e di Pizza Gourmet: Un mondo per buongustai.

Corrado Tedeschi e Tosca D’Aquino al Teatro Cilea

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Corrado Tedeschi e Tosca D’Aquino al Teatro Cilea
Corrado Tedeschi e Tosca D’Aquino al Teatro Cilea

Corrado Tedeschi e Tosca D’Aquino al Teatro Cilea in Quel pomeriggio di un giorno da… star!

Corrado Tedeschi e Tosca D’Aquino al Teatro Cilea in Quel pomeriggio di un giorno da star! raccontano di Ambrogio Fumagalli un piccolo imprenditore, fondamentalmente onesto, che sta attraversando un periodo di grave difficoltà economica. E’ oppresso dai debiti e, quando arriva l’ennesima cartella erariale, sprofonda nella disperazione. Fra l’altro, un suo amico, che lavora nella Guardia di Finanza, lo avverte che è oggetto di un’inchiesta e i suoi telefoni sono sotto controllo. Ambrogio non sa davvero che pesci prendere, finché nella sua mente, ormai provata, si fa strada l’unica soluzione possibile: una rapina in banca.
Ha bisogno di un complice e mette al corrente del suo progetto, Arturo Colombo, il suo contabile. Arturo prova, nei confronti di Ambrogio, una vera e propria venerazione e, seppur con uno scontato timore, aderisce al piano. E’ sera nella filiale di periferia. Il Dottor Gustavo Barbieri, il direttore, la sportellista, Debora Locatelli, che hanno una relazione clandestina, e il vigilante albanese, Adrian Meta, stanno aspettando che l’unica cliente, una giornalista televisiva in disgrazia, Marta Giacomazzi, effettui l’ultima operazione allo sportello, quando i due improbabili rapinatori fanno irruzione nell’agenzia. Improvvisare un lavoro non è semplice, improvvisare una rapina lo è di meno. La loro goffaggine è davvero superlativa e diventa quasi farsesca, quando inavvertitamente Arturo fa scattare l’allarme e i due si ritrovano, circondati dalla polizia, nella banca con gli ostaggi. Marta Giacomazzi intuisce che finalmente è arrivato il momento del suo riscatto! Una giornalista ostaggio di due rapinatori che trasmette in diretta un’esperienza tanto drammatica! I Tg iniziano a dare la notizia, la strada della filiale viene interdetta al traffico e assediata da curiosi e giornalisti televisivi. E mentre Ambrogio comincia a realizzare in che guaio si è cacciato, Marta assapora il successo, immaginando la sua vita futura, la sua rivincita professionale. Una però è l’unica domanda da farsi: cosa succederà davvero in quell’agenzia di periferia? Vi aspettiamo per scoprirlo insieme.
Lo spettacolo di Gianni Clementi, da un’idea di Corrado Tedeschi, vede la regia di Ennio Coltorti e salire sul palco con Corrado Tedeschi e Tosca D’Aquino, ci saranno Augusto Fornari, Patricia Vezzuli, Claudio Moneta e Tullio Sorrentino.

Locandina Tedeschi 2

Il costo del biglietto è di 23 euro la platea e 20 la galleria ( il giovedì ore 21)
E di 30 euro la platea e 25 euro la galleria (il venerdì e sabato ore 21 e la domenica ore 18)
Teatro Cilea – via San Domenico 11- Napoli

Palazzo San Giacomo

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Palazzo San Giacomo
Palazzo San Giacomo

Sede dell’amministrazione comunale della città, Palazzo San Giacomo sovrasta l’ampia piazza Municipio. Infatti piazza Municipio, di forma rettangolare, occupa una vasta spianata che dalle falde di Pizzofalcone degrada lentamente verso il porto.

Palazzo San Giacomo pertanto è posto in un luogo suggestivo e fortemente scenografico con alle spalle la collina di San Martino, la Certosa e Castel Sant’Elmo e di fronte il panorama che guarda dritto verso il mare.

Nel 1819 Ferdinando IV decise di insiedarvi il Ministero Delle Finanze e affidò l’incarico di progettazione della fabbrica agli architetti Stefano e Luigi Gasse, i quali demolirono parte delle fabbriche esistenti, risparmiando la sola chiesa di San Giacomo Degli Spagnoli, che fu inglobata nel nuovo complesso, perdendo la facciata sostituita dal portale di destra di Palazzo San Giacomo.

Dopo l’unità d’Italia Palazzo San Giacomo, che aveva governato gli affari politici e sociali di tutto il Meridione, è diventato la più modesta sede dell’amministrazione napoletana. La facciata di gusto neoclassico, si presenta piuttosto monotona per la rigida simmetria e la serie ininterrotta di balconi e finestre; il basamento a doppio ordine presenta tre fornici disposti simmetricamente tra i portoni d’ingresso alle botteghe del pianoterra sormontati da altrettanti balconi; ai tre piani superiori balconi e finestre con timpani triangolari.

All’interno di Palazzo San Giacomo, nell’androne, statue di Ruggero e Federico II di Antonio Calì. Su un piedistallo lungo lo scalone è allocata una rozza testa marmorea di donna d’età greco arcaica, rinvenuta nel Cinquecento sulla collina di S. Aniello, e ritenuta la raffigurazione della sirena Partenope cui si deve l’antico nome della città