“Il medico dei pazzi” di Eduardo Scarpetta per la regia di Claudio Di Palma debutta al teatro Sannazaro Venerdì 18 novembre
“Il medico dei pazzi” di Eduardo Scarpetta per la regia di Claudio Di Palma debutterà il 18 Novembre al teatro Sannazaro e resterà in scena fino al 20 di Novembre. In scena Massimo De Matteo con Giovanni Allocca, Raffaele Ausiello, Andrea De Goyzueta, Angela De Matteo, Renato De Simone, Luciano Giugliano, Valentina Martiniello, Ingrid Sansone, Federico Siano. Produzione Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro in coproduzione con Tradizione e Turismo – Teatro Sannazaro e Sgat srl.
Eduardo Scarpetta chiuse la sua carriera artistica presentandosi per l’ultima volta al pubblico nella commedia “ O miedeco d’ ‘e pazze”
Eduardo Scarpetta prima scelse il Sannazaro per esordire con “Na Santarella” che registro uno straordinario successo, e poi scelse nuovamente il teatro Sannazaro per chiudere volontariamente la sua lunga carriera artistica presentandosi per l’ultima volta al pubblico nella commedia “ O miedeco d’ ‘e pazze”, commedia ripresa nel 1954 da Mario Mattoli che assieme a Totò ne fece una trasposizione cinematografica.
Sinossi de “Il medico dei pazzi” di Eduardo Scarpetta
Il medico dei pazzi racconta di un giovane sfaccendato e disoccupato, inopinatamente scialacquatore al gioco, fa credere a suo zio Felice Sciosciammocca, sindaco di Roccasecca e suo ingenuo finanziatore, di essere medico a Napoli in una clinica per malati di mente. Al sopraggiungere inatteso dello zio il giovane si affanna a tessergli contro un intricato raggiro. Spaccia i clienti di un albergo da lui frequentato come i casi clinici che è impegnato a seguire e curare.
In effetti, i comportamenti degli ospiti rendono sufficientemente credibili agli occhi dello zio Felice le anomalie psichiche loro attribuite dal giovane e conseguentemente il poveruomo, tutto teso ad assecondare le volontà dei “pazzi”, diventa artefice e vittima di una continua e crescente serie di equivoci esilaranti. Il lieto fine è misuratamente annunciato e realizzato. La scoperta dell’inganno, la confessione ed il perdono diventano, così, fasi di una liturgia della pacificazione che sancisce e chiude come da tradizione ogni invenzione di Scarpetta.
Esasperazioni comiche che provengono dalla vita reale
Mutuando le dinamiche delle vaudevilles francesi (NdR – vaudeville è un genere teatrale nato in Francia a fine Settecento: il termine indica le commedie leggere in cui alla prosa vengono alternate strofe cantate su arie conosciute.-), Scarpetta prefigura, nelle sue opere, esasperazioni comiche che provengono in ogni caso da spaccati di vita possibile.
La società parallela che teatralmente immagina ha, infatti, punti di contatto con un mondo reale, quello partenopeo d’inizio Novecento, popolato ancora da macchiettismi naturali e da rarità fisico- comportamentali. Il suo abile gioco drammaturgico consiste nell’inserimento surreale di queste eccentriche zoomorfie umane in contesti e situazioni che ne accelerano il potenziale buffo e buffonesco. La sua grammatica scenica farcisce i personaggi di un linguaggio composto da strafalcioni e nonsense, articolando così rapporti che, nella moltiplicazione dell’assurdo, sappiano anche testimoniare vizi e manie assolutamente verosimili.
Il medico dei pazzi è, in questo senso, un emblematico, complesso e riuscito ingranaggio teatrale
È così che, ad esempio, il risibile complotto che il giovane rampollo ordisce ai danni dell’ingenuo zio Sciosciammocca diventi occasione, magari non cosciente, ma non per questo meno efficace, di una analisi dei rapporti tra il vero ed il falso, tra la sanità mentale e la follia. ‘Il medico dei pazzi è, in questo senso, un emblematico, complesso e riuscito ingranaggio teatrale in cui la comicità nasce infondo dal contrasto continuamente opposto dagli eventi ai legittimi desideri e ai plausibili propositi dei più disparati avventori.
