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Palazzo Donn’Anna a Posillipo

Palazzo Donn’Anna si trova all’inizio della collina di Posillipo ed è un elemento preminente del profilo costiero. La sua costruzione risale alla metà del XVII secolo, per volere del viceré spagnolo don Filippo Gùzman de las Torres. Il palazzo era destinato a sua moglie Anna Carafa. Il viceré affidò l’incarico a Cosimo Fanzago. La costruzione avveniva sul luogo di una preesistente dimora dei principi Carafa. Il progetto di Cosimo Fanzago, realizzato dal 1640 al 1644, fu definito dal Celano “una delle più belle, più vaghe e bizzarre abitazioni non dico di Napoli, ma d’Europa tutta”. Lo schema principale del palazzo era a U e si accedeva dal mare da due gallerie, scavate nel tufo, che insieme alle scale conduceva ai tre piani superiori, contenenti sei appartamenti. Inizialmente, si accedeva al palazzo solo dal mare. L’edificio racchiudeva un giardino luminoso che apriva sul mare e su ogni facciata si alternavano arconi tra paraste. Il palazzo rimase incompiuto poiché i lavori furono sospesi al rientro del viceré in Spagna. Inoltre, dopo la morte di Donn’Anna, il palazzo fu saccheggiato e devastato durante i moti di Masaniello, dal terremoto del 1688 e dall’allargamento della strada, quando si demolì parte delle ali settentrionali.
Il Palazzo Donn’Anna viene citato anche nelle “Leggende napoletane” di Matilde Serao, che scrive: “Il bigio palazzo si erge nel mare. Non è diroccato, ma non fu mai finito; non cade, non cadrà, poiché la forte brezza marina solidifica ed imbruna le maglie, poiché l’onda del mare non è perfida come quella dei laghi e dei fiumi, assalta ma non corrode. Le finestre alte, larghe, senza vetri, rassomigliano ad occhi senza pensiero; nei portoni dove sono scomparsi gli scalini della soglia, entra scherzando e ridendo il flutto azzurro, incrosta sulla pietra le sue conchiglie, mette l’arena nei cortili, lasciandovi la verde e lucida piantagione delle alghe”.
Palazzo Donn’Anna, espressione dello stile barocco, riveste un fascino particolare sia per la suggestiva collocazione sul mare sia, forse, per l’incompiutezza dell’edificio che assume un fascino particolare.

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