Un sorriso indimenticabile di Carlo Bernari è un racconto sul potere del sorriso. A volte non bastano tutte le parole del mondo per dire ciò che solo con la semplicità di un sorriso si può raccontare.
Un sorriso indimenticabile è il primo di una serie di racconti che vogliamo regalarvi per farvi meglio conoscere lo spirito napoletano. Con questo romanzo ambientato tra Napoli e Gaeta, in un’epoca in cui un sorriso poteva ancora confondersi fra cento altri sorrisi vi presentiamo Carlo Bernari.
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Carlo Bernari nasce a Napoli nel 1909 da una famiglia di piccoli imprenditori d’origine francese. La sua formazione culturale terminò da autodidatta in quanto fu espulso da tutte le scuole. Carlo Bernari era una persona dal carattere difficile e restio al rispetto delle regole. Iniziò la sua attività di romanziere e giornalista firmando articoli sotto vari pseudonimi e guadagnandosi da vivere vendendo libri antichi. Fondò a Napoli, dove era in contatto con Francesco Flora, insieme a Guglielmo Peirce e Paolo Ricci il movimento culturale d’opposizione Udaismo (Unione Distruttivisti Attivisti).
Nel 1930 Carlo Bernari si trasferisce a Parigi. Era attirato dal gran movimento di cultura ed arte che si trovava nel capoluogo francese, con le tante avanguardie ed in particolare con il surrealismo di André Breton. Ritornato in Italia sentì l’esigenza di dar voce alle problematiche che provenivano dal mondo operaio. Nel 1934 scrisse il romanzo di ampio respiro dal titolo “Tre operai” dove riuscì, a non cedere alle lusinghe del populismo. L’opera descriveva la classe operaia impossibilitata a condurre una vita dignitosa. Carlo Bernari in rapporto sempre critico con il potere dominante, a causa degli argomenti trattati, l’opera assume un certo carattere di eversione riuscendo ad allarmare Mussolini, tanto da far calare sullo scrittore e sul libro il bavaglio della censura fascista.
Nel 1939 lo scrittore fondò a Milano, con Cesare Zavattini e Alberto Moravia la rivista Tempo. Dopo alcuni libri anticipatori della letteratura contemporanea e chiusa la parentesi della lotta clandestina al regime, la produzione letteraria del Bernari riprenderà prolifica nel dopoguerra con Speranzella 1949, romanzo neorealista che vincerà nel 1950 il Premio Viareggio.
Coi successivi romanzi “Era l’anno del sole quieto” (1964), “Tanto la rivoluzione non scoppierà” (1974), “Il giorno degli assassinii” (1981), Bernari affronterà temi scottanti sempre in forte e visionario anticipo sui tempi: la questione meridionale viene vista in tutta la sua inestricabilitá nel romanzo del 1964 “Era l’anno del sole quieto” proprio mentre veniva inaugurata la Cassa del Mezzogiorno. E mentre il PCI di Berlinguer trionfava alle elezioni politiche, Bernari vedeva il tramonto dell’ideale rivoluzionario attraverso la storia di un intellettuale comunista che, in “Tanto la rivoluzione non scoppierà”, si trasforma in una sorta di clown per movimentare le cene dei “comendatur” milanesi. La stagione del terrorismo è alle porte e con “Il giorno degli assassinii” del 1980, romanzo che scatena un putiferio perché partendo dal caso del Mostro di Napoli, un triplice omicidio negli ambienti della Napoli-bene della metà degli anni settanta, contribuisce alla assoluzione del presunto colpevole Domenico Zarrelli.