Impietosamente, ma con spirito divertito, Scarpetta fa inciampare le sue creature in mille frustrazioni trasformando così agli occhi di Sciosciammocca, e soprattutto del pubblico, le loro minute, quotidiane speranze in assolute follie. Scarpetta suggerisce a tutti, insomma, di riconoscere l’insania e lo squilibrio che frequentemente informano la nostra ostentata assennatezza e nel sonoro divertimento che sa generare, nasconde note sottili e taglienti che restano come vago e misterioso riverbero
della più gioiosa risata.
Note di regia di Claudio Di Palma
“…V’ o vvoglio di’ pe’ scrupolo ‘e cuscienza: io scrivo ‘e fattecomiche d’’a ggente… E a ridere, truvate cunvenienza? … Nun credo!” Questo chiariva Eduardo nel ’49 in una sua breve poesia e, in questo sapiente ed accorato monito, operava una implicita rivisitazione della eredità artistica ricevuta dall’altro Eduardo: Scarpetta. La scrittura di quest’ultimo si era infatti fondata su un’esasperazione più “deliberatamente cinica” di quanto avrebbe poi inteso fare il figlio; cinica perché assolutamente poco incline a contemplare quell’amarezza con cui sempre De Filippo volle guardare eraccontare i vizi e gli spropositi degli uomini.
Scarpetta, dal canto suo, osservava e riportava in scena senza “sentimento” quell’avvertimento del contrario che Pirandello definiva essere la comicità. Il contrario alla regola, alla legge, all’estetica, alla grammatica, alla logica risultava agli occhi di Scarpetta congeniale esclusivamente alla creazione di meccanismi scenici che producessero il riso.
Lo dichiarava sempre, a chiusura d’ogni sua commedia: lo aveva fatto per soddisfare l’amato pubblico. E forse per questo, paradossalmente, il pubblico se ne sentiva ristorato. Aveva assistito sulla scena alle proprie istrioniche buffonerie, alle proprie tristi miserie, ai propri potenziali sfottò in danno di un malcapitato, ai propri strafalcioni lessicali, all’impresentabilità dei propri vestiti e ne trovava convenienza, ne aveva riso… catarticamente. La spietatezza senza compassione di Scarpettari produceva così l’antica funzione del teatro: un’occasione di purificazione collettiva. Ne ‘O miedeco d’’e pazze questo disincanto divertito raggiunge probabilmente l’apice più significativo.
Il meccanismo che si inscena è un gioco di specchi deformanti la realtà. Lo straniero, il babbeo, ‘o cafone ‘e fora, Sciosciammocca precipita nel mondo di città che lo circuisce e spiazza. I desideri, le ambizioni dei cittadini si mostrano nei loro accessi più convinti ed è facile per uno sguardo estraneo leggerne gli accenti controversi come stravaganze assolutamente folli. L’animo virgineamente fuori registro di Felice scopre involontariamente, e non senza ridicoli patemi per lui, le quotidiane ossessioni dei “normali”, ne sbugiarda inconsapevole l’inconsistenza. Sembra una satira profonda di costume, forse lo è implicitamente, non certo nella grammatica di scena.
Quella è strutturata meravigliosamente per riderne, per riderne e basta. Noi la seguiamo rinfrancati: la denuncia dei nostri vizi è un calembur, l’affanno delle nostre aspirazioni un intrattenimento. Triste per cui… enormemente divertente.
Orario spettacoli e informazioni
venerdì 18 ore 21.00; sabato 19 ore 21.00; domenica 20 ore 18.00
Per ulteriori informazioni e prenotazioni vedere il sito del Teatro Sannazzaro (https://www.teatrosannazaro.it/)