Un buon inizio di stagione al Teatro Bolivar con la voglia di raccontare e raccontarsi
Abbiamo deciso di iniziare la stagione 2016/2017 del teatro Bolivar – dall’evocativo titolo “nuovevele” – con la più antica delle arti, ovvero l’arte del racconto. In ogni parte del mondo, dai suoi albori ad oggi, gli uomini si sono sempre seduti, e continuano a farlo seppur più di rado, intorno a un tavolo o a un fuoco per raccontare e ascoltare storie, fiabe, gesta o fatti realmente accaduti, talvolta enfatizzati. La necessità di raccontare e di raccontarsi continua a essere il fondamento delle relazioni umane e per questo crediamo che possa essere un buon inizio per questa nuova stagione del Bolivar.
L’attore vuole “recitare da solo” per donare, in maniera diretta, paesaggi e visioni interiori
Oggi il racconto ha cambiato pelle ed è diventato monologo, ma l’esigenza da cui nasce non è cambiata. Ogni attore, prima o poi, avverte la spinta prepotente di volersi confrontare con il “recitare da solo” per donare, in maniera diretta, paesaggi e visioni interiori.
Riteniamo che la condivisione del proprio mondo, con le sue sfumature ed emotività, diventi un invito a guardarsi dentro, a ripiegare sulla propria interiorità, trovando così la cura per stare bene. I monologhi, oltre a essere una risposta organica all’imbarbarimento produttivo contemporaneo, fungono anche da screening, fornendo informazioni sullo stato di salute del teatro oggi. Le diversità stilistiche e poetiche individuali, inoltre, diventano pozzo di ricchezza per gli spettatori e per chi ancora crede nel teatro come via di cura.
Inizia la rassegna “Duetti” al Teatro Bolivar: gli appuntamenti per questo fine settimana
Inizia 29 settembre la rassegna “Duetti” del teatro Bolivar e propone subito due opere di sicuro interesse, con gli EFFETTO C.C. ovverp topolino Crik e ATTENDERE PREGO
EFFETTO C.C. ovvero topolino Crik
di Francesco Silvestri e Melina Formicola
con Carlo Roselli, Antonetta Capriglione, Igor Canto
regia Francesco Petti
Antonio Cafiero è un ritardato mentale. Ha enormi difficoltà a trattenere nozioni o a collegare tra loro i pochi frammenti del suo passato che riesce a ricordare. Vede il mondo girargli intorno e ha l’impressione di non farne parte, o di esserne una parte marginale. Ma lui vuole essere di questo mondo, vuole essere normale. Cafiero, grazie a un’improbabile operazione chirurgica, riesce a guardare oltre la siepe, scopre il mondo meraviglioso della conoscenza e della memoria.
Alter ego di Antonio è il topo Crick, che è stato sottoposto alla stessa operazione, prima di lui e con successo. Ma proprio Antonio comincerà a studiare il fenomeno Crick, scoprendo che questa operazione ha una controindicazione: è limitata nel tempo.
La scienza, dunque, si illude di controllare l’uomo, ma le forze della natura aspettano e colpiscono impreviste e incontrollabili, come uno tsunami dell’anima.
ATTENDERE PREGO primo studio su “Umoristica sinfonia di una vita non agita”
scritto pensando a “Giorni Felici” di Samuel Beckett
di e con Monica Palomby
Una donna, nel mezzo del cammino della sua vita, decide di non guardare più né avanti né indietro, né tanto meno dentro di lei. Vuole rimanere staccata e divisa, senza ricongiungersi. Cerca la via di fuga, fingendo di essere quella che non è, o solo fingendo di essere. Prega e attende che la vita scorra con semplicità e che la morte arrivi. Ma la vita colpisce senza avvisare: le scorre in pancia, sulla lingua, le attraversa il cuore, lei che di vita è già sazia abbastanza. Vuole anzi scacciarla via, come un macigno che occlude l’entrata alla caverna. Parla parla parla. E canta per non restare sola, tanto – pensa – «qualcuno mi sta ancora guardando… qualcuno sta ancora preoccupandosi di me…».
È una storia eroica al contrario: la scelta di paralizzare l’anima, «una vera grazia… nessun cambiamento, nessun dolore… o quasi».
venerdì 30 settembre
TRAGODIA il canto del capro
tratto da un racconto di Emanuele D’Errico
adattamento Ettore Nigro ed Emanuele D’Errico
con Emanuele D’Errico
regia Ettore Nigro
scene Armando Alovisi | musiche originali Mario Autore | costumi Francesca Del Monaco | regista assistente Rebecca Furfaro
«Conosce la storia di Gugliemo Belati?». Guglielmo è un ragazzo di paese che decide contrariamente al volere degli adulti genitori di voler sposare la sua fidanzata. Armato di coraggio, un anello e un pacchetto di caramelle a menta, corre in auto verso la futura sposa Teresa. Durante questo viaggio si ferma a raccogliere dei fiori e davanti a un fiore arancione con gocce di blu incontra una capra.
L’allestimento trascina lo spettatore in un mondo di fiaba, verosimile a quello reale, recuperando la possibilità di esplorare ciò che non si conosce, ciò che non è di questo mondo, il mistero. E proseguendo nella ricerca, Guglielmo vive la possibilità di cadere e inciampare nel dubbio. È il Bivio, simbolo del dubbio, che sottostà alla trama e alla messa in scena. Il bivio mette in gioco i sentimenti di paura e coraggio, lo slancio e la regressione, l’irrazionalità e la razionalità, il mistero e il conosciuto, e, dunque, chiama in causa l’Errore, e l’errare.
