Pasquale Manzo, l’artista della cartapesta, espone le sue opere oltre che in importanti musei anche nelle stanze degli archivi storici della soprintendenza
Ci troviamo a Palazzo Carafa, nella sede degli archivi storici della soprintendenza archivistica di Napoli. Qui veniamo accolti dal soprintendente Gabriele Capone, che guidandoci tra le sale dell’archivio storico ci porta a vedere le installazioni delle opere di Pasquale Manzo.
Pasquale è conosciuto come l’artista della cartapesta, perché è il materiale che predilige per le sue sculture. Opere che tengono ad allungarsi formando ponti verso un infinito, creando congiunzioni con i nostri sentimenti più forti.
L’artista della cartapesta lavora con i simboli che caratterizzano la città di Napoli. Simboli come “pulcinella” che con il corpo a forma di uovo per confermare la sua genesi di pulcino ha gli arti. Braccia e gambe che si allungano verso l’ignoto e che a volte portano il nostro pulcinella a trasformarsi in altri pulcinella, a volte demoni altre volte gioiosi pagliacci di un circo.
Gli archivi storici costudiscono e proteggono le storie di vita delle persone di Napoli
E’ proprio per questa particolare caratteristica delle opere di Pasquale Manzo, che Gabriele Capone ha deciso di installare due opere nelle sale degli archivi. Il soprintendente ci spiega infatti che come pulcinella racchiude nel suo corpo la storia e gli elementi della citta di Napoli allungandosi con gli arti a cercare infinite congiunzioni possibili. Così gli archivi storici racchiudono nel loro ventre l’umanità di Napoli. Le storie a volte felici altre volte tragiche delle persone che hanno vissuto e che vivono la città. E nell’archiviare queste storie di vita le proteggono fin tanto che poi possano essere studiate da chi ne possa trarre insegnamento.
A sottolineare la volontà di custodire e tramandare il cuore pulsante di questa città, di Pasquale Manzo e della Soprintendenza è forse proprio il luogo dove entrambi hanno le loro sedi: Palazzo Carafa. Infatti Palazzo Carafa venne fondato nel XV secolo da Diomede Carafa primo conte di Maddaloni con lo scopo di ospitare i reperti dell’antichità rinvenuti nella città, e il complesso fu completato nel 1466 come testimonia un’epigrafe latina sul cortile d’onore
Palazzo Carafa fondato con lo scopo di ospitare i reperti dell’antichità rinvenuti nella città
Il palazzo successivamente passò al figlio di Diomede e ancora dopo, poiché i conti di Maddaloni non ebbero eredi, divenne proprietà del ramo dei Carafa di Columbrano, che lo ristrutturarono riportandolo ai vecchi splendori dopo anni di abbandono. È un “palazzo a blocco” privo di partizioni verticali ed interamente rivestito da bugne in tufo giallo e pietra grigia che si alternano tra loro, di gusto medievale.
Il portale presenta una corona rotonda di foglie di alloro che sporge sul piano liscio dell’architrave mentre più sopra, nella fascia centrale della trabeazione sono presenti del fregi che riportano i simboli della famiglia Carafa , gli stemmi familiari e la stadera, che si ripetono anche sui dodici battenti del portone ligneo quattrocentesco sottostante, mentre agli angoli interni del portale sono due angeli reggenti lo scudo familiare.
Nel cortile del palazzo è custodita inoltre la copia in terracotta della Testa di cavallo bronzea, parte di un monumento equestre che Donatello non ultimò mai per il re Alfonso V d’Aragona. La scultura donatelliana rimase in loco fino al 1809, quando l’ultimo principe Carafa di Colubrano la donò al Museo archeologico nazionale di Napoli, sostituendo così l’originale con la copia in terracotta, che fu in quest’occasione addossata alla parete di fondo del cortile.