LUCI DELLA CITTÀ
Stefano Cucchi
di Pino Carbone e Francesca De Nicolais
con Francesca De Nicolais
regia Pino Carbone
Un ragazzo di 31 anni è morto mentre era sotto la custodia dello Stato, per usare un’espressione da libro di denuncia, o da teatro di narrazione.
Questo spettacolo vuole essere le lacrime che non abbiamo pianto.
La rabbia che non abbiamo gridato.
La poesia che non gli è stata concessa.
sabato 1° ottobre
TELÈ
di Lorenza Sorino e Arturo Scognamiglio
con Arturo Scognamiglio
regia Lorenza Sorino
scene Armando Alovisi | musica finale Stefano Morelli
Telè è la storia di Telemaco D’Amore, ragazzino dei quartieri problematici di Napoli, ennesimo figlio di una famiglia numerosa dove tutti fanno “lavoretti” per portare qualcosa a casa. Il padre di Telemaco è sparito da due mesi per cercare fortuna all’estero e Telè decide, all’insaputa di tutti, di mettersi sulle sue tracce e affronta un viaggio che lo porta in Svizzera. Arrivato a destinazione scoprirà che la meta è meno importante del percorso fatto e imparerà a diventare uomo e padre.
Il viaggio di Telè è ambientato in un “non tempo”, sembra di essere negli anni ’50 e poi, invece, un piccolo indizio catapulta lo spettatore negli anni ’80 e ’90, fino ai giorni nostri. Una scelta, questa, per sottolineare che il viaggio, l’emigrazione alla ricerca di un luogo migliore, fa parte della nostra storia da sempre, ma non sempre, dopo il viaggio e la fatica, si raggiunge ciò che si è desiderato, sognato, mitizzato.
MICROSTORIE
Racconti di una picciridda siciliana
con Maria Stella Pitarresi
regia e coreografie Fabrizio Varriale
produzione Danza Flux
Microstorie è un progetto in divenire che racchiude scritture coreografiche e drammaturgiche ispirate ai temi della memoria, dei suoni del quotidiano e della proiezione dell’umano. Sono appunti che svelano la relazione con il tempo, lo spazio vissuto e l’immaginario, che diventano fondamenta delle azioni sceniche. Il primo quaderno di appunti “Naufragio di un clown”, ispirato alle letture di S.T.Coleridge e F.Pessoa ed interpretato dallo stesso Varriale, è stato presentato all’interno della stagione teatrale 2015/16 del Teatro Bellini di Napoli. Il secondo quaderno di appunti “Racconti di una picciridda siciliana” è una raccolta di vicende interiori, pensieri ed emozioni vissute, unite al linguaggio fisico della danza. In scena la storia di una ragazza siciliana che attraversa episodi tragici ed ironici : dai giochi d’infanzia alla scoperta dell’ amore, insieme al senso della perdita e dell’ineluttabilità del destino.
domenica 2 ottobre
SCHIFOSI l’orchestra vuota
tratto dall’opera omnia di David Foster Wallace
di Luca Iervolino e Rosario Sparno
con Luca Iervolino
regia Rosario Sparn
incursioni sonore Massimo Cordovani
disegno luci Riccardo Cominotto
Un personaggio si muove fra i membri della sua famiglia.
L’orchestra che ha creato la musica della sua esistenza.
Schifosi sono personaggi torbidi, divertenti quanto autenticamente amorali, che si confessano attraverso un originale, candido e violento linguaggio quotidiano e che raccontano la loro realtà.
Protagonisti incapaci di “dare” gratuitamente, di donare, terrorizzati dalla verità, che mantengono i rapporti sociali solo perché “sai non si sa mai, in fondo…”.
Approfondendo la vasta opera di David Foster Wallace è nato uno spettacolo – accompagnato dalle “note disturbanti” di Massimo Cordovani – in cui si indaga la possibilità di dire quel che non si può dire perché è amorale: i due temi presi in prestito da Wallace sono la genitorialità e la violenza sulle donne. Una madre ambiziosa, decisa, disperatamente, a mostrarsi amorevole; un padre frustrato e moribondo che implora una indecente cortesia; un figlio che smette di recitare il ruolo del figlio perché sa che gli altri sanno che lui sa che gli altri sanno.
SUPERFIABA
di e con Beppe Casales
musiche originali Isaac de Martin
Superfiaba è una fiaba, ma non è un racconto per bambini. È una storia che ha a che fare col meraviglioso e che parla a tutti. Racconta di un ragazzo che ha perso il coraggio. Racconta di come questo ragazzo cerca di riavere il suo coraggio. Racconta una storia d’amore, ma racconta anche la morte. Il testo dello spettacolo parte dalle funzioni della fiaba – che lo studioso Propp individuò quasi un secolo fa – per usarle e superarle. Il risultato è una storia ambientata in un mondo visionario in cui ogni personaggio si rivela essere qualcosa di diverso da quello che sembra. Lo spettatore segue il protagonista della storia nell’incontro con personaggi di varia natura: una salsiccetta, un bruco, un lupo, un gruppo di Scout, un generale, un sorcetto, un venditore di frittelle… Superfiaba è una storia di liberazione perché, come dice Italo Calvino, nelle fiabe c’è «lo sforzo per liberarsi e autodeterminarsi inteso come un dovere elementare, insieme a quello di liberare gli altri, anzi il non potersi liberare da soli, il liberarsi liberando».